In questi giorni, si discute sulle conseguenze negative della pandemia e delle misure di lock-down sull’economia. Preoccupano presente e futuro dei lavoratori e delle imprese. Si sente il bisogno di capire come si possa uscire da una situazione pesante di emergenza, affrontata sostanzialmente con misure sanitarie di quarantena, con un blocco rigido delle attività e forme severe di reclusione domiciliare, per gran parte della popolazione. Ora e finalmente, diventa stringente la definizione di un programma di interventi di qualità e quantità finanziarie consistenti, non propagandistico, funzionale a gestire e a superare la crisi (i cui contorni devastanti abbiamo più volte evidenziato).
Un programma semplificato nelle procedure, immediatamente operativo, comprensibile e verificabile dai cittadini e dagli attori economici e sociali.
Se valutassimo la prospettiva alla luce dei provvedimenti adottati in questi ultimi 75 giorni, verremmo proiettati nel più profondo pessimismo. Per dare una dimensione del problema ho contato 114 atti normativi ed interpretativi di Governo e Regione, limitando la ricerca a quelli più rilevanti. Molte disposizioni sono state seguite da circolari esplicative e atti amministrativi di competenza dirigenziale, la gran parte di natura procedurale, senza considerare le ordinanze dei Sindaci e gli atti comunali conseguenti. L’inarrestabile e impetuoso torrente normativo è alimentato anche da disposizioni per la semplificazione che in questi anni, a prescindere dal virus, hanno infestato l’ordinamento, rendendolo, spesso, ancora più ingarbugliato e rigido. Uno degli effetti dei processi ricorrenti di “semplificazione” è la schizofrenia con il quale si procede all’accorpamento di strutture e al loro successivo smembramento, funzionale alla creazione di nuove postazioni burocratiche apicali.
Una selva di migliaia di regole e prescrizioni, anche di dettaglio, reiterate più volte e più volte corrette, affidate ad una burocrazia debilitata e deresponsabilizzata, in molti casi selezionata opportunisticamente e infiltrata, con presunzione salvifica, dall’esterno. Questo in generale. In Sardegna va peggio per il fatto che l’azione delle strutture perde di incisività, assoggettate, come sono, all’asfissiante controllo politico, per il tramite di incarichi assegnati (prevalentemente o esclusivamente) “intuitu personae”.
I prossimi provvedimenti in via di definizione si collocano interamente dentro l’attuale gigantismo normativo. Il decreto Legge “Rilancio” (ancora in bozza), la cui emanazione è prevista nelle prossime ore, è costituito da 258 articoli e quasi 500 pagine. Il DL “semplificazione” della Giunta regionale da 52 articoli. Spaziano entrambi tra argomenti lontanissimi e diversissimi, in alcuni casi sprofondano nel dettaglio in altri appaiono generici e richiamano imponenti interventi amministrativi. Le burocrazie – già in difficoltà – non potranno che dare il peggio di loro, in termini di tardiva o mancata applicazione, perdendo gli obiettivi nel formalismo procedurale e lasciando i cittadini, lavoratori e imprese nella difficoltà e nell’incertezza. Questa è una delle tragedie del populismo qualunquista e della destrutturazione della politica, che hanno minato le istituzioni pubbliche.
Cosa fare? Bisogna cambiare rotta, per uscire dalla tempestosa crisi economica e sociale nella quale siamo già immersi. Serve una produzione legislativa omogenea per argomento, dotata finanziariamente di risorse certe, che individui in modo preciso ambito di applicazione, destinatari e obiettivi. Un insieme essenziale di disposizioni concrete da affidare a strutture e responsabili di procedimenti dentro un crono-programma stringente e inderogabile. Serve che il nuovo corpo normativo si inserisca in modo armonico nel sistema esistente, cancellando le disposizioni inutili e inapplicabili. Serve una burocrazia motivata per la funzione di servizio pubblico che deve rendere. Serve infine che, su tutto, prevalga il “bene comune”. Il presente non soddisfa. Si incominci a costruire il futuro.
Detto molto bene. Il senso del servizio nei confronti della comunità.