La tesi che intendo sostenere è che la Coldiretti non solo non difende l’interesse pubblico della Sardegna in campo agricolo, ma che invece essa è un soggetto privato, che agisce come tale per il proprio esclusivo interesse, non necessariamente e spesso in contrasto con l’interesse generale dei sardi perché strumento di un potere economico italiano, spesso in contrasto con gli interessi dei sardi, con ambizioni monopolistiche.
I più accorti potrebbero dire che tutto questo è talmente evidente che non serve ribadirlo; ma la gran parte dell’opinione pubblica fa ancora l’errore di confondere un sindacato di imprenditori agricoli con il rappresentante dell’interesse pubblico in agricoltura.
Non è così, e anzi sempre più voci si stanno levando per contestare la deformazione delle relazioni di mercato e di rappresentanza degli interessi in agricoltura che le strategie di Coldiretti spesso determinano.
Ricordiamo alcune delle operazioni svolte dalla Coldiretti in terra sarda o con gravi riflessi in terra sarda: 1) la liquidazione delle APA, con la conseguente migrazione definitiva nella penisola italiana di tutto il sapere genealogico sugli ovini e sui bovini della Sardegna; 2) la liquidazione dell’Ara, con l’intero sistema lattiero-caseario della Sardegna attualmente privo di sicurezza igienico-sanitaria; 3) l’attacco al Pecorino Romano, la più antica Dop sarda, attraverso il sostegno al marchio Cacio Romano; 4) l’acquisizione della Società Bonifiche Sarde da parte della società Bonifiche ferraresi.
Un breve approfondimento, per esempio sulla liquidazione Aras. Nella totale indifferenza della politica agricola, si è consumato un delitto efferato contro il mondo pastorale che mobilitò la piazza con i cosiddetti pastori autonomi, supportati per regia e presenza mediatica da mani esperte, negli indimenticabili primi 6 mesi del 2019.
Cos’è successo?
Nella totale indifferenza dei media, che non hanno per niente compreso la portata dell’evento, e nella premeditata assenza dell’Assessora dell’Agricoltura e del Presidente della Giunta, sempre giulivamente distratti dinanzi alle questioni serie, il sistema di garanzia sanitaria che prevede specifici requisiti di raccolta e trasformazione del latte, come previsto dal regolamento CE n°853/2004, dal 31 dicembre del defunto 2020, non gode più del supporto prezioso ed indispensabile del laboratorio ex ARAS, cioè, in una parola, non esiste. Finita l’Aras, finita la garanzia sanitaria. C’è da chiedersi il perché di tanta follia e di tanta non curanza.
Personalmente giudicai “incomprensibile” la messa in liquidazione dell’ARAS da parte di due solerti dirigenti della Coldiretti, con il placet – per me ancora più incomprensibile – della Regione durante la Giunta Pigliaru con il rilascio della cosiddetta omologa alla modifica statutaria che di fatto autorizzò l’incomprensibile e ingiustificata liquidazione( bilanci a posto e crediti verso la P.A. di svariati milioni di €).
Ora vengo a sapere della nuova società AARS, Associazione Allevatori della Regione Sardegna. Si voleva chiudere l’Aras e far nascere dalle sue ceneri l’AARS e per far questo si è pensato di mettere fuori gioco il sistema di garanzia sanitaria del latte in Sardegna? Si è diventati matti o si è talmente egemoni, prepotenti e impuniti da poter pensare di realizzare disegni così infausti?
Ma la questione è ancor più grave, dati gli sviluppi in corso, per quanto riguarda l’acquisizione della Società Bonifiche Sarde da parte delle Bonifiche Ferraresi. Fu un’operazione di privatizzazione, mi pare l’unica, portata a termine dalla Giunta Pigliaru in perfetta buonafede, cioè considerando Bonifiche Ferraresi una società avanzata del mondo agricolo, robusta finanziariamente al punto da avere Cassa Depositi e Prestiti al suo interno (e anche prendendo atto della cecità dimostrata dai soci della cooperativa di Arborea a non voler partecipare alla gara e a non percorrere neanche strade alternative che pure erano state indicate). Adesso fioccano le interrogazioni parlamentari su un annunciato e denunciato incrocio azionario tra Bonifiche Ferraresi, la nuova società dei Consorzi agrari, la Coldiretti e quant’altro. Si capisce ora che a concorrere allora al bando sardo non fu un pezzo del mondo privato interessato a fare davvero agricoltura, ma un pezzo di finanza parapubblica interessata a fare finanza. Oggi quell’operazione è il tappo più vincolante alla bonifica del territorio di Arborea perché quelle campagne servivano a svuotare le stalle e ridurre il carico mentre oggi stanno dentro un gioco di capitalizzazioni, valorizzazioni e rendite non semplicissimo da intendere, ma sicuramnete indifferente all’equilibrio ambientale delle campagne arborensi. L’informazione deformata ogni volta che c’è la Coldiretti di mezzo confuse il quadro di quel momento e ciò fu fatale per tutti noi.
La temibilità dell’equivoco politico della Coldiretti, sindacato-società italiana in terra sarda con spiccata vocazione a non riconoscere gli interessi nazionali dei sardi, cioè quegli interessi specifici e legittimi che come Sardi vorremmo interpretare anche in concorrenza con quelli altrui, emerge dai continui scambi di dirigenti tra i ruoli apicali del Ministero delle Politiche agricole e per l’appunto i dipartimenti e i servizi della Coldiretti. Adesso, anche su questo tema, cominciano le interrogazioni parlamentari.
Questo risultato di drammatica subordinazione dell’agricoltura sarda a un’egemonia politica, finanziaria, amministrativa e anche culturale mai vista prima, è dovuto all’aver scorporato gli interessi agricoli della Sardegna dagli interessi nazionali sardi per trasformarli in banali interessi economici di categoria. Dalla debolezza di pensiero è nata la servitù sindacale, la condizione di scacco di molte imprese di trasformazione, la lentezza nelle trasformazioni, l’inadeguatezza delle leadership, il ribellismo come minaccia costantemente latente, la ricchezza potenziale continuamente spenta dall’educazione alla ricerca della rendita garantita politicamente. Questa è l’eredità della Coldiretti: arretratezza, controllo, dominio, sopravvivenza.
Egregio sig. leoni, sicuro di avere buona memoria e di essere bene informato? perché io ho memoria quotdiano, al grammo non a tonnellata del mio impegno politico. Mi sono occupato di Apa e di Ara da consigliere regionale, piuttosto che da Assessore, peraltro dei Lavori Pubblici. Da Assessore mi sono occupato con uno sforzo sovrumano e solitario dell’Apa di Nuoro. Poi venni sconfitto dalla forza romana della Coldiretti e di altri che ottennero il commissariamento e la liquidazione. Si informi bene.
Professor Maninchedda, tutto vero quello che dice e c’è anche di peggio, spero che qualche giudice integerrimo faccia chiarezza sulle tristi vicende A.P.A. – A.R.A.- A.A.R.S. a livello locale e qualche altro faccia luce sullo scandalo a livello nazionale, purtroppo e mi dispiace dirlo non confido nella forza della politica, di quella attuale, per debellare questa occupazione cancrenosa di tutte le poltrone da parte di COLDIRETTI e non confido nemmeno nella base e cioè nei soci Coldiretti e delle A.P.A. , sempre pronti a sventolare le bandierine gialle come marionette.
Solo una domanda, prima durante e dopo l’ assalto dei “romani” alle A.P.A. e all’ A.R.A. lei era a capo di una assessorato molto importante e influente, è stato interpellato ed è stata richiesta la sua mediazione in alcuni incontri e aveva anche promesso di portare ASSONAPA in Sardegna, Le chiedo, E’ sicuro di aver fatto tutto quello che poteva o anche lei come i dirigenti locali COLDRETTI ha dovuto cedere ai soliti ricatti romani ?
Caro Giovanni, io ho sempre avuto gli occhi aperti al punto che di certo non ero e non sono amato da chi governa le campagne. Non so se tu abbia avuto gli occhi limpidi nel guardarmi o se fossi annebbiato dal pregiudizio di ostilità verso chiunque facesse politica.
Caro Paolo gli occhi dovevi aprirli qualche anno fa, meglio tardi…L agricoltura in Sardegna l abbiamo sempre bistrattata, queste sono le conseguenze, che hanno lasciato terreno fertile ai furbi, ovviamente con la complicità dei politici.
E vorrei sottolineare che per liquidare le Apa sono stati fatti scambi di dirigenti tra Apa appunto e Coldiretti.
La soluzione per ARA e APA l’aveva trovata il Consiglio in cui sedevi a luglio del 2009, poi si è solo boicottato. Povera Terra nostra
Chiarissimo, purtroppo. In difesa del prodotto sardo tutto e dei lavoratori dell indotto lattiero caseario in specificità, suggerirei una petizione su change.org: non so se funziona ma smuove l opinione pubblica di certo.
Grazie e cordiali saluti
In italianu tiant nàrrere (faedhendhe de s’issoro) chi inoghe s’est fata (o l’ant fata sos chi l’ant fata e la faghent?) una política imbecille, cretina, stupida, autolesionista.
Si tiat pòdere nàrrere maca, iscabilada, irbariada, cun sos cherbedhos in abba che ou sciaculadori, de chie, si zughet unu tzapu in manos, si lu corpat a sos pes (suos e de àtere) pro s’istropiare (o istropiare nessi sos àteros), e si manizat unu martedhu si lu corpat a conca (sua o de àtere) e mancari prus tosta de sa preda ferrina nessi unu tzoellu faghet (e totu tzoellos a su puntu de si nàrrere becosos), totu fàgheres speciali e cosas speciali, chentza mai cussiderare chi sos machines, e fintzas sos macos, sunt in prenu speciali; si tiat pòdere faedhare de una política ‘sarda’ infame (de sa ‘classe’ política nono), autolesionista (de sa ‘classe’ política nono), ‘irrichida’ a malistropiadura cun sa cultura de s’ignoràntzia (a balentia e presuntzione) e de s’ispudu (su lorodhu) a cara a Deus in chelu (chi puru at fatu sa Sardigna rica de benes chi mancu una regione italiana li assemizat), ma lorodhu in conca (o fintzas in cara, ma chentza birgonza antzis a bantu, si no sentit birgonza su brunzu), abbaidendhe che innóchidos cantu in artu che lu faghent pigare, a punticheli che pisedhina zoghendhe.
Qui tutto a posto. Che a su machine in conca e in manos nostras. In manos anzenas, e a chie podet ispérdere e mandhare innoromala de prus, cosa e zente, totu s’àteru.
Si carchi mauledhu de batulinu (cudhu “RAS” chi naraiat Lussu? Un’àteru, mih!, custu puru eroe a fàghere a cumandhu sa gherra contr’a sos nemigos de s’imperu asbúrgicu!… iscusade: contro i nemici della patria), naro si carchi mauledhu o píulu de pudhighinu donzi tantu s’intendhet in Sardigna (tantu pro pàrrere chi che at zente ancora bia o fossis solu moribbundha) no est tzertu “una voce che grida” mancu in su desertu faghindhe de “precursore” ammanitzendhe s’istrada de sa dignidade si no per la prossima candidatura.
Gent.mo Paolo Maninchedda,
è la prima volta che, in Sardegna, si legge una analisi veritiera del ruolo della Coldiretti sul sistema agricolo regionale. Difficile aggiungere qualche cosa, ma mi permetto di fare una precisazione: la scelta di liquidare ARAS, da parte degli allora amministratori dell’associazione tutti di provenienza Coldiretti, non poteva essere contrastata da nessuno, meno che mai dalla Regione Sardegna che, nella vigilanza sulle associazioni, non può che prendere atto della volontà dei soci. La rappresentazione della situazione finanziaria fatta dagli amministratori non dava nessuna via di uscita dato che, liquidando le APA, venivano a mancare la maggior parte dei crediti. L’operazione era pensata per far subentrare la nuova Associazione alla vecchia ARAS, senza pagare i debiti accumulati verso terzi, Regione compresa. I conti sono lì a disposizione e i liquidatori nominati dal Tribunale, a conclusione della procedura, dovranno restituire soldi alla Regione, sempre che ne avanzino.
L’operazione era ben pensata e già collaudata (vedi caso Sicilia) e non andò in porto solo per la vigilanza proprio della Regione che segnalò la questione al Tribunale civile.
Purtroppo l’esito è comunque esiziale: 250 persone senza lavoro e il sistema lattiero caseario a terra. Tutto aggravato dall’insipienza, dalla incapacità e improvvisazione del governo regionale.
…ed IO che pensavo che i principali problemi della Coldiretti Sardegna fossero le eterne figure apicali e la scarsa qualità dei programmi televisivi che realizzano … che ingenuo “Tontu ” !