Ho sempre pensato che Fabrizio De André sia stato un poeta, convintamente anarchico e insospettabilmente qualunquista, come sanno esserlo solo i solitari quando vogliono piacere per trovare un po’ di compagnia, ma comunque un poeta.
Un giudice è una canzone di grande impegno civile e, simultaneamente, di abissale ignobiltà, fondata sul più bieco e tradizionale body shaming.
Oggi, mentre il parlamento si prepara a stabilire se i magistrati debbano o non debbano fare i test psicoattitudinali, tornano di drammatica attualità i suoi versi più belli: Fu nelle notti insonni / vegliate al lume del rancore / che preparai gli esami / diventai procuratore / per imboccar la strada / che dalle panche d’una cattedrale / porta alla sacrestia / quindi alla cattedra d’un tribunale / giudice finalmente / arbitro in terra del bene e del male.
Le rime, in una poesia, parlano: la coppia rancore / procuratore è illuminante del peggiore dei moventi che una persona possa avere per fare il mestiere del magistrato: la rivalsa sociale. Eppure, tutti i procuratori della Repubblica, meno uno, che ho incontrato, avevano lo sguardo cangiante del diavolo, tipico delle persone irrisolte che hanno affidato al ruolo il senso di sé; a tratti, però, facevano emergere gli occhi sottili dell’invidia, del rancore, tipici di chi gode dinanzi al timore altrui, di chi prova soddisfazione a fare piccolo ciò che è grande. Io capisco chi inizialmente tace con un magistrato: si tratta di fargli capire che ha a che fare con un uomo.
L’altra sequenza in rima illuminante è cattedrale /tribunale/male. Quell’arbitro in terra del bene e del male, associato alle cattedre ecclesiali, richiama, senza nominarlo, ma scolpendolo a lettere di fuoco, il dogmatismo di tantissima magistratura e di altrettanta polizia giudiziaria.
Dentro un dogmatico c’è sempre un fazioso.
Per esempio, trovo le assoluzioni e le condanne della vicenda dei fondi ai gruppi consiliari della Sardegna illuminanti di una politica della giustizia a dir poco faziosa, perché, per fare un altro esempio, in un caso una sede pagata con i fondi dei gruppi è stata riconosciuta come legittima, in un altro no. Cosa cambiava tra un caso e l’altro? L’imputato. Siamo nella circostanza dell’aderenza del magistrato al proprio universo ideologico e politico e dunque all’uso del potere in modo diverso a seconda che ci si occupi di ciò che è avvertito come amico o di ciò che invece è avvertito come avversario.
Poi c’è il magistrato che si attiene al suo dettato interiore. Ci sono quelli che si pensano sceriffi, quelli che si sentono Robin Hood, e che quindi dinanzi al mutare degli eventi si sentono chiamati ad essere coerenti con se stessi, a sparare sempre e comunque, a stabilire un perfetto ordine, con pochi in vita e molti morti, ma tutti ben disposti in cimitero. Gli sceriffi li riconosci: fanno palestra, non ridono, passano nei corridoi guardando davanti a sé, recitano. Recitano se stessi per tenersi unita la coscienza con gli stecchini dello spettacolo della storia. Sono persone che vivono come personaggi.
Tutto questo è vero e sembrerebbe giustificare i test psicoattitudinali per i magistrati, ma la domanda sorge spontanea: perché, allora, non farli per qualsiasi ruolo pubblico? Ho incontrato dirigenti e funzionari della Pubblica Amministrazione che erano ai limiti del patologico, stronzi patentati e incoronati, bulli a piede libero dei tanti cittadini che si rivolgevano a loro; ho conosciuto giornalisti così narcisisti da essere degni di divenire un caso clinico; ho conosciuto poliziotti e finanzieri da fumetto, un mix tra Tex e Ginko, da fare paura; ho conosciuto insegnanti e professori con doppie e triple personalità e anch’io, in questo senso, non è che sia completamente in ordine (governo un condominio interiore che ogni tanto si ribella). Perché, dunque, non fare test psicoattitudinali a chiunque concorra per un posto nella Pubblica Amministrazione?
Ho sempre pensato che l’uso pubblico della psicologia per schedare le personalità sia un’operazione delittuosa. E ciò non solo perché i test hanno un margine d’errore altissimo e sono fondati su un’ermeneutica del dato che attribuisce allo psicologo poteri sciamanici, ma anche perché l’istituzionalizzazione del profilo psicologico andrebbe a costituire una nuova casta di uomini potenti, di giudici dell’anima, che mi ricordano il Magisterium di His Dark Materials.
Oggi governo e parlamento sembrano orientati a dir di sì ai test psicoattitudinali ai magistrati. Logica vorrebbe che li imponessero anche a chi si candida a svolgere ruoli rappresentativi, come quelli di parlamentare, consigliere regionale e sindaco. Se ne vedrebbero delle belle. Come ne uscirebbe La Russa da un test psicoattitudinale? E la Santanché? E il ministro Sangiuliano? E Franceschini? Se riuscissero a visualizzare il daimon di Franceschini, vedrebbero Forlani.
Insomma, è giusto riformare la giustizia; ingiusto divenire, per odio verso la magistratura, dei pericolosi imbecilli di Stato che si mettono nelle mani del consiglio dei mullah dello spirito.
Penso che l’attività del magistrato non possa essere posta sullo stesso piano di altre funzioni pubbliche.
Il giudicare presuppone necessariamente la capacità di interpretare i fatti, e quindi richiede l’utilizzo di criteri di lettura della realtà che non tutti possiedono (mi viene in mente l’esempio di una intercettazione per la cui comprensione sia necessario ricorrere alle cosiddette “massime d’esperienza”, generalizzazioni empiriche pacificamente idonee a fondare l’accertamento della responsabilità penale).
Ma soprattutto, quel che distingue il magistrato da altri dipendenti pubblici è lo svolgimento di una funzione che per sua natura presuppone l’utilizzo della forza, che può degenerare in violenza illegittima laddove non sia rispettosa delle regole che la disciplinano.
Credo quindi che così come il maneggio di un’arma da parte del carabiniere è oggetto di valutazione psicoattitudinale, allo stesso modo debba essere verificata la capacità da parte di un magistrato di utilizzare quella forza che è insita nella celebrazione di un processo.
Professore,
stia attento a quel che scrive, poco serve avere la borsa pronta ed a portata di mano.
Quel che conta, Suo e nostro gaudio; mai e poi mai farsi imprigionare anzitempo aver compiuto l’opera in cui in altre vicissitudini si è fatto onusto:chiamare a raccolta e guidare alla sacra Rivolta gli ultimi sognatori di una Sardegna Libera e Indipendente
Bene scrive quando etichetta certi giudici “dal taglio degli occhi con all’interno pupille cangianti, a volte colorate di invidia, altre di rancore, altre di rivalsa sociale tanto da rendere ciò che è grande e nobile in quisquilie piccole e insignificanti,quale rappresaglia ideologica all’uso del potere:ciò che è avvertito come amico o avversario, sparare sempre e comunque; pochi in vita e tanti morti”.
Tanto giustamente ha insegnato Cesare Lombroso,intendere le caratteristiche facciali,non tanto in senso dispregiativo, quanto lontane reminiscenze di vite precedenti che ci portiamo appresso nel nostro Divenire.
Nulla è compiuto, nulla è incompiuto. Tutto ha il suo scorrere.
Scrive di sceriffi.
” fanno palestra e non ridono”.
Anni addietro frequentavo una palestra addiacente ad un Palazzo di Giustizia posto nella ricca Lombardia qual Faro di Luce e di indirizzo politico contro le ingiustizie ma ancor più contro la corrutela politica.
( la mia cara palestra, sempre la ricordo qual rifugio nelle avversità,qual compagna di avventura, sempre mi è stata accanto qual fedele amica che mai ha tradito, sempre mi ha accolto qual Madre benevola che tutto comprende, tutto lenisce, tutto rafforza)
Scrive di sceriffi.
È vero, in palestra gli ho osservati.
Mai sorridevamo.
Altèri, sessieguosi di se stessi nei loro scomposti esercizi ginnici, tanto col lor ghigno stitico e privo di espressione, tanto mi distingueva da loro.
Non solo, avvocati servizievoli che cedevano , oltre il passo, anche la panca.
A quanto servilismo ho assistito.
In palestra quel che si distinguevano erano le poche donne con mansione di Giudice, sempre sorridenti e “duttili” alla severità della palestra. Con tante di loro ho condiviso lo spazio della palestra.
Tante ci hanno seguìto nel nostro pazzo vivere e morire, sono state con noi, si sono sottoposte alla dura disciplina dell’addestramento militare, gli abbiamo addestrate nei campi di lancio a prendere il Brevetto di paracadutista militare. Nessun giudice allo spalancare del portellone, nell’ansia del lancio mi ha tenuto compagnia,tante volte accanto a me ho intravisto il sorriso di una donna.
Per tornare alla palestra,
negli spogliatoi mai ho visto un giudice ignudo farsi la doccia, in quelle docce prive di sciocchi paraventi plastificati atte a nascondere l’umana decadenza fisica di noi tutti.
No,i giudici, lor signori mai li ho visti ignudi. Sempre me ne chiedevo il perché.
A tanta mia incomprensione, nulla mi restava che irrorare con attak la serratura del lucchetto dell’armadieto posto a protteggere le vesti del giudice fuori servizio. Tanto era il loro stupore. Pur in mano del codice di Procedura Penale, ma privi di gendarmi, senza pennacchi e armi, nulla restava loro che far ricorso alle cesoie; tranciare il lucchetto.
Ai giudici, più che una perizia psicoattitudinali, darei loro una settimana (in incognito, ma obbligatoria ) di carcere, non ad Is Arenas, luogo di amena beatitudine per i carcerati, ma in un carcere sopraffolato e di difficile. convivenza.Quel che dànno a tutti i detenuti : una coperta,e le posate.A loro quale premio per il loro “sacrificio” il manuale di Diritto Penale, da rileggere nella quieta della cella loro assegnata.
Professore, tanto mi sorprende, dato i Suoi studi, che ancor non trova una giusta collocazione a qual è l’invidia, quella pianta rigogliosa che da sempre albeggia in tutti noi. Estiparla? Certo, argomento lungo.
Professore,
preso atto della Sua requisitoria terribile e senza appello rivolta alla Casta giudiziaria, se ancor intona il Suo Canto di libertà, sappi che la buona creanza attuale, la cosidetta “democrazia” presto La porteranno a soggiornare in luoghi ristretti, oppure, con la sacca pronta come ha scritto, nulla Le resta che sedere su un barcone con la prua rivolta al Continente africano, ove trovare pace e libertà.
Tanto si diletta nel Suo scrivere tra dogmatici e faziosi; tra Tex Willer e Ginko.
Poco La comprendo quando si perde col tale Ignazio La Russa.
La prego:rilegga gli scritti di Cesare Lombroso.
Professore,
torna in mente quanto ha scritto,
“La consulenza multiforno sulle primarie”
… il destino sembrava segnato :
prete o carabiniere. E invece, ingegnere.
Già, non è che Lei ha intrapreso un indirizzo sbagliato? Non Istruttore scolastico ma qual Giudice mancato che tanto ci avrebbe castigato?
Complimenti per aver tratto spunto dalla canzone di De André, per esternare in maniera compiuta, esaustiva e dolorosa quanto di ancor affligge la Sua indole ribelle.
Stia bene, alla sarda:pane e trigu.
Grazie.
Caro Professore
Sarebbe sufficiente la responsabilità civile (e penale) per chi sbaglia per negligenza.
Le galere sarebbero piene ed i tribunali in cerca di Personale
Un pensiero molto profondo e molto bello
L Italia è il paese del gattopardo, la sardegna sarebbe dovuta essere altra cosa ….poi uno si volta guarda bene e vede il psdaz di lussu che va a nozze con le destre per dirne una delle,tante e allora diventa un bel blob da cui è (quasi) impossibile uscirne.
Prof.,quando parla di alcune cose come queste aderisco completamente anche io ho avuto una bella esperienza con giudici (…).riflettendoci e considerando che L’Italia ha creato i navigator perché farsi mancare un altro “apparato” che si occupa di…in teoria abbiamo tutto: sindacati che si occupano di lavoratori(sigh) commissioni che si occupano di concorsi pubblici(arisigh) commissioni antimafia,per la tv per la privacy abbiamo albi per tutto ( giornalisti macchinisti fuochisti …)eccetera eccetera ci manca la commissione per test psicologici attitudinali per magistrati e naturalmente la commissione per scegliere la commissione che al mercato mio padre comprò…. In teoria in Italia ci sono leggi che normano lo scibile umano (anche un parlamento che viene continuamente esautorato dall esecutivo (…) )perciò possiamo dire senza ombra di dubbio che siamo il paese che funziona meglio in Europa,grazie alle sburocratizzazione fatta da Calderoli…siamo il più credibilea livello internazionale ieri per dirne una per Expo anche Albania e Turchia ci hanno votato contro per non parlare dei paesi ue …così giusto perché siamo troppo avanti …ora però “facciamo” ma soprattutto discutiamo per un bel po di questa benedetta comicissima commissione come si è fatto per la riforma di nordio ora andata in soffitta (…).
..in un NonPaese come il vostro ( di Loro – ndR ) i Test Attitudinali diventerebbero immediatamente dei test Invalsi , se va bene …. Oppure dei psicotest di destra o psicotest di sinistra … Oltre ad una serie di psico cespugli vari ! È inutile ….se non vi invadono gli Svizzeri e vi occupano lo Stato per 5 lustri NON POTETE FARCELA !
La psichiatria, in persona di certi professionisti che la esercitano, non è necessariamente più pulita di certa magistratura, quindi, specie dopo quello che abbiamo passato col delirio Covid, starei bene attento a delegare la valutazione di chi deve giudicarci alla classe medica. Queste cose andavano bene nell’URSS di Brezhnev, non in uno stato democratico.
Ciò premesso, è sicuro che le maglie larghe del sistema permettano a troppi personaggi che non dovrebbero poter amministrare neanche un condominio di fare i giudici e i PM per anni e anni, talora pure scalando i vertici della magistratura requirente e giudicante, anziché essere cacciati a calci nel sedere rapidamente, non tanto per problemi psichici, quanto per manifesta inettitudine.
Senza tirare in ballo la psichiatria, giudicare è un mestiere difficilissimo che richiede attitudini non da persone comuni, e si tratta di accertarlo senza remore, quando occorre, che taluni non sono idonei a svolgere quel delicato compito. Senza che si pongano di traverso le correnti organizzate o, peggio ancora, le consuete commistioni massoniche.
De André aveva una posizione culturale chiaramente poco incline ad apprezzare chi giudica, forse perché da ateo razionalista vedeva con somma diffidenza anche chi era “arbitro in terra del bene e del male”. Lo attestano anche altre canzoni come “Il Gorilla” e “La città vecchia”, ma sicuramente se ne potrebbero menzionare tante altre, e lo attesta il fatto che non abbia mai stabilito un rapporto col magistrato che fece arrestare i suoi sequestratori e recuperare gran parte del riscatto, che era notoriamente un suo fan. Anche se ne parlava con molto rispetto.
Forse un po’ di metodo De André andrebbe applicato a chi, con protervia, magari con sadica voluttà di sacrificare a un Moloch legislativo al di là dell’umanità e delle anime coinvolte nelle loro azioni, pretende di impancarsi a divinità quando decide sulle sorti degli altri. Per i magistrati, la terapia preventiva migliore sarebbe forse far trascorrere loro una settimana da detenuti comuni in un carcere, in modo che provino come si sente la gente che spediscono in quei luoghi, e cosa potrebbero provare se fossero innocenti.
E Johnny Cash? Passerebbe il test? Non riuscirebbe neanche a copiarlo…. 😂😂😂
Prof. Concordo.
Se dovessimo seguire questa logica, si potrebbe sostenere che per tutti i pubblici dipendenti ci dovrebbero essere delle verifiche di idoneità allo specifico ruolo, con cadenza temporale predeterminata e gestita da valutatori (realmente) indipendenti. In questo modo, un professore universitario di MIlano potrebbe essere valutato, da una Commissione di Messina, un Dirigente amministrativo di Cagliari da una commissione di Bolzano, un chirurgo di Belluno da una commissione di Bari, allora si che ne vedremo delle belle.
Giorgioni non esagerare! Prima un avviso d i garanzia ,e poi…. le cose si fanno per bene, altrimenti la cosa sembra pregiudiziale!
Comunque, nella mia poca esperienza, ho sempre reclamato che nei pubblici concorsi, in commissione, sarebbe stato utile un psicologo. … con voto determinante.
@ Enrico Concorderai che anche Berlusconi avrebbe dovuto sottoporsi, nella logica di chi è a favore dei test, alla somministrazione attitudinale.
I test psicoattitudinali per le forze armate e le forze di polizia ci sono. Estenderli a tutti i funzionari potrebbe essere una idea. Ma non neghiamoci che ci sia una bella differenza tra istruire un procedimento amministrativo e limitare la libertà personale o girare armati e esercitare la forza pubblica. Oltre al fatto che contro i funzionari pubblici le tutele ci sono. Contro magistrati e procure un po meno.
In ogni caso
Berlusconi una volta ha detto una cosa giusta: bisognerebbe fare i test psico-attitudinali ai magistrati. Ci possono essere dei giudici – spiegava Gratteri in tempi non sospetti – che fanno militanza attiva”, “che ne fanno un modo di ragionare e può accadere che uno perda di lucidità”. E quindi: “Non condivido la maggior parte delle cose dette da Berlusconi, ma una volta ha detto una cosa giusta: bisognerebbe fare i test psico-attitudinali ai magistrati. È un lavoro molto logorante quindi una volta ogni 5 anni in forma anonima dovrebbero sottoporci a test”.
Questo lo disse Nucola Gratteri magistrato spesso osannato dalla sinistra. Quindi oggi perché lo propone un governo di cdx nell’ambito della riforma di un sistema di valutazione della magistratura non va piu bene?
@ Francesco Giorgioni Ho sempre la borsa pronta. La persecuzione subita anni fa mi ha lasciato il segno. Però loro devono sapere che io mi lascerei morire in carcere per sottolineare la loro malevola protervia. Scelgano: vita contro potere. In genere, alla lunga, vince la vita.
Vien da dire: che ne facciamo di tutti coloro che vedi da subito (a occhio nudo, senza test…) scemi, stupido-convinti, presuntuoso-cattivi, ignoranti e sicuri ?
E li paghiamo, profumatamente, tutti noi
Se vuoi farti arrestare ci stai riuscendo benissimo.