Invito alla lettura di questo articolo di Adriano Sofri.
Sofri a molti non piace, a me sì. È un fuori-scala d’intelligenza ed è l’unico dei leader dell’estrema sinistra degli anni Settanta che abbia affrontato lo Stato fino in fondo, facendo tutta la galera inflittagli senza scappare. Che sia stato realmente il mandante oppure no dell’omicidio Calabresi, in tutti i casi non è scappato di fronte alla sua storia e ci vogliono molti attributi psicologici e morali per riuscire a farlo.
Sofri polemizza col cardinal Ravasi, soprattutto per una frase: «Gesù twittava».
Dice Sofri (e, se è lecito, anch’io mi associo):
«È quel “Gesù twittava” che mi fa perdere la pazienza. Quell’inversione dell’Imitatio Christi. Non siamo più noi a (provare di) imitare Cristo, ma Cristo a imitare noi: a twittare”. Sottoscrivo. Io mi incazzo da morire quando vedo preti, credenti, leader di movimenti, fare i simpatici modernizzando o mondanizzando Gesù. Non serve a niente.
Sofri dice una cosa profonda e intima, per uno come lui:
«Lui (Ravasi) crede a Gesù vero Dio e vero uomo, io all’uomo. Al suo modo di parlare e alle cose che diceva. Al suo modo così umano di piangere. Al fatto così strano che non ride mai, o non ce lo dicono. Al suo modo di tacere, come quando scarabocchia per terra per prendere tempo mentre i furiosi stanno per scatenare la sassaiola contro l’adultera. Dev’essere per questo che ho sempre diffidato dei tentativi di mettere in bocca a Gesù altre parole oltre a quelle riferite dagli evangelisti».
Qui apre una questione troppo grande per essere liquidata in due parole. Le parole dei Vangeli sono un abisso storico, una profondità, dove si accavallano gli eventi e le parole del maestro con la poca o molta comprensione delle prime comunità. I vangeli sono un coro, non una sola voce cristallina. Tuttavia è vero che anche ai Vangeli è accaduto che il commento abbia sovrastato il testo, vuoi per eccesso di zelo attualizzante, vuoi per calcolo politico di far dire a Dio ciò che si vuole. Se Gesù tornasse, con certezza non farebbe ciò che noi ci aspettiamo da lui.
I Vangeli nascono per fare catechismo, per ricordare un evento eccezionale e ciò che comportò, per chi lo visse, capire all’indietro che qualcosa di inatteso e di imprevedibile li aveva coinvolti. Non nascono come testi da interrogare per risolvere i problemi dell’esistenza. Non nascono per spiegare il male. Sentono l’urgenza di affermare che la realtà che viviamo non è tutto, è fondata su altro e che quest’altro è diverso da quello che vediamo e viviamo. Hanno l’obbligo di dire che vi è un tramite tra questo e l’altro mondo e che questo tramite si dichiara leale e amorevole con l’uomo. Hanno l’obbligo di dire che abbiamo un destino eterno se rimaniamo legati all’origine che si dichiara amorevole. Punto. Tutto molto semplice; tutto troppo profondo per non sconcertare.
Dice Sofri: «Sono stato un “vero ateo”, e ora lo sono meno, o non lo sono più affatto. (…) Forse perché mi sembra di non avere più tempo, o perché il tempo sconfessa l’investimento nel negoziato col lato religioso della frontiera».
Sono parole profondissime. Ed è vero che l’urgenza del tempo fa emergere la percezione del vero. Invecchiando, ci si vendica delle finzioni della storia, delle sue menzogne. Ci si interroga su tutto e senza alibi. Ci si spoglia e si sta come in attesa.
Poi Sofri fa una lunga analisi sulla posizione della Chiesa sulla guerra in Ucraina che non trovo all’altezza della profondità delle frasi che ho già citato. I cristiani hanno imparato da tempo che il ruolo del male nella storia è inspiegabile, come d’altra parte non riescono a dargli un senso neanche i materialisti. Che poi dietro l’impegno per la pace dei cristiani si possano celare tante convenienze politiche è certamente pacifico, esattamente come se ne nascondono dietro il bellicismo. Sebbene le guerre e la libertà si vincano o si perdano combattendo con i mezzi che la storia consente, è pur vero che ciò che più intacca i mille volti del male (di cui la violenza è forse il più feroce) è l’operare il bene, testimoniare il bene, difendere la verità e la giustizia. Il Papa tenta di educare, anche se stesso, al bene; è il suo corpo a corpo con il male. Con certezza la sua fatica non nuoce ad alcuno. Ma se dovesse parlare solo avendo la garanzia che le sue parole siano efficaci, diverrebbe muto.
In certi uomini che si definiscono atei la fede brilla dai loro occhi, come disse Papa Giovanni Paolo II a proposito del Presidente Pertini.
Penso che in questo tempo di Avvento siano le cose più belle lette e da meditare (le parole di Sofri , le Sue e i commenti, logicamente senza il mio)
Ma ite li depimus “modernizare” a Zesugristu?!
Prus ‘modernu’ de Isse no b’at a àere mai neune cantu at a sighire a campare s’Umanidade si no s’isperdet puru innanti de manu sua:
«Istimàdebbos comente deo bos apo istimadu».
Proamus, a bídere cantos cambiamentos depimus fàghere pro èssere Umanidade, cun totu sa barbaridade criminale chi ancora semus connoschindhe.
Bello l’articolo di Sofri e bello questo che pare un commento e invece, pure partendo da una base, ha una sua autosufficienza, una vita propria. Grazie per la riflessione e per l’abbrivio ad altri pensieri. Mentre esiste imperterrito il dilagare di parole a vanvera, finalmente una riflessione che feconda altro pensiero. Un tempo si era consapevoli del ruolo e della responsabilità di essere intellettuali. Poi da un certo momento in poi è bastato uno slargamento, una intervista, una comparsa in tv, un post sui social con quattro like e tutti autorizzati a pontificare il nulla, quasi facendo scordare che il Pensiero va nutrito, che richiede tempo e studio, che va oltre il momento contingente e si lancia verso il senso profondo dell’ agire umano, del tendere al divino che ciascuno ricerca o riconosce in se stesso o in altro da sé. A questo serve l’intellettuale vero, a interrogare interrogandosi. Grazie.
L.
Non vi è l’insondabile, il mistero in ciò che è fatto dagli uomini. La guerra è stata scatenata dagli uomini, per motivi tutti umani, gli uomini possono porvi termine.
Per motivi non giusti? Sarà una pax americana? Negoziare perché sia giusta, negoziare sino allo sfinimento.
È difficile, ammettiamolo. Specie se non si hanno compagni di cordata.
Per il resto: le parole più belle su Cristo le ho sentite dagli atei.