L’educazione cambia tutto, è la rivoluzione più profonda che si possa realizzare.
Negli anni, sono diventati ufficiali superiori dell’esercito italiano persone istruite, poliglotte, con un’etica da professionisti della difesa piuttosto che da macchiette del patriottismo.
Questa gente, che parla l’italiano e l’inglese in forme più corrette dell’80% dei componenti del Governo italiano, ha uno spirito di corpo che è inscindibile dalla percezione di sé. È lo spirito erede dell’antico compagnonnage dei cavalieri medievali che non ha niente a che fare col cameratismo chiassoso, con le gerarchie da camerata della tradizione socio-comico-teatrale italica. È cultura e modello organizzativo che vive di un ordito affettivo; è lealtà e compagnia come accade poche volte nelle amicizie.
Queste persone istruite eseguono gli ordini, rispettano la filiera di comando, ma rifiutano di essere docili strumenti delle furbizie ministeriali.
Queste persone ricordano religiosamente i compagni morti.
Il Fatto Quotidiano ha intervistato il tenente colonnello Fabio Filomeni, comandante dei corpi speciali dell’esercito. Qui trovate l’intervista.
È il secondo militare che con una dignità di altri tempi dice la verità sull’esposizione dei militari della Repubblica italiana (tra cui una marea di sardi) ai pericoli delle esplosioni da munizioni all’uranio impoverito, dando ragione ai risultati della Commissione Scanu ( e ha il coraggio di citarli).
Ho un grande rispetto per questi soldati; ne ho meno, molto meno, per deputati e senatori, in carica e a riposo, per ministri della difesa in carica e a riposo, che hanno taciuto e tacciono su questa vicenda, tutti ordinariamente impegnati nei calcoli costi/benefici dell’esercizio del loro ruolo in modo da impegnarsi solo in ciò che è facile, comodo e di sicuro successo, gente che chiuderà gli occhi sulla propria esistenza terrena e materiale potendo dire, senza alcun pudore, di essersi esclusivamente e solennemente fatta i fatti propri e nient’altro.
La bellezza etica e estetica di questo nuovo corso nelle gerarchie militari è che il movente della richiesta di chiarezza e giustizia non è solo la consapevolezza del diritto o la comprensione delle subdole strategie di distribuzione delle responsabilità verso il basso da parte dei vertici; è anche il ricordo dei compagni scomparsi, l’impegno per la loro memoria, la lotta per sottrarli al sopruso dell storia.
Perché stupirsi del silenzio se financo nella vita degli uffici, delle scuole, nei comuni, nelle campagne, nei condomini, nelle parrocchie ci si inchina al prepotente, al potere e alla ricchezza.