Prima di tutto bisogna notare che se la carcerazione aveva avuto l’onore della prima pagina a sei colonne de La Nuova Sardegna, la caduta di tutte le accuse, invece, gode oggi solo di un francobollino di richiamo. Questa è la miseria, la grande miseria della nostra informazione.
In secondo luogo va notato che l’architetto Docche, che io non conosco, è stato messo in galera a Bancali. Non è la stessa cosa di chi ha patito i domiciliari. Bancali è Bancali, soprattutto d’estate.
Adesso PM e Gip dicono: “Scusate, abbiamo sbagliato”. Sopravvive la sola accusa di bancarotta.
La carcerazione preventiva resta un istituto dell’ordinamento italiano troppo ambiguo e troppo suscettibile di essere usato con altri scopi rispetto a quello di impedire la reiterazione del reato o la fuga del presunto reo. Dico io queste cose, perché nessun amico di Docche oserà dirle per paura. Io ho ugualmente paura, ma da tempo ho deciso di tenere accesa la luce sui comportamenti di magistratura e polizia giudiziaria.
Racconto una storia che non è avvenuta, o forse sì, ma che adesso appare come avvolta in un sogno e dunque è inverosimile. Qualche tempo fa, fu fatto capire a una persona sottoposta ad arresti che se avesse fatto un determinato nome, l’arresto sarebbe stato revocato. Come fu fatto capire? Con mezze parole, mai seduti a un tavolo di verbalizzazione, affidando l’offerta a figure di secondo piano, esattamente come avviene nei film. È dai tempi di Mani Pulite che il carcere ha due scopi: emettere la condanna morale prima di quella penale e indurre a rivelazioni.
Nel caso Docche non è stato così? Sicuramente non è stato così e ne prendo atto, ma il profumo della galera ingiusta deve trovare una spiegazione; non può essere affidato all’oblio con un’alzata di spalle. Perché Docche è stato messo in galera, a Bancali? Chi risponde, oggi, della sua galera ingiusta? Non può accadere che gli stessi fatti e le stesse carte sembrino al Gip una cosa e al tribunale un’altra e che questo non abbia alcuna conseguenza.
Si voleva colpire il sistema Cipnes?
Forse questo è un nobilissimo obiettivo politico, ma non è un obiettivo giudiziario.
Gli obiettivi giudiziari sono i reati e per fare indagini serie sui reati sofisticati occorre rispettare due regole: disporre di una polizia giudiziaria molto preparata (quasi un sogno!) e non avere neanche un briciolo di vita mondana, vivere separati dal bel mondo in modo da poterlo vagliare con imparzialità.
Sono due regole che devono rispettare anche coloro che si collocano all’opposizione della vita da bere di un certo modello gallurese: non si può essere opposizione e invidiare e rosicare il modello sociale e la politica che si contesta.
Bisogna essere diversi e in Gallura non è semplice, perché la bella vita, per l’appunto, sembra bella, nasconde bene nel sottosuolo le sue fogne e mostra in modo mirabile le sue glorie. Vi è poi il rischio che l’invidia e la rabbia per l’abilità degli interpreti dei modelli contestati portino a considerare reato ciò che non lo è e a non vedere, invece, ciò che lo è ed è sotto gli occhi di tutti. Anche per fare giustizia l’unica regola è amare la vita, non odiare. L’odio e la lussuria sono i fumogeni del diavolo.
A proposito di vicende da chiarire: “L’attenzione del primo quotidiano italiano (Corriere) sulle ultime novità a Mont’è Prama” cit. Ma qualcuno è convinto di imbambolare la gente?. Quell’attenzione è stata lautamente pagata con contratti costati fior di migliaia di euro alle casse della Fondazione Mont’e Prama, si dica pubblicamente quanto è costata la collaborazione col Corriere invece di far finta che si cantino le gesta della Fondazione gratis et amore Dei.
In Italia è sempre più una questione di colpa e castigo, non di giustizia.
Questo potere “osceno” – da far tremare le gambe – affidato ad alcuni per decidere sulla libertà di altri, quando utilizzato senza la giusta percezione crea danni immensi alle persone coinvolte e alle stesse istituzioni giudiziare che perdono in credibilità ed aumentano in spaventosità.
Non capirò mai perché un medico che sbaglia una diagnosi viene perseguito mentre un inquirente no. Forse la salute conta più della libertà delle persone?
Quantomeno il far capire con “mezze parole, mai seduti a un tavolo di verbalizzazione” presuppone la consapevolezza della grave illegittimità dell’atto che si sta compiendo. Nel 2023 accade però anche che nel provvedimento di un giudice per le indagini preliminari si scriva a chiare lettere che la revoca della custodia in carcere non può avvenire perché l’indagato non ha assunto un comportamento collaborativo, il che equivale a dire “sappiamo (io e il PM) che sei colpevole, se confessi la tua responsabilità puoi attendere il processo fuori dalla galera”. Evidentemente, a distanza di due secoli la manzoniana Storia della colonna infame non è ancora stata studiata in tutte le scuole superiori
Ho conosciuto Gavino Docche e ho visto i risultati del suo grande impegno e professionalità dai tempi della cartografia aerea.
Ho conosciuto e stimo molti consiglieri regionali indagati per una gestione di fondi prevista da regole, forse discutibili, ma regole.
Ho conosciuto magistrati che non conoscevano i meandri del funzionamento delle amministrazioni.
Mi sono fatto l’idea che chi inquisisce e giudica, senza la responsabilità quotidiana degli operatori, dovrebbe sperimentare la stessa pressione inquisitoria cui sono sottoposti gli operatori.
Forse non ho capito nulla….
Buoni giorni di Passione
Enrico, questa confessione tardiva di Colombo, la dice lunga sulla mentalità inquisitoria. Strano che questo scambio, che avrebbe un ben altro valore, non lo si sia proposto per i reati di terrorismo e di mafia ma solo per quelli di corruzione. Il motivo è evidente: la confessione in quei casi avrebbe fatto crollare lo Stato, in questi solo un governo.
Che il sistema Cipnes esista è un dato di fatto. La verità è che non si vuole sollevare la coperta per non vedere la polvere. Basterebbe controllare bene il sistema degli affidamenti diretti e capire chi e come si arricchisce. Controllare ad esempio se un politico con ruoli apicali cambia macchina, come la paga, se la paga o la fa pagare a qualcuno con bollettini postali in contanti (già questa sarebbe un’anomalia, oltre due anni di pagamenti in contanti in bollettini). Se ha mobilio in casa regalato. Se si paga le vacanze o i fine settimana fuori porta in alberghi di lusso. Perché non si controlla tutto ciò?
“Eppure non una persona sarebbe andata in carcere se, come suggerito nel luglio 1992, ben prima (data la rapidità dell’evolversi di quegli eventi) della nomina di Martinazzoli, la politica avesse scelto di seguire la strada dello scambio tra ricostruzione dei fatti ed estromissione dal processo. Chi avesse raccontato, restituito e temporaneamente abdicato alla vita pubblica non avrebbe più avuto a che fare con la giustizia penale”.
Gherardo Colombo