Ho letto il tritacarne riservato alla Delcomar, colpita da un Decreto di sequestro del Tribunale di Cagliari, su richiesta della Procura. Ci sono aspetti su cui tornerò, perché affermare che la Regione eroga contributi sulla continuità territoriale è un errore; la Regione ristora parzialmente costi. Come pure, confondere la velocità massima possibile delle navi con quella di crociera è come sostenere che un’auto che può andare a 180 km/h debba andare sempre a 180 all’ora per poter circolare. Ma ci torneremo, se avrò tempo.
Oggi voglio fare un altro percorso. Voglio dare un contributo di lettura degli atti, di tutti gli atti disponibili in rete e che quindi potevano e possono essere verificati da tutti, compresi i periti e la Polizia Giudiziaria.
L’Accusa
Il decreto di sequestro si apre con l’accusa all’amministratore della Delcomar di aver dichiarato il falso sulle caratteristiche delle proprie navi: «attestava falsamente ai pubblici ufficiali della Regione Sardegna, nella dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà resa ex artt.46 e 47 DPR 445/2000, il possesso dei requisiti previsti dal bando di gara con riferimento alle dotazioni richiese per le persone a mobilità ridotta (P.M.R.), all’idoneità al trasporto di merci pericolose, alla capienza di passeggeri e alla velocità delle imbarcazioni (velocità di nove nodi contro i dieci nodi previsti dal bando)».
Il “dettaglio” dimenticato: navi di proprietà della Regione Sarda fino al 2015
Quali sono le navi sulle cui caratteristiche l’amministratore avrebbe mentito? I traghetti: Arbatax, Isola di Santo Stefano, Isola di Caprera, La Maddalena. È il loro nome che mi ha fatto sobbalzare, perché sono traghetti che ho preso mille volte. Sono le navi che fino al 2015, cioè fino a un giorno prima della pubblicazione del bando per la continuità territoriale delle isole minori erano della Saremar (basta visitare anche la pur discutibile precisione di Wikipedia per verificarlo), la società di navigazione della Regione Sardegna che ha gestito il servizio fino al 2016.
Di questo fatto, indispensabile per capire gli aspetti dolosi o colposi della vicenda, non vi è traccia nel decreto di sequestro, se non in forma incidentale a p.39, laddove si ricoda che una delle navi era di proprietà Saremar. La cosa ha non poche conseguenze, come si vedrà.
Breve storia semplice della Saremar
Facciamo un passo indietro. Quando si insedia la Giunta Pigliaru, si trova tra le mani la bruttissima gatta da pelare della Saremar, in drammatico passivo dopo l’avventura della Flotta Sarda e gravata da un’insidiosissima procedura di infrazione dell’Unione Europea. Il dossier, uno dei più difficili insieme a quello dell’Aeroporto di Alghero, venne preso in mano, con responsabilità e sapienza, dall’allora assessore Massimo Deiana, che io stimavo e stimo molto, il quale, in una certa solitudine perché tutti avevamo paura di rimetterci la testa e il patrimonio, riuscì a liberare la Regione da questi due fardelli (sebbene incredibilmente la procedura di liquidazione della Saremar sia ancora attiva e generi compensi per i liquidatori).
Tra le altre cose, cosa fece Deiana? Fece due bandi, uno per le linee e uno per la vendita della navi Saremar. Chi le acquistò? La Delcomar, che in parte le rivendette e in parte le utilizzò per partecipare alla gara delle linee. Questa la premessa. Ora le domande.
Domande
Prendiamo la principale delle contestazioni alla Delcomar: aver certificato il falso sul trasporto delle Persone con Mobilità Ridotta.
Secondo la Procura di Cagliari la Regione avrebbe predisposto un bando di gara nel 2016 tale per cui chi avesse acquistato le navi Saremar, che navigavano su quelle linee sotto la bandiera della compagnia di navigazione regionale, non avrebbe potuto utilizzarle per le linee messe a bando?
Prestiamo attenzione: la Procura non contesta l’abilitazione a navigare delle navi, certificata dal Registro navale, ma la presenza nel bando predisposto dalla Regione di clausole di esclusione per le navi che non avessero rispettato i requisiti per le “dotazioni richieste per le persone a mobilità ridotta (siglate PMR)”.
Le leggi
Sono sigle difficili per le persone comuni, comunque non è difficile reperire in rete le leggi di riferimento.
Tutto parte dalla Direttiva europea 2003/24/CE, che viene recepita nella Repubblica italiana con il Decreto legislativo 52/2005, leggendo il quale, però, voi non capireste una cipolla perché questa legge è un elenco di modifiche al precedente Decreto legislativo del 4 febbraio 2000, n. 45. Finito il tour nei labirinti delle leggi italiane, bisogna aggiungervi un altro atto, la Circolare 10/SM del Ministero dei trasporti del 4 gennaio 2007. Questo è il perimetro normativo su cui si basa la formulazione del reato.
Prestiamo attenzione a una disposizione della Circolare 10/SM/4.01.2007: al comma 5 la circolare prevede per le navi con chiglia costruita prima dell’ottobre 2004 l’obbligo di «di conformarsi, per quanto fattibile, agli orientamenti contenuti nell’allegato III al decreto stesso concernente “Orientamenti sui requisiti di sicurezza delle navi da passeggeri e delle unità veloci da passeggeri per le persone a mobilità ridotta”». E qui mi sono subito ritrovato (male) nell’Italia peggiore, quella delle grida manzoniane, delle norme pensate per rendere contemporaneo un obbligo e un’esenzione, lasciando il cittadino che opti per l’uno o per l’altra in balia del giudice. Infatti, che cosa vi dice quel “per quanto fattibile“? La legge stabilisce un obbligo, ma poi lascia una finestrina aperta per non adempiervi o adempiervi in parte, e si capisce bene perché, perché se si fosse imposto un obbligo perentorio, tre quarti del naviglio italiano sarebbe andato in discarica.
La circolare 10/SM, però, non lascia le cose in questo limbo e al comma 7, dopo una narrazione che racconta il percorso fatto coinvolgendo gli armatori e il Registro navale, precisa che gli adeguamenti, in precedenza definiti “obbligatori per quanto fattibile” divengono oggetto di un Piano d’azione nazionale per l’applicazione degli orientamenti di cui all’allegato III e, soprattutto, vengono iscritti nella categoria degli interventi obbligatori «per quanto ragionevole e possibile, in termini economici».
Che cosa fa la Regione attraverso la Saremar dal 2007, data della circolare, al 2016, data della vendita delle navi e del bando delle linee?
Naviga, la Regione naviga perché ritiene correttamente di stare dentro quanto previsto dalla circolare 10/SM e dei suoi allegati, cioè dal Piano di azione nazionale per l’adeguamento del naviglio alle norme europee.
Infatti, e questo è il punto, il naviglio Saremar è tutto precedente, in termini di costruzione al 2004, cioè rientra tra il naviglio con “obbligo derogato” previsto dalla circolare 10/SM, cioè tra quel naviglio cui era consentito adeguarsi solo per quanto ragionevole e possibile in termini economici.
Prima conclusione, dunque, di cui possiamo essere certi: la Regione mise in vendita nel 2015 navi che ottemperavano, seppure in deroga, gli obblighi previsti per l’adeguamento alle disposizioni sulle PMR. La Regione non fece un bando cialtrone vendendo “naviglio da rottamare” come “naviglio da navigare”, questo va detto con chiarezza. Come va detto con chiarezza che l’obbligo degli adeguamenti “ragionevoli e possibili economicamente ” eventualmente apportabili sulle navi Saremar non erano in capo alla Delcomar, che in quel periodo di tempo non possedeva quelle navi, ma alla Saremar, cioè alla Regione. Ma il perito tecnico della Procura (che ha un ruolo enorme in questa vicenda ma che avrebbe meritato un contraddittorio severo di fronte al giudice prima di essere assunto come verbo indiscusso) si perita di affermare a p.27 del decreto di sequestro che gli adeguamenti delle navi che sarebbero dovuti avvenire entro il 31.12.2008 e che il perito ritiene non realizzati evidentemente dalla Saremar Regione Sardegna (ma sarebbe interessante vedere che cosa ne direbbe un altro perito), sarebbero comunque dovuti essere realizzati dalla Delcomar prima di partecipare al bando. Siamo in un mondo paradossale.
E dunque si giunge a un altro punto incontestabile: Delcomar certifica, in un bando gestito dalla Regione nel 2016, le caratteristiche delle navi che fino al 2015 erano della Regione e che mentre era in corso il bando erano in servizio sulle rotte oggetto del bando.
Che interesse aveva a mentire?
Nessuno, a meno che il bando, fatto dalla Regione, non escludesse tassativamente il naviglio costruito prima di una certa data e inseribile nelle categorie derogate dalla circolare 10/SM. Andiamo a leggere il Bando.
Le carte del Bando della Regione
Bisogna avventurarsi in un mare di carte e giungere all’Allegato tecnico. Alla p. 4 del dpf si legge:
Requisiti di sicurezza per le Persone a Mobilità Ridotta (PMR)
A tutela e garanzia delle pari opportunità di trasporto delle persone a ridotta capacità motoria, le navi dovranno essere conformi alle disposizioni della Circolare della Direzione Generale per la navigazione e il trasporto marittimo e interno n. 10/SM protocollo n.151 del 04/01/2007 e successive modifiche e integrazioni. Come previsto dal Contratto di Servizio, artt. 17 e 23, qualora le unità navali offerte non posseggano parzialmente o totalmente i requisiti indicati alla lettera G dell’Allegato I alla suddetta Circolare, esse dovranno adeguarsi a tali previsioni entro e non oltre 1 anno dall’aggiudicazione del servizio, salvo impedimenti insormontabili esclusivamente di carattere strutturale e tecnicamente dimostrabili, fermo restando che non vengano ridotti i requisiti minimi previsti per le unità navali e quelli risultanti dalla aggiudicazione”.
Analizziamo: la Regione si guarda bene dall’escludere dalla gara le navi derogate dalla Circolare 10/SM e dunque espressamente giunge ad affermare che qualora le navi non si siano adeguate parzialmente o totalmente (e questo la dice lunga sulla sicurezza dle perito che tutte le navi dovessero adeguarsi entro il 31.12.2008), debbano farlo entro un anno a meno che questo non comporti il venir meno dei requisiti minimi previsti per la partecipazione alla gara. Ciò significa, per esempio, che se la costruzione di un ascensore per disabili a bordo di una nave, comportasse la riduzione dei metri della nave ritenuti essenziali per i posti auto, l’armatore sarebbe esentato dal realizzarli.
Ebbene, mentre il decreto di sequestro riprende dalla perizia la norma del bando che prevede l’obbligo di adeguamento delle navi entro un anno e lo addebita alla Delcomar, non richiama mai la previsione presente sempre nel bando che contempla che tali adeguamenti possano non essere realizzati se questo comporti il venir meno dei requisiti minimi previsti per la partecipazione alla gara.
Conclusione
È evidente che il quadro della vicenda non è ricostruito con il dovuto scrupolo e con l’auspicabile precisione. E quando si è in situazioni simili, prima di procedere a sequestri e gogne sarebbe opportuno confrontare le perizie, verificare i dati, interrogare gli indagati, affidare cioè non ai propri convincimenti ma alla dialettica delle parti e delle interpretazioni la ricostruzione della realtà, prima di prendere decisioni. Ma in Italia questo è arabo. Mi sembra di rivivere l’incubo Abbanoa: una perizia discutibile portò esattamente, come in questo caso, a misure interdittive e cautelari. Poi, ma sempre tardi, tutto si chiarì, ma nel frattempo…
Anche io coltivo il sogno di Franco Sardi : le istruttorie errate debbono avere una cassa di risonanza maggiore rispetto alle ipotesi iniziali rilevatori errate. Ma sarebbe sufficiente in questa Italia applicare i diritti dei cittadini europei ( art. 47 e seguenti della carta dei cittadini europei) che prevede un contraddittorio effettivo prima di effettuare accuse.
emergono secondo me due verità:
la prima è che per capire qualcosa occorre andare a frugare le carte-i documenti-le normative -le circolari e ciò richiede pazienza-perspicacia-pervicacia quasi maniacali
la seconda è che chi sceglie di indagare la vita degli altri è pagato per cercare di capire e farlo bene perchè farlo non bene spesso è il presupposto per rovinare la vita degli altri
Grazie Maninchedda.
Il funzionamento della giustizia è un problema nazionale che nessuno più riesce a risolvere.
Speriamo che la continuità con le Isole Minori che con la Delcomar si era potuta finalmente realizzare non ne risenta e che presto si possa chiarire tutto, con meno danni possibile ed a beneficio delle Persone coinvolte, dei cittadini, del servizio.
Guarda guarda ….oggi su Dagospia, per fatti diversi…. (l’assoluzione dell’ex amministratore di Eni Scaroni, per le vicende Nigeriane) Di Pietro arriva a conclusioni simili.
Persino lui… capisce che nelle procure qualcosina non va!
Ho fatto l’esperienza dei primi bandi per le compensazioni degli Oneri di Servizio Pubblico (OSP), 14 anni fa in carico all’Agenzia Regionale del TPL. Poi ho vissuto la vicenda della Saremar – Flotta Sarda, tutto quanto sostieni è incontrovertibile.
Ho anche sperimentato il peso di indagini, fondate sull’ignoranza delle procedure amministrative da parte delle Procure.
Coltivo un sogno: prima di morire vorrei vivere in uno Stato che obblighi gli inquirenti a pubblicare gli esiti a loro sfavorevoli con evidenza doppia rispetto al clamore ricercato al momento dell’avvio delle vicende giudiziarie.
Forse non ce la farò e mi accontenterei di due subordinate:
tempi di prescrizione rapidi
l’avvio di una riflessione collettiva e profonda sul disastro provocato alla Repubblica da Mani pulite (e dai suoi epigoni) e su una magistratura che non ricorda più Montesquieu
… a lèzere e cumprèndhere irbadhinat fintzas sos periti? Tzertu chi a ‘navigare’ in d-unu ‘mare di carte’ bi cheret corazu! B’at arriscu de si pèrdere, di perire! Chentza mancu navigare.
… a prescindere ( altrimenti facevo il Nautico anziché le Industriali ) dalla lettura delle Norme Bandi e Leggi legati al Naviglio e alla Navigazione ..perché la Procura prima di emettere un Atto di Sequestro non procede “PRIMA” alle dovute verifiche e controverifiche di tutto il Pacchetto …e delle stesse motivazioni di chi mette in moto tutto il casino ?