Il mio medico è andato in pensione. È una questione banale: in un paese civile, basterebbe che tutti i pazienti del medico pensionato passassero al suo sostituto, al netto di coloro che intendessero cambiare.
In Sardegna no, vale il contrario. Tutti devono di nuovo scegliere il medico.
La cosa si complica se, pur risiedendo nella stessa Area socio assistenziale, il medico prescelto non appartiene allo stesso distretto di residenza del paziente. Apriti cielo! Perché apriti cielo? Per la prevalenza della forza degli apparati sui diritti individuali.
E quindi? Nessuna procedura abilitata on line, bisogna andare allo sportello. E qui inizia un’odissea tremenda che vi risparmio dove accade di tutto che inizia al telefono, per ore.
Ma questo è certamente niente rispetto a cose più importanti. Gli oncologici di Nuoro e provincia sono pressoché al fai da te farmacologico. Il fratello di un amico che combatte duramente la sua battaglia, ormai lo fa quasi da solo, cercando aiuto con le solite conoscenze quando proprio non ne può fare a meno. Si può appartenere all’elite economica della provincia e a quella politica regionale, ma l’incapacità si vede lo stesso, anzi, forse di più.
Si registra un abbandono, una deriva, una mancanza di governo dei servizi che ha del patologico. Per non parlare di ciò che accade con la medicinia specialistica territoriale, dove può capitare di incontrare eccellenze, ma anche di imbattersi in capre suinicole che fanno un’ecografia, dicono che è tutto a posto e sette giorni dopo il paziente scopre di avere un tumore al rene. Ma la più bella è stata di qualche anno fa (sempre dello stesso caproporco): ecografia regolare, con cistifella di dimensioni nella norma. Peccato che il paziente non avesse la cistifellea.
Non ci manca nulla a noi sardi. Siamo nelle mani del grembiule massonico camiciato, della fratellanza endoscopica, nel senso che, ormai, per rassegnazione, nell’intestino, a senso unico alternato, ci mettono di tutto.
A questo si sovrappone il clima e la realtà pandemici. I vaccini non hanno eliminato la necessità di controllarsi ogni tanto. Basta un naso che cola o uno starnuto in più e chi ha uno scrupolo, specie se svolge funzioni pubbliche, va a farsi un tampone.
Qui si scopre un’altra patacca italo-sardo. Dove si trovano i tamponi antigenici? Facile la risposta: in farmacia. Quante farmacie sarde hanno aderito al piano governativo per la somministrazione del test a prezzo calmierato e per la procedura di rilascio del Green pass?
Poco più di 200 su 619 totali.
Ma, e qui viene il bello delle follie autoritarie italosarde, le parafarmacie non possono fornire i tamponi antigenici. Perché? Per lo stesso motivo per cui non possono fornire farmaci se non da banco alle persone, ma possono farlo per gli animali. Qualche giorno fa, proprio nella parafarmacia del Sud (per il Nord uso una farmacia che è ormai un centro culturale di assistenza socio-culturale-sanitaria per la bontà del farmacista) che mi fornisce gli integratori buoni, ho assistito a una discussione terribilmente drammatica, tra un’anziana signora che chiedeva alla farmacista (che fa da consulente sanitario a tutto il vicinato) di prenotarle una visita medica e la povera farmacista a spiegarle che lei non poteva farlo.
La Sardegna ha un terribile ritardo nella digitalizzazione, specie in area rurale e periurbana.
Si ha un’idea di quante persone hanno ancora la necessità di stampare il famoso foglietto dopo aver effettuato la vaccinazione contro il COVID?
Quante persone hanno necessità di stampare le analisi del sangue senza doversi per forza recare agli uffici Asl?
Quante persone non sono in grado di prenotare una visita medica o pagare il ticket senza recarsi fino all’ospedale? Troppe. Questi sono tutti servizi gratuiti che si possono fare in farmacia ma non in parafarmacia, perché?
Non è questione di entrare nell’annosa querelle tra farmacie e parafarmacie, ma di porsi da un altro punto di vista, quello della diffusione capillare dei servizi nel territorio, quello della qualità della sanità pubblica, quello del rispetto dei cittadini costretti, invece, ogni qual volta c’è di mezzo il sistema sanitario nazionale, a prendere un giorno di ferie per risolvere i problemi.
Invece, a Quartu, si vuole mandare il servizio dialisi al Marino (questo luogo misterioso dove prima si volevano mandare i malati di sclerosi multipla, adesso i dializzati). Perfetto: prima ciò che fa comodo a chi deve utilizzare strutture senescenti, poi la comodità dei cittadini. Un capolavoro, come sempre nell’eredità borbonica, di autoritarismo burocratico.
In sanità serve urgentemente un commissario all’intelligenza, perché si sta rischiando il calcio chiappato di collo pieno con lieve torsione tibiale.
A proposito della menzionata guerra intestina alla massoneria cagliaritana:
https://www.giornalia.com/articoli/un-oriente-da-rottamare-una-massoneria-da-riformare/
Così, segnalazione per i non addetti ai lavori.
Tutto giustissimo ma che c’entra la Massoneria?
Sarà pure che agli alti livelli, ma che si interessino anche del medico di famiglia… non è credibile! Già in questo periodo sono alle prese con una terribile guerra interna, non gli carichiamo addosso anche le colpe che non hanno!
ma come?
non era stato risolto tutto con il numero chiuso nelle facoltà di medicina?
Siamo davvero messi così male? Per il medico andato in pensione anch’io sono dovuta andare in via Romagna e scegliere un nuovo medico tra quelli che non avevano ancora superato il limite dei pazienti. Ricordo però l’odissea di una mia amica che ha perso la sua battaglia con un tumore e i rimproveri che subiva quando rientrava da Milano dove sostenevano che la chemio fosse sbagliata mentre a Cagliari le dicevano che quello che fanno a Milano fanno anche a Cagliari allo stesso modo. Per esperienza personale io frequento la clinica psichiatrica di Carpiniello a Cagliari per una depressione e posso dire che ho trovato sensibilità e professionalità. Però una capra al csm di Via Romagna l’ho trovata anch’io
Condivido tutto, carissimo Paolo, anche dal mio interessato punto di vista di Medico di famiglia (maiuscolo per rispetto dell’attività che svolgo e non per particolari meriti personali).
Però, per cambiare lo stato delle cose, sono necessari quei poteri di cui tu spesso parli, senza i quali non si può fare niente e che deriverebbero dalla elezione di amministratori della cosa pubblica veramente affrancati dalla politica italiana e dai suoi condizionamenti.
… “scrivi qualcosa”…
Si custa pàzine, nessi custa, la leziant sos chi bi sunt con le mani in pasta tiant dèpere deretu fàghere carchi cosa!!!
Ma a bi lezent?
E si las ischiant prima, ca issos bi sunt innanti e las depent ischire prima, tiant a àere fintzas proadu a las fàghere!!!
O no tenent tempus? O sunt ispetendhe chi totu sas bidhas serrent a desertu e si che ammunonent in tzitade a… fàghere “punto e capo”?! (mancari cun issos, sos chi ‘guvernant’, in pensione)
…e un commissario intelligente dove lo si trova? Rischi un altro lumbard.