C’è qualcosa di terribilmente inumano che si sta svolgendo nelle due Procure della Repubblica di Cagliari e di Tempio.
Ed è terribile perché è una replica della forza degli apparati rispetto alla debolezza dei singoli. Quando i poteri dello Stato si mettono in moto è difficilissimo che tornino indietro subito, hanno bisogno di anni per ammettere un errore o per correggere una procedura o, peggio, per far comprendere che qualcuno dello stesso apparato non si è comportato al meglio di sé.
Questa volta il tema è il valore delle carte e delle persone.
A Cagliari tiene banco l’indagine pluriennale sul bando delle linee per Calasetta e La Maddalena che ha portato al sequestro delle navi e dei conti della Delcomar. La novità, per me, è stata scoprire in questi giorni che la Delcomar, quando ha presentato le carte sulle ex navi Saremar, non disponeva ancora di quelle navi, che erano in mare a navigare su quelle rotte gestite ancora dalla Saremar. Da chi ha attinto le schede su quelle navi la Delcomar che ancora non le gestiva? Dalla perizia depositata in tribunale dal perito della Saremar in vista della vendita delle navi. Non solo mancava dunque l’interesse a falsificare alcunché, ma mancava anche materialmente la possibilità di farlo perché le navi e le carte, predisposte dalla Regione, non erano nella disponibilità di Delcomar. Non solo: il bando non escludeva in alcun modo la partecipazione alla gara delle navi ex Saremar.
Insomma, qualcosa sfugge. Non sfugge, invece, ricercando in rete, che sulla Delcomar-Saremar ci fu uno scontro durissimo tra la società e importanti esponenti politici. Se l’indagine ha assunto come perimetri reali quelli incerti e accesi dello scontro politico e sindacale (legato al passaggio dei contratti degli addetti), allora ci sarebbe da annichilire, da ritirarsi sui monti sperando che questo potere arbitrario della giustizia non ti raggiunga anche lì. Personalmente ho sperimentato sulla mia pelle quanto spesso durante le indagini si ignori che l’art.194 del Codice di Procedura penale impedisce di utilizzare i testimoni sulle “voci correnti”. Io sono un sopravvissuto delle “voci correnti”, ma le vittime continuano a morire nei tribunali d’Italia.
A Tempio, poi, sta accadendo qualcosa di grave e di incredibile che però è effetto degli anni bui che hanno preceduto l’arrivo del nuovo procuratore. Si rischia un terribile errore di giustizia. Detto in due parole: per l’alluvione del 2013 sono stati assolti tutti i sindaci implicati nell’espansione urbanistica di Olbia nel corso degli anni, sia quelli che la hanno deturpata sia quelli che hanno cercato di rimetterla in ordine. Le ragioni dell’assoluzione credo stiano in un fatto evidente: l’assenza di dolo. Si costruiva in tempi di stagione secca, direi secchissima e non si immaginava il cambiamento climatico che invece è in corso. Giusto o sbagliato che sia, ha una sua ragionevolezza, anche perché mette in evidenza che fare le stesse cose oggi o non proteggere la città oggi ha chiaramente un altro valore.
Adesso però è paradossale che a giudizio sull’alluvione del 2013 ci siano solo due assessori giovani (nati alla fine degli anni Settanta) della Giunta Giovannelli, i quali, quando si costruivano le case di Olbia nella paludi o gli alberghi sui fiumi e sui canali, pensavano alle ragazze e agli studi, non certo al mattone. Strano!
Ma ancor più strano è che durante il processo per i sindaci siano scomparsi dei faldoni, i quali adesso stentano a ricomparire per il processo ai giovani assessori chiamati a rispondere della storia (altrui). Un errore può capitare a tutti. Una sentenza con atti smarriti può capitare a tutti. Un vai e vieni di carte con gli artefici dell’espansione urbanistica assolti e quelli che ai tempi dei palazzi sui fiumi erano spettatori e da assessori cercarono disperatamente i soldi per mettere a posto le cose, invece, imputati non è sospetto, è drammatico, è la manifestazione della forza degli apparati che con i singoli possono permettersi anche di mostrare o non mostrare ciò che pare loro. Così non è un processo. È un drammatico massacro morale da cui un singolo non si capisce come possa difendersi.
…ma custa ‘zustíssia’ no ischit it’e fàghere?! E nàmuli puru ‘zustíssia’… ma sunt pessones cun númene e sambenadu, e tandho fintzas cun, no isco si libbertade, ma de seguru responsabbilidade. Est totugantu unu “marasma senile”? O de cudhos chi una ndhe pessant e chentu ndhe faghent? (e goi 99 chentza pessare!)