Stasera a Cagliari, via dei Genovesi 114, sede della Fondazione Siotto, si svolgerà il dibattito con i partecipanti indicati nella locandina seguente. I lavori saranno trasmessi da Radio Radicale e potranno essere seguiti da remoto sulla pagina Facebook e sul canale Youtube della Fondazione Siotto.
Una parolina ai ministri della Chiesa, tutti rigorosamente muti sui referendum.
Evidentemente voi, che vi mobilitate ogni volta che si parla di aborto e di fine vita, avete ritenuto di non doverlo fare in questo caso.
Evidentemente non vi interessano gli innocenti che finiscono in carcere.
Evidentemente non vi interassano i prepotenti togati dei quali non parlate mai nelle vostre sempre più esangui omelie.
Evidentemente non vi interessa che i cittadini imparino a partecipare alle cose importanti e non solo a quelle che voi ritenete importanti.
Evidentemente, al di là dei proclami, fate parte di un gruppo dirigente del Paese che rispetta la regola “cane non mangia cane”.
Evidentemente l’elemosiniere del Papa può pagare simbolicamente delle bollette a delle persone in difficoltà e voi non potete raccontare cosa vedono i vostri preti nelle carceri.
Evidentemente non crediamo nello stesso dio; quello cui io do del “Voi”, per la consapevolezza della distanza di innocenza e di impegno che Lo separa dagli uomini che pure soccorre costantemente, dice delle cose nel cuore che impongono l’impegno, che non comprendono tra i doveri la fuga o il disinteresse. Il vostro dio non so, non so chi sia e cosa sia, ma dai comportamenti deve essere un tipo che ama le comodità.
Evidentemente vi rifugiate dietro il “date a Cesare quel che è di Cesare”, ma il problema è “Chi è Cesare e chi sono i cesariani”? Fatevi la domanda e datevi la risposta e, soprattutto, compratevi uno specchio.
Evidentemente non vi capisco più.
Alberto, ma com’è che ci si ricorda che le migliori riforme si fanno in Parlamento ogni volta che, per rimediare all’incapacità di farle, si promuove un referendum? E com’è che ogni volta che il Parlamento prova a mettere mano alla riforma i magistrati scioperano? Come mai noi siamo un Paese che ha un codice penale di impianto ancora fascista e un codice di Procedura penale, voluto da Vassalli, che ha trasformato il processo in accusatorio e non ha adeguato l’ordinamento a questa novità, lasciando in questo mondo di mezzo la Giustizia italiana? I referendum servono a creare i presupposti reali di una riforma. Non andare a votare è, a mio avviso, sbagliato.
Mar, il problema è che il merito dei referendum è dato dagli innocenti in carcere. Ogni volta che si parla di loro i magistrati usano la pedagogia della paura per chiamare a raccolta chi, giustamente, vuole difendersi dalle mafie. Ma anche quella dei magistrati impuniti è una mafia. Che la chiesa non solleciti a prendere posizione sui referendum, sulle ingiustizie di Stato, pur essendo l’unico presidio di civiltà in carcere, a me disturba. Evocare la mafia e gli stupri, come è stato fatto, per zittire chi denuncia gli abusi di potere della magistratura a me è sembrato un esercizio ignobile e possibile solo in una società ignorante.
Entrare nel merito dei referendum no, ma incoraggiare (non solo dal pulpito ma nella vita) chi lotta contro le mafie del nostro tempo, questo si dovrebbero farlo. Ma rari esempi hanno coraggio e forza morale.
Questa volta non sono d’accordo: la riforma della giustizia va fatta in blocco e in questo caso mi sembra la solita usanza italiana di cominciare dai piedi anziché dalla testa. La carcerazione preventiva è cosa indegna di un paese che si vanta di essere la patria del diritto, ma questo problema non si può risolvere a colpi di referendum, se ci fossero molti più magistrati in servizio, e assieme a loro molti più cancellieri, semplici impiegati e agenti di polizia giudiziaria la macchina della giustizia si muoverebbe con più celerità e n inquisito resterebbe in carcere per pochissimo tempo o addirittura per niente. Tutto ciò premesso non andrò a votare.
Condivido pienamente (cosa molto rara).
Come cane non morde cane, allo stesso modo casta non morde altra casta.
E anche per il clero (come per i magistrati e per diverse altre categorie di soggetti) si può pacificamente affermare che dietro i meriti, talvolta straordinari, di alcuni di loro, si nasconde una moltitudine di individui indegni di essere perfino accostati e ancor di più assimilati al capofila