Oggi i giornali sardi danno conto del crollo del numero dei matrimoni celebrati in chiesa e se ne chiedono il perché. Ovviamente sono tantissime le risposte con basi sociologiche argomentatissime, ma a me pare più adeguata la risposta più ovvia: sono sempre di meno perché stanno diminuendo i credenti.
Non vi è alcun obbligo a credere in Gesù Cristo. Non c’è più alcun potere, per fortuna, che obblighi a farlo.
Non so quanto si sia consapevoli di questa evidenza.
Allo stesso modo, la teologia e la morale cattoliche non sono più in grado di spiegare le contraddizioni del mondo. Sebbene le Sacre scritture portino indubbiamente traccia di una figura contrapposta a Dio, ma a lui sottomessa, come è il diavolo, l’idea che tutta l’imperfezione del creato ricada sotto la responsabilità di questa figura che, però, viene lasciata scorrazzare nella vita di tutti, oggi appare insostenibile. Non diversamente, lo stesso accade nel mondo protestante, funestato da una ormai definitiva scomparsa del sacro, cioè della diversità di Dio. L’immagine impotente del Papa, che abbraccia una madre cui è appena morta una figlia di cinque anni, la dice lunga di come ormai un cristiano sta di fronte all’ingiustizia del dolore: ci sta impotente, silente, teso come una corda di violino a chiedere una grazia che a volte viene (a me è successo) a volte no e tutto appare arbitrario e incomprensibile.
L’unica ragione per continuare a credere è la realtà storica di Gesù Cristo e l’altissima probabilità della sua resurrezione, accettata per quello che è, non una spiegazione di tutto (questa è un’ambizione sia cattolica che protestante, ma è stata battuta dalla fisica e dalle neuroscienze), ma una strada verso un Altrove. Oggi l’esegesi è più raffinata di quella di un tempo e ci consente di capire meglio ciò che nelle scritture è sedimento della storia e ciò che è originariamente legato a Lui. Quanto più si fa questo esercizio, tanto più si finisce sempre nello stesso punto: c’è una parte di noi che è eterna, che ha bisogno di cure e alla quale è stata riaperta una strada; c’è una parte storica che può vivere meglio se ama. Tutto il resto (il potere, la società, la gloria, il successo ecc. ecc.) a Gesù poco importava e anche agli uomini, quando crescono, importa sempre meno.
Sposarsi in chiesa è essenzialmente, oggi che lo Stato protegge con le sue leggi i coniugi e i figli, un impegno a vivere cristianamente l’amore reciproco e i figli. Il problema non è il sesso (grande ossessione dei chierici e unica consolazione – a tempo – dei laici); il problema è il male, è fronteggiare il male, proprio, altrui e della natura. Il male assedia le nostre esistenze sia che ci si sposi in chiesa o che non lo si faccia. Sposarsi in chiesa è, per due cristiani, nient’altro che la conferma dell’impegno a provare a vivere seguendo quell’Altrove, guardando oltre l’apparenza del mondo. Niente di più e niente di meno. Questa semplicità aiuterebbe a indurre più persone a sposarsi in chiesa? Non lo so e francamente penso di no. Mentre penso che avesse ragione Pascal: il mistero di Dio ci imbarazza, ci scuote; il Suo essere antimondano è insieme, per noi, uno stimolo e uno specchio. Se si cogliesse che sposarsi in chiesa, in silenzio, senza baccano, con tenerezza, è un atto intimo, profondo e delicato, un atto spirituale con radici carnali, forse si scoprirebbe che è anche bello; forse si coglierebbe quanto è bello il Cantico dei Cantici, quanto è bello tornare a casa e spogliarsi con felicità, amarsi con voluttà, perdersi per un po’ nel senza tempo, sbirciare l’infinito e vedere composto in Lui ciò che nella storia è diviso. L’uomo e la donna che riescono a parlarsi senza parole non si lasceranno mai. Questo è il vero matrimonio e io l’ho visto nei vecchi, capaci, anche alla fine, di un’ultima carezza memore di tutte le altre, di una tenerezza che rivela compagnia, amicizia, tenerezza, in una parola, eternità.
Buona Pasqua a tutti noi e a Lei Professore
At a esser tempus!
Bona Pasca de ❤️
La sua Professore, già riscontrata in altri interventi, è una postura di stampo eminentemente protestante. Sembra costantemente terrorizzato dalla paura della morte e della malattia. La fede sembra non bastarle di fronte a questi sprofondi. Non sono ovviamente orizzonti di fronte ai quali, anche i credenti, si sentono sicuri, ma riuscire a passare da “l’altissima probabilità della sua resurrezione” alla “certezza”, tutta di fede, della resurrezione di Cristo, credo possa giovare. D’altronde, con San Paolo, non può che riaffermarsi che “se Cristo non è risorto vana è la nostra fede”.
Ultima considerazione, non è vero che “la teologia e la morale cattoliche non sono più in grado di spiegare le contraddizioni del mondo”. San Tommaso e Sant’Agostino, per esempio, mai potrebbero essere più adatti a darci le risposte che cerchiamo. Bisogna essere sinceri, siamo noi che siamo cambiati, con le nostre finte certezze, con ragionamenti evanescenti e relativistici, siamo diventati del mondo. Il problema è dentro di noi non di quella Parola sempre “nova et vetera”.
Cordialità
Gentilissimo Professore,
da giurista e cattolico credo che sia possibile anche un’altra spiegazione ( per lo meno tra le tante altre possibili). Il matrimonio cattolico non è solo un rito è un Sacramento. L’indissolubilita’ del matrimonio ( vincolo che infatti ii cristiani di fede ortodossa non hanno) in una società attuale, è un vero e proprio atto di fede nella società laica contemporanea. È allo stesso tempo incute timore reverenziale e rispetto , in un sistema ecclesiale che non definisce più come un famoso vescovo di Firenze degli anni 60 del Nivecento i non sposati secondo il rito cattolico come pubblici concubini,
ma “abbraccia” e benedice oramai ogni tipo di coppia . È un segno dei tempi, dove la parola.famiglia (e le sue radici cristiane) riempie la bocca solo a chi , o non c’è l’ha o ne ha o avuto più di una..
Buona Pasqua
Buona Pasqua Paolo, buona Pasqua a tutti