A parte una meritoria segnalazione sulla Nuova Sardegna, è passata di fatto sotto silenzio nel mondo politico una notizia di grande rilevanza.
L’Autority per la concorrenza ha sanzionato i criteri (pagine 28-30 del Bollettino), che durano da anni, di finanziamento della sanità privata in Sardegna. Tali criteri si riducono essenzialmente alla spesa storica, quindi chi più ha avuto nel tempo, più mantiene. È il modo con cui in Sardegna gli accreditamenti e le convenzioni, anziché essere stati messi a competere sul piano dell’efficienza, si sono trasformate in rendite garantite. Una volta conquistato il tetto di accreditamento, cioè una volta entrati nel club, quel budget è diventata una rendita, addirittura incrementabile con extrabudget remunerati in proporzione alla percentuale di budget assegnato.
Così è facile diventare ricchi. Ma è anche sommamente ingiusto. Ed è così che è nato e si mantiene un rapporto malsano tra la sanità e la politica, un rapporto di soldi e di potere, di soldi che hanno generato potere e di potere che ha generato proprietà, terreni, consenso, liquidità, timore sociale, rispetto obbligato, tutto così esplicito da essere volgare eppure mai ricostruito dalla poca intelligenza di chi si impanca a rendere giustizia alla Giustizia, ma manca dell’intelligenza per capire i percorsi del male, che sono molto più sofisticati della loro supponenza.
L’Autority è chiara nel dire che il sistema della sanità privata sarda è bloccato e spiega che chi inizia, chi apre una piccola impresa di servizi sanitari, è di fatto impossibilitato a crescere.
Buongiorno!
Noi lo sapevamo da anni, ma le relazioni trasversali che la sanità privata si è sempre assicurata nei partiti maggiori, lo ha nascosto alla coscienza dei più.
Adesso questa sopravvivenza feudale, questo ultimo baronaggio parassitario, si trova dinanzi ancora una volta alla giusta innovazione che non matura da una reazione interna, ma da un potere esterno, irraggiungibile dai baroni lagunari sardi.
Questo deve farci riflettere.
Troppo spesso il “giusto” è arrivato in Sardegna dall’esterno, perché l’interno era così bloccato in rendite di posizione ingessate da vivere ingessato e soffocato.
Adesso un potere dello Stato dice che i ricchi della Sardegna lo sono per ingiusto privilegio di mercato. È già qualcosa.
Questa riflessione è replicabile anche in altri campi del “mercato” isolano. E’ noto che chi detiene grossi capitali (economici, umani, di mezzi….e di voti) cerca di rafforzare la propria posizione evitando, per quanto possibile, la concorrenza e questo genera un danno alla collettività. In Sardegna, la presenza del fossato mediterraneo, ostacola già in modo naturale il confronto. A questo si aggiunge un aspetto caratteriale meno incline, rispetto ad altri popoli, alla cooperazione.
L’incapacità di migliorarci alla giusta velocità, di generare una cultura politica positiva e capace di autogoverno sono il tallone d’Achille di una possibile Nazione Sarda.
Buongiorno Paolo come non darti ragione, sai quanto io mi sia battuto per il Centro di Riabilitazione di Guspini, creato quando ero sindaco con il commissario della ASL 6. senza risorse pubbliche. Autorizzato a realizzare il Centro con 50 posti letto, ma con un accreditamento parziale di 13 posti, nonostante il Brozzu ci inviasse i pazienti oltre l’accreditato , chiedemmo l’ampliamento dell’accreditamento ma non ci fu verso. Questo comportò la crisi del centro, tra i più avanzati d’Italia con quattro vasche riabilitative ed il Locomat, (Robot riabiltativo da noi posseduto sin dal 2008, il Niguarda di Milano l’acquistò nel 2015. Rilevato poi dalla regione tramite la ASL n.6 che lo tenne per due anni, chiudendolo definitivamente nel 2012, mentre salvò il centro privato di Oristano al quale assegnò 60 posti di riabilitazione, al di fuori del piano regionale di riabilitazione. Tanto che dissi all’assessore se con quell’atto si era pagato il paradiso, vista la titolarità del centro. Un abbraccio. Tarcisio Agus
Gentile Professore,
ogni giorno, leggere quanto Lei scrive dà un senso al sopravvivere a tanto “sconquasso” avverso il quale sembra, ormai, non ci sia, più possibilità di rimedio.
La Sua voce dà voce ai pensieri di molti, di quanti, almeno, continuano a vivere nel rispetto di principi oramai diventati vecchi ricordi.
Così come è un ricordo la Sanità pubblica, come la si conosceva un tempo, ma oramai al collasso totale, in sfregio di chi, all’interno, ancora vi lavora, e dei pazienti, che debbono starne fuori, attendendo mesi per un esame, una visita specialistica e che debbono, qualora dotati di risorse economiche, cioè Soldi, ricorrere al settore Privato, dove le professionalità mediche vanno comunque rincorse nei molteplici studi nei quali offrono le proprie prestazioni.
Al riguardo, mi piacerebbe conoscere la Sua opinione sulle prestazioni eseguite in modalità intra-moenia, altra triste trovata che contribuisce ancora a sminuire il senso di “protezione e possibile soluzione del problema” che un tempo si poteva percepire all’interno delle strutture sanitarie pubbliche che chiamavamo “Ospedali”.
Ora è una questione di attesa al telefono, di prenotazioni online, di file, di visite diradate nel tempo e sempre circoscritte a un problema molto specifico. Il corpo umano non esiste più. Esiste un piede, un braccio, la schiena…
Quando, poi, si trova un Medico che ascolta, che si preoccupa e cerca di capire, che ti visita (!), sembra di stare in un’altra dimensione.
Quando, inoltre, si va in ospedali dove, nonostante i calcinacci cadenti, trovi una sanità “umana“ che si prende cura di Te, Ti commuovi per questi superstiti che” lavorano troppo” perché, in pochissimi, fanno turni massacranti, ma che ti fanno sperare e sentire “un paziente degno di attenzioni e cure”.
Grazie.
Saluti cordiali.
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