È stato pubblicato un breve saggio sulle dinamiche demografiche delle isole del Mediterraneo.
Lo potete leggere qui.
Il dato, ben noto, ma qui ottimamente rappresentato, della denatalità sarda, è quello più significativo.
Negli anni Cinquanta ogni donna sarda faceva mediamente 4 figli; oggi 0,95.
Perché non facciamo più figli? Perché abbiamo paura del futuro.
Perché abbiamo paura del futuro? Perché ognuno ha talmente paura per la propria sussistenza da temere la paternità/maternità piuttosto che desiderarla. Vivere in Sardegna è difficile. Sopravvivere è possibile, ma ovviamente si preferisce sopravvivere da soli.
Perché è difficile vivere in Sardegna? Per i due isolamenti: quello interno e quello esterno.
L’isolamento esterno ha raggiunto il suo apice con la Giunta Solinas: siamo alla peggiore condizione dei trasporti dal dopoguerra a oggi e questa tragedia seppellirà la Giunta sardo-leghista insieme alla questione (im)morale (che non è la questione giudiziaria, è invece il clima da verminaio paludoso che circonda i palazzi del governo, una situazione che più che riguardare la magistratura e le forze dell’ordine, in ferie per l’area di governo, col coltello tra i denti per tutti gli altri, senza più eccezioni per il Pd dopo il pensionamneto della generazione del ’68, riguarda lo stomaco di tutti).
L’isolamento interno, quello che sta spopolando le campagne e i centri minori per decadenza dei diritti e dei servizi è la grande rimozione della cultura politica sarda e non c’è da ben sperare, perché i quarantenni e i cinquantenni che probabilmente ci governeranno nel prossimo futuro non conoscono la storia della Sardegna, non hanno letto i libri fondamentali della questione sarda e affronteranno questi problemi secondo fallimentari modelli di gestione calibrati su altre situazioni e su altre esperienze.
Un’ultima annotazione. A me verrebbe facile dire che i migliori risultati di sviluppo sono stati raggiunti da Malta e Cipro, le due isole sovrane, ma non sarebbe completamente vero, perché notevoli risultati ottengono la Corsica (con un sistema di trasporti efficiente) e le Baleari, con un turismo vincente.
Ed è proprio di turismo che dobbiamo parlare. Il turismo sardo è parassitario, si lamenta della stagione corta, ma in realtà la apprezza, perché fare margini di grande rilievo in poco tempo è ritenuto migliore e più comodo che farne anche il doppio ma con maggiori costi. È la logica dell’antropologia sarda del Seicento, quella che più duramente sopravvive: fare soldi in fretta per vivere di rendita a lungo. La rendita rende liberi per molti Sardi, non il lavoro. C’è da pensarci.
Io personalmente non vedo un futuro per le mie figlie qui in Sardegna.
L’isola è diventata bella per farci le vacanze e per i figli dei potenti.
Gli altri o vanno fuori o si accontentano dei posti da cameriere e manovale.
Sono contento che una delle mie figlie abbia trovato la sua sttada a Milano, dove ha studiato e vive ormai da oltre dieci anni.
La seconda la sta per seguire.
Avranno comunque una casa in Sardegna dove passare le vacanze.
Questa è oggi la realtà sarda.
Concordo su alcuni passaggi dell’articolo ma su altri ho un altra interpretazione. Il non fare figli non indica solamente terrore del futuro e soprattutto non sempre è legato a condizioni di mera sopravvivenza di potenziali genitori. Sono migliaia i casi di famiglie con redditi elevati e posti di lavori sicuri e garantiti a vita che non vogliono avere figli oppure ne mettono al mondo solamente uno. Da noi probabilmente il primo elemento da demolire è il detto “chi si accontenta gode”, sia per gli aspetti professionali che per la qualità di vita complessiva. Molto spesso mi viene da pensare che gran parte della popolazione sarda sia diventata aceto senza prima essere vino. Siamo passati rapidamente dal medioevo a internet e siamo tutti molto molto comodi nello spendere la ricchezza che (per fortuna) producono altri.
p.s. chiedo alcuni titoli fondamentali per approfondire la questione sarda
Niente di più vero. Esiste però ancora una generazione di 50 – 60enni che molto ha visto e studiato. Ma soprattutto ha la cultura di vedere quel che sta accadendo ora. Coniuga esperienza con la capacità di confronto con la attuale drammatica realtà. Forse la Sardegna non ha ancora perso, nonostante Solinas e la sua corte di nani analfabeti.
Drammaticamente giusto.
Non perché con ambizioni di governo nel prossimo futuro…ma giusto qualche suggerimento sui
“libri fondamentali della questione sarda”?
Grazie,
buon lavoro.