La composizione dei consigli regionali e del Parlamento italiano sta registrando una fuga dai ruoli di rappresentanza di tutti coloro che svolgono le professioni meglio retribuite. Il motivo è che se anche temporaneamente può risultare conveniente fare il deputato o il consigliere regionale, il rientro nel mondo del lavoro, a mandato scaduto, è difficilissimo sia nel privato (dove non si trova nulla di ciò che si lascia) che nel pubblico (eclatante il caso di un senatore sardo rientrato nell’amministrazione regionale e collocato in un sottoscala per due anni).
Forse è anche questo il motivo dell’alta percentuale di uomini politici nullafacenti presenti nel consiglio regionale sardo, come anche negli altri consigli regionali.
Bisogna ragionarci sopra.
Un modo per ovviare a questo utilizzo deviato della politica come rifugio personale e non come servizio pubblico, potrebbe essere una norma che reciti: «Il consigliere regionale/parlamentare percepisce durante il suo mandato lo stesso stipendio o reddito dichiarato prima dell’elezione», con ovvia determinazione di soglie minime (per i disoccupati eletti) e massime. A questa retribuzione si potrebbe aggiungere un monte finanziario di rimborsi spese che, se fosse fissato a 15000 euro l’anno sarebbe più che sufficiente.
Cozzerebbe con questa determinazione l’obbligo attuale per i dipendenti pubblici di collocarsi in aspettativa se eletti o nominati assessori o ministri.
Sebbene l’istituto dell’aspettativa obbligatoria serva a rendere completo e assorbente il mandato politico o amministrativo, è anche vero che in altri paesi europei non viene praticato, con risultati significativi di equlibrio personale e di efficienza amministrativa, perché chi continua a lavorare mantiene i piedi per terra, tiene stretti i legami sociali, non cambia tenore di vita, mantiene l’abilità all’esercizio del suo mestiere.
Infine, occorrerebbe modificare la disciplina del vitalizio, non revocandolo (fu inventato dalla Sinistra proprio per proteggere il rientro al lavoro di chi aveva svolto incarichi pubblici) ma disciplinandolo diversamente (sarebbe lungo parlarne qui ora), in modo da renderlo integrativo della situazione retributiva e previdenziale della persona piuttosto che sostitutivo del reddito, se non in casi specifici e ben normati.
Serve parlare di queste cose? Credo di sì, perché il livello della qualità politica si sta abbassando troppo e bisogna porvi rimedio.
Farei una netta distinzione tra cariche esecutive e legislative. Oggi chi ha il peso della responsabilità è la carica esecutiva. Questa andrebbe tutelata economicamente, a partire dal Sindaco del paese più piccolo. Personalmente non sopporto la piramide rovesciata dove le responsabilità aumentano alla base e si riducono nel vertice mentre gli stipendi seguono il senso opposto.
Sul versante legislativo, constatando amaramente che l’utilità generata sui cittadini delle poche leggi emanate dal consiglio regionale, provocatoriamente proporrei solo rimborsi spese; d’altronde ritengo che l’utilità prodotta in relazione al tempo speso in aula o in commissione da tanti consiglieri e/o parlamentari sia minima.
Forse senza una convenienza economica i nullafacenti catalizzatori di voti potrebbero non trovare interessante la politica e lasciare spazio a tante persone ispirate che però hanno un grave diffetto per i partiti: non portano voti. Prima i voti e poi le idee e i sani principi. Questo è il male congenito della politica.
Io non credo che il livello della classe politica si sia abbassato per questi motivi. E’ la mancanza della politica, un tempo rappresentata dai partiti veri, che ha determinato l’assalto alla diligenza da parte di chi intenda sistemarsi e sistemare amici e parenti. In tutto questo ha contribuito in maniera preponderante la vicenda di tangentopoli che ha spazzato via interi partiti lasciandone in piedi solo altri. Da qui è derivata o si è amplificata una sudditanza della politica alla magistratura che non giova al buon funzionamento delle istituzioni e contribuisce al fatto che le eccellenze vogliano stare lontane da quel mondo. Mondo che col tempo si è riempito di affaristi e personaggi in cerca di avventura e di una professione. Quanto al fatto che le eccellenze poi non trovino lavoro, può essere ma forse sono casi sporadici. Come anche quelli dei non rieletti che non trovano altra sistemazione magari nel sottobosco di cui la politica si nutre. Come già detto da altri lasciare decisioni di simile portata all’attuale ceto politico mi pare molto rischioso (vedasi ultima legge sarda con reintroduzione dei vitalizi e dei rimborsi con efficacia retroattiva). Purtroppo son in pochi quelli che si avvicinano a questo mondo perchè credono in una idea. Un tempo era diverso ma quel tempo non c’è più
Ammettiamo che chi ha lavori meglio retribuiti sappia di più (non ne farei una legge, anzi). La retribuzione voleva garantire proprio chi non aveva proprietà e capitali tali da poter trasferirsi a Roma e far vita parlamentare.
Direi che il problema è che, Berlusconi ha molta colpa, che non fosse necessaria una scuola seria di ‘politica’ ossia dell’arte del buon governo e della partecipazione consapevole alle decisioni. Ecco perché non abbiamo più persone di un certo livello e si è dovuti sempre ricorrere a quella che si ostinano a chiamare prima repubblica.
quello degli stipendi e dei vitalizi dei soggetti chiamati a ricoprire cariche elettive è un argomento da affrontare con la massima cautela. Non credo che gli attuali politici, parlamentari o consiglieri regionali, possano trattare in modo equo ed equilibrato la questione.
Si parla tanto di conflitto d’interessi. Quello dei politici che si autodeterminano lo stipendio e la pensione è un conflitto d’interessi ai massimi livelli, ma nessuno sembra farci caso.
Caro Professore, sono certo che lei parla in buona fede, ma si immagina quale sarebbe l’effetto di una norma quale quella da lei proposta ? Come minimo, oltre che delle soglie minime e massime, bisognerebbe stabilire che il consigliere regionale/parlamentare percepisce durante il suo mandato lo stesso stipendio o reddito risultante dalla media dei redditi dichiarati negli ultimi 10 anni. Altrimenti capisce bene che ci sarebbe una corsa, a ridosso delle elezioni, per farsi assumere come dirigente dell’azienda familiare per due mesi con reddito di 200.000 € l’anno, per poi passare in parlamento o in consiglio regionale e caricare queste spese sulla collettività. É una storia già vista.
Io proporrei una modifica più radicale: Gli stipendi dei soggetti chiamati a ricoprire cariche elettive dovrebbero essere stabiliti da un organismo/soggetto diverso e indipendente rispetto ai percettori. Sarebbe una conquista di civiltà.