Ieri si è insediata la nuova assemblea del Pd.
Chi non vi ha partecipato, come me, giudica dall’esterno sulla base delle cronache riportate e dunque a partire da scorci selezionati da terzi e con una altissima percentuale di errore.
Quando però entrambi i quotidiani e tutti i siti consultabili danno conto di uno stesso contenuto, la probabilità che esso sia stato il tratto dominante è alta.
Il Pd ha fatto della recuperata unità il suo messaggio principale.
Su quale visione politica è costruita l’unità del Pd?
Da quel che si legge, l’unità del Pd è costruita sul desiderio di unità, che è come dire che due persone che hanno una relazione, la difendono a oltranza non perché si amino, ma perché hanno paura di separarsi.
Per trovare soluzioni avanzate ai problemi di libertà e di sviluppo dei sardi bisogna avere una visione, bisogna avere un’idea della libertà, del potere, dei poteri, dei bisogni, della ricchezza. Bisogna avere un’idea di Sardegna, della nazione sarda, che preceda l’elenco dei problemi e non coincida con esso.
Troppo spesso gli uomini politici fraintendono il loro ruolo e si limitano a descrivere i problemi.
Il loro compito, invece, è capirli, interpretarli, orientarli e risolverli.
L’intelligenza, non la tassonomia, dovrebbe essere la cifra dominante della politica.
A leggere i quotidiani di oggi e dei giorni precedenti, mi pare che, invece, si stia scappando dall’intelligenza delle cose, come se capire sia un fastidio piuttosto che un merito.
Faccio un esempio. Il must del Pd è “Alleanza larga per sconfiggere la Destra”. Ottimo. Poi si va ad Assemini e anziché riconoscere che Mario Puddu, il vero organizzatore dei Cinquestelle in Sardegna, è un candidato degno e forte per la candidatura a sindaco, si fanno i salti mortali per costruire altri scenari che portano esattamente a non costruire l’alleanza larga. Quale è la colpa di Puddu? Quella di essere un leader del suo mondo. E dunque che si fa? Anziché parlarci, cercare di costruire ponti, alleanze, coalizioni, si cerca di isolarlo perché si sono stretti accordi con leader concorrenti. Auguri!
Una delle cose certe è che per vincere le prossime elezioni bisogna spostare l’elettorato moderato che alle scorse elezioni si è buttato anima e corpo nel ventre della Lega e che oggi potrebbe essere tentato di farlo con Fratelli d’Italia.
Fare questa operazione, cioè dialogare con i centristi, non è una cosa da poco.
La si può fare solo avendo un solido programma politico e una solida guida che difendano l’accordo da una sua sempre possibile mercificazione, cioè dalla incombente possibilità che esso si strutturi solo su promesse di potere e di scambio. Può sembrare contraddittorio, ma per trattare bene con i centristi, occorre avere una visione radicale e una prassi di governo riformista. Se invece se ne è privi, il risultato è affidarsi alla trattativa del caso per caso. Oggi, purtroppo, non c’è traccia né di visione né di cultura riformista.
C’è un punto da dirimere: che si fa con chi è ed è stato organico con la Giunta Solinas? Qui ci si scontra con la Sinistra del puzzi puzzi, quella che mette il deodorante sopra il sudore per coprire, senza fatica, il proprio odore, ma ha narici furettate per sentire quello altrui.
Se non ci si vuol far male, occorre possedere una norma generale.
Io ne ho una mia (da sempre): si parte dalle dichiarazioni politiche su ciò che si intende fare e dal giudizio su ciò che si è fatto.
Non c’è e non può esserci un processo di esclusione per semplice militanza: serve una dibattito politico che chiarisca dove si è spostata la frontiera tra vecchi e nuovi avversari. Ovviamente la Sinistra puzzi puzzi, quella che ha linciato me perché non mi piegai, e mai mi piegherò, alle prepotenze e al dispotismo di Soru, dirà invece chi può essere accolto e chi no a seconda del suo gusto e non della politica.
Anche in questo caso, faccio un esempio, per l’appunto, centrista.
Silenziosamente ma intensamente la Sinistra puzzi puzzi sta processando Giuseppe Luigi Cucca.
Gli ha affibbiato il timbro di voltagabbana, lo stesso che appioppa a tutti i dissenzienti dal suo malcostume conformista.
È infatti paradossale (e faccio esempi non sardi perché siamo in Quaresima) si parli a voce alta di Giuseppe Luigi Cucca e sottovoce di D’Alema e delle sue strategie sudamericane.
È paradossale che si parli con indignazione di Giuseppe Luigi Cucca, ma si faccia finta di niente con i risultati delle inchieste di Sardiniapost sul rapporto tra politica e impresa negli stanziamenti regionali per società sportive, fondazioni, privati ecc.
Oggi, poi, Giuseppe Luigi spiega a La Nuova Sardegna perché si è dimesso da Segretario generale della Regione (una carica che gli avevo suggerito di non accettare – io, da Solinas, neanche l’acqua nel deserto – e che gli fu offerta esattamente quando il Centrosinistra lo trattava come un lebbroso). Il motivo è semplice: non mettere in imbarazzo la sorella magistrato collaborando con un Presidente della Regione indagato. A trovarne di persone che hanno ancora il senso dell’imbarazzo!
Infine c’è la psicologia. Ieri è intervenuto nei commenti di questo blog l’assessore Doria, che sa che con me non può parlare, ma libertà e educazione vogliono che possa replicare e scrivere tutto ciò che vuole. Il suo stile è quello cortese-avvolgente di chi ti vuole accogliere, sedare, ammansire, ricondurre a miti consigli, far accomodare, accarezzare e poi, forse, fotterti addirittura con tua soddisfazione (non si offenda, assessore, io con Lei, come Lei sa, voglio bisticciare male). Questo è lo stile della Destra, la quale sta andando a trovare tutti gli umiliati della Sinistra per dare loro cittadinanza, onore, lustro e libertà. Tra un salotto dove ti offrono pasticcini e cortesia e un cortile dove ti frustano e ti sputano, secondo voi, dove andrà il mondo degli incerti?
Mio padre mi diceva: “Figlio mio, meglio un figlio zoppo che un figlio tonto”. Parole sante!
Non ci sono scorciatoie, per affrontare problemi complessi come quelli della Sardegna, è necessario sviluppare una visione strategica e globale, che comprenda sia gli aspetti tecnici, amministrativi, politici ma soprattutto quelli culturali. Solo in questo modo sarà possibile trovare soluzioni sostenibili e durature ai problemi di libertà e sviluppo della Sardegna.