Nonostante le tante raccomandazioni a tacere, perché mi dicono non so che cosa mi stiano preparando, non posso tacere.
Sono passati cinque mesi dagli arresti disposti dalla Procura di Oristano per l’inchiesta denominata Ippocrate.
Cinque mesi di custodia cautelare per persone incensurate. Nebbia fitta sull’inizio e il fine indagini. Nel silenzio e nella viltà civile generalizzata. La paura fa della pena ingiusta una questione sempre di altri.
Potrei continuare a mostrare falle logiche e argomentative dell’ordinanza di custodia cautelare, ma sono convinto che non servirebbe neanche a suscitare un dubbio, tanto meno un rimorso.
Ma non posso tacere. Perché se è giusto indagare sulle ipotesi di reato verso chiunque, non è giusto per nulla ritenere di doverlo sempre fare usando la custodia cautelare ad libitum et sine die.
In Italia, porre problemi morali e di logicità alla magistratura si paga. Tuttavia non voglio rinunciare a concorrere a formare un’opinione pubblica libertaria. Ovviamente non bastano le mie argomentazioni, per cui propongo letture.
Papa Francesco, a novembre 2019, ha pronunciato un bellissimo discorso sul diritto penale e sebbene il suo sguardo sia inevitabilmente universale, e guardi dunque alle tante dittature del mondo, non può essere un caso che abbia detto queste parole sulla custodia cautelare, parlando di ‘nazioni’ e di ‘regioni’:
«Avevo segnalato con preoccupazione l’uso arbitrario della carcerazione preventiva. Purtroppo la situazione si è aggravata in diverse nazioni e regioni, dove il numero di detenuti senza condanna già supera ampiamente il cinquanta per cento della popolazione carceraria. Questo fenomeno contribuisce al deteriorarsi delle condizioni di detenzione ed è causa di un uso illecito delle forze di polizia e militari per questi fini. La reclusione preventiva, quando è imposta senza che si verifichino le circostanze eccezionali o per un periodo eccesivo, lede il principio per cui ogni imputato dev’essere trattato come innocente fino a che una condanna definitiva stabilisca la sua colpevolezza».
Una risposta potrebbe venire dalla separazione delle carriere tra magistratura giudicante e requirente dando inoltre pari dignità giuridica a pubblico ministero e difensore davanti a un giudice terzo e imparziale
Paulu istimadu, carchi cadhu trojanu mi at a registrare (pardon: mi at a àere registradu e at a sighire a registrare) fintzas su fragu e no solu su sonu chi s’intendhet candho andho in gabbineto, tantu una zustíssia de sa zustíssia los pregonet at a pessare chi “chi va con lo zoppo impara a zoppicare” e chi nudha est prus perigulosu de sa paghe. E perigulosu tue e perigulosu deo chi t’istimo e ti lezo.
Ant a inventare carchi delitu “ad hoc”.
Ma iscas assumancu chi t’istimo e mi ndhe onoro pro custa tribbulia pro sa paghe in custa tzivilia de vilesa e miserabbilidade e disumanizatzione.
Timo chi no amus a istentare a connòschere àter’una ‘demograzia’ fascista. Mi contaiat sa bonànima de Ruggero Diana de Santu Giuanne Suérgiu chi, candho fit coladu inoghe su Biadu de Benitto Mussolini visitendhe “la piccola patria” de sos Sardos, a tziu Ruggero, ca fit antifascista, sas dies che l’aiant postu “preventivamente” in presone, che àteros antifascistas. E como, si no bastat su sonnu a calatzone (letargia) imperante semenadu in donzi tretu de libbertade, ant a imbentare fintzas su delitu de “libertà di pensiero” pro impedire ai cervelli di pensare comente ant fatu ingalerendhe a Antoni Gramsci.
Viva Paba Frantziscu! (ma sos “cristianos” parimus batos sonnidos).
Non bisogna tacere, è necessario incontrarsi come ad Ottana tempo fa e parlare di questa custodia cautelare spropositata. A quest’ora si doveva conoscere gli addebiti in paese civile