Ieri abbiamo divulgato il testo del verbale dell’incontro tra l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Sarda e alcune organizzazioni di categoria, nel quale si delineano i criteri di accesso ai celebri 40 milioni di euro promessi dal camioncino della Coldiretti qualche mese fa dalla Giunta.
Abbiamo fatto notare che i criteri erano tali da escludere, secondo gli stessi dati forniti dalal stessa Giunta, il 40% delle imprese agricole sarde del settore ovicaprino.
Ne è nata una polemica tra alcuni rappresentanti dei pastori e l’Assessore Murgia, noto Pisolo.
L’assessore ha risposto alle proteste con questa nota:
“Per i bovini da carne la soglia di ingresso di 15 capi totali, corrisponde alla presenza in azienda di circa 6-7 vacche nutrici. Questo numero, è facile calcolarlo, porta alla produzione di circa 5–6 vitelli da ristallo che vengono solitamente venduti prima dell’anno (a circa 6-8 mesi di età). Nella media delle situazioni di produzione isolane, tali produzioni possono senz’altro costituire una integrazione al reddito, ma viene difficile affermare che con queste dimensioni l’allevamento rappresenta una unità imprenditoriale autonoma e in grado di soddisfare le necessità di reddito di una famiglia. Per quanto riguarda gli ovini e i caprini anche in questo caso valgono le considerazioni fatte in precedenza. La soglia dei 100 capi totali, che corrisponde a un numero di pecore in lattazione inferiore a 80 è già di per sé una soglia che ricomprende aziende che effettuano l’allevamento con finalità di integrazione di reddito, dato che per sostenere una famiglia, e solo ricomprendendo nel reddito aziendale le diverse forme di contribuzione comunitaria attualmente esistenti, è impensabile ipotizzare una unità produttiva autonoma con meno di 250 ovini in lattazione. Le soglie di ingresso per accedere alle sovvenzioni per le aziende zootecniche sono state così stabilite per non diluire eccessivamente l’aiuto alle imprese tanto da renderlo poi non adeguato a coprire il danno che gli eventi in corso stanno producendo. L’esigenza di fissare una soglia di accesso minima deriva anche dalla necessità di evitare che si paghino domande di valore inferiore al costo che l’amministrazione sostiene per la gestione di ogni istanza. Le soglie di ingresso, lungi dal risultare troppo restrittive, consentono comunque a tante forme di allevamento effettuate con finalità di integrazione del reddito di ottenere l’aiuto previsto dalla legge 3/2022, ma è anche evidente che l’aiuto, previsto per un sostengo al mondo imprenditoriale, non poteva trasformarsi in un aiuto erogato con sole finalità sociali. Tali tipi di aiuto, previsti anche per l’emergenza Covid, sono stati gestiti dall’Assessorato competente in materia di politiche sociali”.
È una nota scritta da un tecnico e passata pari pari dall’Assessore agli organi di stampa. In sostanza dice che le imprese escluse non sono imprese, anzi sono talmente piccole da comportare un costo in perdita per le attività dell’Assessorato. Queste imprese non starebebro dunque sul mercato, ma nell’area del disagio sociale, quella di cui si deve occupare l’Assessorato ai servizi sociali.
Il problema è che il 40% delle imprese regolari sarde ha queste dimensioni.
Il problema è che la politica non può, dinanzi a un fatto strutturale e antico, dire: “Mi dispiace, fatevi assistere”. La politica deve sviluppare politiche che rendano la parcellizzazione dell’impresa e della proprietà una opportunità. Invece appare con evidenza che l’urgenza di erogare le risorse a colossi con i piedi di argilla come Arborea, abbia fatto emergere il fastidio e il disprezzo della Giunta verso gli aspetti problematici del mondo agricolo, quelli che non si possono risolvere con gli slogan e il camioncino, fastidio e disprezzo in grande contrasto con le politiche precedentemente messe in atto verso il settore, come ha fatto notare Gianuario Falchi, posto che il primo insediamento veniva riconosciuto con 51 capi e ora si nega l’accesso a chi ne possieda meno di 100.
La verità è, a proposito di chi ha bisogno di assistenza non solo finanziaria ma anche sanitaria, che l’Assessorato sa che questi soldi devono essere spesi entro giugno, cioè entro la fine dell’emergenza Covid e siccome Argea è stata devastata tanto quanto Laore (dopata dal concorsone a cognomi incrociati), occorre ridurre notevolmente il numero delel pratiche da esaminare per pensare di riuscire a liquidare entro due mesi. Io conosco qualcuno che saprebbe insegnare alla Regione come farlo senza escludere i piccoli, ma non lo suggerirò mai a nessuno degli attuali governanti assisi al desco pubblico, perché non sopporto quel mix di incompetenza, parassitismo, crapuloneria e superbia che li ha portati, dal caldo delle loro sicurezze sociali e economiche, a sputare disprezzo in modo così indecente.
Questo è il colpo finale per le zone interne. Hanno chiuso tutto, ultime le 20 filiali bper, erano rimasti i piccoli imprenditori del mondo pastorale, il 40% del totale delle imprese. Questo è il colpo finale per le zone interne.
Su chi est e sempre istada sa chi podiat e podet èssere su fundhamentu de sa richesa e irvilupu de s’economia in Sardigna, leada de sempre a ‘politica’ de irbandhonu e disprétziu narat cantu sos Sardos amus tentu e tenimus guvernu dignu de si nàrrere guvernu.
Sos ‘politici’ ant tentu sempre tropu fragu de merdaula, berbeghina e cràbina ifatu e sutą de su nasu.