Oggi La Repubblica si iscrive ai partecipanti alla guerra civile in corso a partire dal dossier Palamara.
Come prima di lei ha fatto La Verità, scegliendo fior da fiore che cosa pubblicare, facendo intendere di poter pubblicare tutto, così oggi il giornale di Elkann rivela un retroscena sardo assolutamente inutile rispetto alle questioni vere di potere che stanno dietro il dossier Palamara, ma utile a contrastare il disegno, secondo Repubblica ordito da menti raffinatissime, di confondere le carte in vista delle udienze imminenti di fronte al Tribunale di Perugia e al CSM.
Così oggi apprendiamo, e non ce ne può fregare di meno, che Palamara era socio di un “chiosco” (si fa per dire) a Portu Istana. Repubblica, in modo sibillino, lega questa proprietà occulta al mondo renziano (allora tutti erano renziani, anche in Sardegna c’era la fila a voler parlare con Lotti). L’obiettivo è intaccare l’immagine del magistrato e dei suoi interlocutori. Sono briciole, polvere negli occhi. Bisognerebbe tenere il punto e parlare seriamente di come facevano carriera i magistrati, non di chioschi e chioschetti.
La cosa deludente è che i quotidiani sardi abbiano il dossier Palamara, ma per imbarazzo non ne parlino. L’interesse è proprio questo: che cosa c’è di imbarazzante? La politica che interviene sulle carriere? Ecco, a me e a tanti interesserebbe sapere come e perché. Invece, i quotidiani sardi si rigirano tra le mani le carte, imbarazzati, increduli, silenti.
E d’altra parte di che stupirsi? Oggi La Nuova intervista l’onorevole Gallus sulla sanità oristanese. Non entro nel merito dei suoi giudizi perché credo risponderanno facilmente altri, e comunque non io perché mi sembra una perdita di tempo, ma mi chiedo perché il giornalista non abbia fatto al consigliere regionale una domanda semplice: lei e/o suoi familiari avete mai avuto interessi in sanità? Lei e/o suoi familiari avete mai avuto come soci alti funzionari Asl? Sono domande semplici che aiuterebbero i lettori a capire il punto di vista di chi parla e di chi scrive sui giornali.
Tuttavia, Gallus in questa materia è veramente una figura periferica, un topolino di campagna, come dico io. In tema di conflitto di interessi e di come li si può risolvere, la Sardegna ha una lunga storia di imbarazzati e imbarazzanti coperture di stampa.
Vogliamo parlare di come sono stati disprezzati, esposti al pubblico ludibrio, condannati, tutti coloro che si opposero allo stridente conflitto di interessi di Soru? Non voglio parlare di Funtanazza perché non ne ho voglia. Ma voglio dire che siccome conosco la storia non solo degli uomini politici, ma anche dell’amministrazione regionale, io ho capito ben oltre ciò che hanno capito gli immemori e provo un certo schifo e una certa rabbia.
Vogliamo parlare della sanità regionale e dell’intreccio politico delle grandi famiglie, dai Floris ai Pirastu? Ovviamente non vogliamo parlarne, anche in questo caso per nausea, non per paura.
È questa Sardegna che intreccia potere, ricchezza e rendita, di cui tutte le Polizie giudiziarie non capiscono nulla per difetto di formazione e cultura, di cui tanta magistratura non ha mai voluto occuparsi perché siamo in pochi in questa terra e i rapporti, vuoi politici, vuoi amicali, vuoi parentali, raggiungono tutti, è questa Sardegna, dicevo, che impedisce all’altra Sardegna di avere il coraggio di decollare e divenire una grande Nazione.
È questa Sardegna di aristocrazie parassitarie di vocazione o sabauda o spagnola o stalinista che ci ammorba, ma per riconoscerla bisogna studiare, avere memoria e coraggio. Merci rarissime.
Potrei continuare, ma, se posso dire, mi fa male al carattere che già di suo è una brutta bestia. Tuttavia, vorrei dire ai giornalisti che l’informazione o si fa in un certo modo o è meglio non parodiarla, non ridurla a macchietta, a comparsa. Si fa male alla causa, alla verità, alla legalità e anche all’umore.
Esempi illustri, noti, ma ogni paesino è governato da un intreccio imbarazzante di interessi e molti usano la propria posizione politica per interesse personale loro o di amici, miscelando minacce e blandizie. Creare consenso in funzione di una politica giusta è quello che serve. Possiamo farlo noi…
Condivido appieno