Certo una festa (“La Sardegna che vorrei”) per una bella ricorrenza (vent’anni di “Sardegna e Libertà”, dietro la quale si intuisce ci sono vent’anni di idee ma anche di duro lavoro “fisico”), un evento canoro e commemorativo ma soprattutto un bella manifestazione di libero pensiero.
Sì, principalmente una manifestazione libera di pensieri e di idee in prospettiva politica di rinnovo delle istituzioni.
Evento raro e prezioso per chi osserva un panorama particolarmente parco di contributi “intellettuali” su questi argomenti in questo delicato momento politico. Soprattutto se reso con spirito di “servizio civile”. Anche emozionante sentire le prolusioni, in ordine sparso ma non casuale, di Mariani, Galistu, Cannavera, De Martini, Cabras, Agus, Palermo, Milia, Mura.
Ognuno ha sviluppato brevemente, ma con diverse profondità, considerazioni sulla società civile, nella sua forma organizzata e di governo, che in questo particolare momento qualcuno chiama, limitativamente, “la Regione”, suscitando (evidentemente in diversa misura) riflessioni, impressioni ed anche emozioni.
Si è parlato degli ultimi, degli esclusi della società civile nella indifferenza ed esclusione dei più (categorie sociali, comportamentali ma anche economiche).
Si è parlato dell’esigenza della solidarietà tra i popoli (se così si tende a classificare anche chi abita nelle diverse parti della Sardegna).
Si è parlato di rinascita dello sviluppo di una Regione se guidato da un progetto strutturato e condiviso…
Si è parlato del successo sociale di una legislatura politica nel giusto equilibrio tra il corretto esercizio dei poteri di indirizzo politico e del corretto sviluppo delle attività amministrative
Si è parlato dell’importanza della reazione e della mobilitazione della società civile.
Si è parlato delle esperienze politiche positive se basate sulla intellegibilità del progetto rappresentato.
Si è parlato dell’importanza di tutelare i servizi pubblici essenziali tanto più nelle società impoverite.
Si è parlato di indipendentismo…
e di altro ancora.
Cosa permane di tutto questo?
Certo le emozioni nel sentire le parole di Cannavera o di Mariani o il fascino delle parole dell’avv. Palermo o, ancora, la semplicità delle esperienze, delle parole dirette di alcuni o il linguaggio più politico ed addetto ai lavori di altri, ed ancora la gioia di un momento di grande vicinanza e speranza.
Ma basta questo momento, oppure ci si deve chiedere se questo o questi semi devono germogliare e “produrre”?
Ognuno avrà un pensiero al riguardo e dunque dico il mio: io penso che se vi sono movimenti e formazioni politiche o semplici posizioni intellettuali attive dietro ognuno delle persone che hanno contribuito alla “Sardegna che vorrei” dovrà o dovrebbe nascere un tavolo di lavoro per produrre “carte”, “file” pensieri tracciabili e ripetibili di un pensiero organico, di un progetto che provochi una qualche reazione nella attuale palude politica dei “maggiorenti”.
La prima cosa è scegliere da che parte stare, farlo convintamente e non per strategia politica. Promuovere un centro di scambio di idee libere, verificabili.