Credo e spero che L’Unione Sarda non abbia già finito di scandagliare il tesoro di informazioni che è il fascicolo Palamara per la storia recente della magistratura e della politica sarde. Ma, amogni buon conto, quanto è stato pubblicato è già sufficiente a svolgere qualche ragionamento.
Primo punto: quali sono le nomine avvenute per puro merito e quali quelle per militanza? Ve ne sono delle une e delle altre, degli uni e degli altri. Ora la magistratura deve spiegare le prime, quelle per militanza e per prossimità a chi sedeva nel CSM.
Deve dire chi ha fatto carriera per merito e chi non l’ha fatta per lo stesso motivo (cioè perché capace e indipendente).
Nei concorsi pubblici, se un commissario favorisce qualcuno che merita meno di un altro, un PM configura il reato, chiede al Gip come minimo l’arresto e poi fa una conferenza stampa. Se in una procedura pubblica un PM trova uno scambio di Sms che attesta la richiesta e la concessione di un favore, arresta beneficiato e benefattore e anche i parenti diretti e indiretti.
In magistratura evidentemente no.
Però, almeno qualche giustificazione, non dico un pentimento, una buona giustificazione forse servirebbe.
Ora compete alle toghe di cui emerga con evidenza la nomina di fazione e non di merito (sia che essi facessero parte del circuito Palamara o di altri), dei quali risulti il vantaggio personale di corrente e non di merito, dimostrare all’opinione pubblica che, al momento della loro nomina il loro curriculum era indubbiamente migliore di quello altrui o che il favore ricevuto era comunque dovuto. Lo debbono all’opinione pubblica e lo debbono ai loro colleghi che hanno sempre evitato le luci della ribalta, che non hanno amato gli arresti esibiti, le conferenze stampa bicipitali e i microfoni tv. Lo debbono alla giustizia, quella sopravvissuta.
Secondo punto: nella messaggistica di Palamara non vi è traccia del minimo scrupolo per la qualità dell’attività svolta dai magistrati promossi. Vengono messi sullo stesso piano magistrati con vocazione all’esattezza e magistrati distratti, che vanno all’ingrosso, che fanno errori grossolani, che non approfondiscono contraddizioni, che confondono date, ruoli, funzioni, che attribuiscono agli imputati cariche e azioni mai compiute.
Tutte le vacche sono grigie al CSM.
Non si bada a come il lavoro di un magistrato sia stato valutato eventualmente dalla sentenza di un altro giudice.
No, questo non conta.
Conta il gruppo, il branco, lo spirito di squadra.
Terzo punto: perché non si parla dei mondi politici che hanno fiancheggiato questa degenerazione della magistratura? Chi frequentano i magistrati?
Possibile che questi magistrati correntizi non parlassero mai con politici e di politici, nazionali, regionali e perfino locali?
Ci sono state parti politiche trattate come zone franche, protette da una cortina di tutela informale.
Perché?
E perché oggi i media continuano a nascondere il mondo politico esplicitamente presente nel dossier Palamara?
La risposta è semplice: cane non mangia cane e rivela il contesto canino su cui non si vuole far luce perché comporterebbe un po’ di pulizia, un po’ di encomi da revocare, un po’ di polizia giudiziaria da trasferire, qualche magistrato da rivalutare, tante carte da riscrivere.
Quarto punto: adesso la magistratura potrebbe però fare come ha fatto in qualche inchiesta (non solo in una): potrebbe andare ad ascoltare, proteggendoli con il segreto di polizia, tutti le vittime di questo sistema, far dire loro tutto quello che pensano dei beneficiati correntizi e acquisirlo come prova. Sperimenterebbero sulla loro stessa corporazione gli effetti dell’aerosol del rancore che essi stessi hanno istituzionalizzato. Potrebbero ravvedersi dalla cattiva coscienza che spesso li ha animati.
Va esteso il principio, ahimè, anche ai concorsi detti pubblici. Sappiamo bene che non lo sono.
Un vento nuovo deve soffiare sulla magistratura, ma non soLo. Ammettere che esiste una cattiva pratica diffusa già farebbe sperare in una possibilità, almeno una di miglioramento. La situazione è tale che, ora come ora, una persona con tutte le carte in regole per occupare un posto non si presenta, perché sa di non avere nessuno dalla sua parte.
Nono Paolo, amus a bier sa maschera connota a s’italiana, totus l’an fatu, nemos a fatu nudda. ” ki est su mortu? kie l’at mortu? sa muzere cun sa turudda, tzitu tzitu ki non b’at nudda.” E su poveru a galera.