I nomi delle inchieste Non è infrequente che le inchieste di certa magistratura abbiano nomi ben studiati ai fini comunicativi. Si pensi ai tanti nomi in –poli, evocativi della Tangentopoli milanese. Al secondo posto, nelle denominazioni, si trovano spesso nomi greci, forse perché si ritiene che l’istruzione liceale sia diffusa e popolare.
Fatto è che non si dà mai un nome agli errori e ai fallimenti di certa magistratura. Il motivo è semplice: la paura. Come non si nomina il cancro per non evocarlo; come in Sardegna non si nominava mai la volpe ma le si attribuivano tutti i nomignoli possibili e immaginabili (margiane, mazzone, grodde ecc. ecc.) proprio a fine scaramantico, oggi non si dà mai un nome all’errore giudiziario, all’indagine sbagliata, perché si ha paura di evocare l’indagine.
Superata però la paura, per spirito di libertà e di dignità, si riesce a dare un nome a tutto.
Da Ippocrate a Dreyfus E può darsi che mi sbagli, ma l’indagine Ippocrate della Procura di Oristano ha tanto il sapore, piuttosto che di Ippocrate e del suo giuramento, di Dreyfus e di tutta la confusione che portò all’ingiusto arresto dell’ufficiale ebreo, alla sua ingiusta detenzione, finché alcuni intellettuali francesi cominciarono a svelare l’intrigo di Stato che lo aveva colpito, e un filologo, guarda un po’, dimostrò che il celebre biglietto a lui attribuito non era suo.
I giornali silenti Anche con Dreyfus vi fu una fase in cui i media fecero da cassa di risonanza dell’accusa in modo assolutamente acritico. Poi accadde non che si fecero nuove indagini o che si ebbero nuove rivelazioni, ma che vi fu una rilettura attenta e critica dell’impianto dell’accusa.
Lo stesso stiamo facendo noi: noi dei fatti contestati non sappiamo nulla, ma su come sono stati raccontati e considerati dall’accusa nell’ordinanza cautelare possiamo parlare. Lo consente la legge e lo facciamo.
I media non vogliono parlare dei fatti, gravi, già segnalati? Pazienza, avremo altri buoni argomenti in altra sede, ma nel frattempo noi li ripetiamo e oggi ne aggiungiamo un altro e così faremo nei prossimi giorni, con l’avvertenza di svelare gli aspetti meno gravi deducibili dall’ordinanza, perché quelli gravissimi che ne svelano la matrice interamente politica, sicuramente emergeranno nei processi, sempre che gli imputati ci arrivino vivi e non linciati dall’opinione pubblica accesa e indignata dalla celeberrima conferenza stampa.
Interinali di serie A e di serie B Abbiamo già fatto notare che:
- mentre l’allora Direttore generale della Asl di Oristano è indagato e gli è stata inflitta una misura interdittiva, poi annullata dal Tribunale del riesame, per aver risposto in ritardo, secondo l’accusa, a un accesso agli atti di un consigliere regionale sugli interinali di Oristano,
- vi sono stati 6 direttori generali di Asl della Sardegna che non hanno mai risposto all’accesso agli atti, sempre sugli interinali ma questa volta di tutte le Asl, fatto dall’ex consigliere regionale Augusto Cherchi (agli arresti domiciliari da 60 giorni) e che non hanno mai ricevuto non solo una sollecitazione dall’allora Presidente del Consiglio e dall’allora Assessore regionale (che nell’ordinanza risultano elogiati per solerzia amministrativa verso Oristano), ma che non hanno ricevuto alcun avviso di garanzia per non aver risposto, cioè per aver fatto ciò che non ha fatto il Dg oristanese perseguito. Questa iniziativa non fu del solo Auguso Cherchi, ma di tutto il gruppo consiliare del Partito dei Sardi e ha lasciato tracce evidenti, ampiamente ricostruibili da un investigatore attento. Se si fosse distratto, comunque, ecco qua l’Ansa che ancora ne dà notizia.
- Conclusione: chi ha risposto all’accesso agli atti, indagato; chi ha fatto un altro accesso agli atti sullo stesso argomento per far luce su tutti gli interinali della Sardegna, arrestato; chi non ha risposto all’accesso agli atti, sereno, libero e bello. E dunque si dovrebbe concludere che fare chiarezza sugli interinali a Oristano era un obbligo,e invece fare luce sugli interinali a Sassari e Cagliari una facoltà? Com’è che si è esigenti in periferia e lassisti in città? i media vogliono ignorare il fatto? facciano pure: l’accesso agli atti di Augusto Cherchi era e rimane in Consiglio regionale (qualcuno lo chieda, se ha curiosità, io non posso farlo per non dare adito a equivoci), come pure rimane un fatto l’iniziativa del Partito dei Sardi per far luce sul reclutamento degli interinali in tutta la Sardegna.
Le domande in minuscolo degli infermieri Abbiamo poi segnalato un aspetto significativo del furore investigativo che anima l’indagine che appare così furioso da affermare cose senza corrispondenza negli atti consultabili. Nell’ordinanza si scrive che a determinate persone fu detto che le domande per la prova per il concorso per gli infermieri sarebbero state tutte attinte da quelle pubblicate sul sito della ASL in minuscolo. Più precisamente, a pagina 63 dell’ordinanza si scrive: “esaminando i quiz pubblicati, la P.G. ha riscontrato che circa 500 quiz sono stati scritti con un carattere diverso rispetto ai restanti e cioè con carattere minuscolo, anziché maiuscolo. Il raffronto effettuato dalla P.G. con le 150 domande effettivamente utilizzate per la prova preselettiva consente di affermare che le stesse sono tutte estrapolate dalle 500 scritte in carattere minuscolo”.
Qui trovate l’elenco generale delle domande pubblicate dalla ASL, e qui quelle delle prove.
Se controllate potete rilevare nella Batteria delle ore 8, la Domanda 1 corrisponde alla domanda 67 dell’elenco generale, in maiuscolo. Nella batteria delle 12.00 la domanda 22 corrisponde alla domanda 169 dell’elenco generale, in maiuscolo. Nella batteria delle 15.30 la domanda 10 corrisponde alla domanda 346 dell’elenco generale in maiuscolo. C’è poco da aggiungere. La verità è evidente. I giornalisti la vogliono evitare dicendo che sono cose che sollevo io per mia fantasia? Dicano quello che vogliono ai lettori e alla propria coscienza, ma la verità è lampante.
L’astuzia presunta e la legge vigente Veniamo al diritto. Andiamo a p. 27 dell’Ordinanza. Si è nell’esame del concorso per ostetriche e il GIP scrive: «Prima delle prove scritte, per ciascuno dei concorrenti sono state esaminate le schede dei punteggi ammessi e sono stati calcolati i punti relativi ai titoli posseduti; il tutto a cura del segretario del concorso. Conoscere in anticipo il punteggio relativo ai titoli aveva importanza nell’ottica di favorire qualche candidato nelle successive prove scritte e pratiche/orali, per disporre “a monte” di una sorta di “graduatoria parziale” su cui poter incidere assegnando punteggi a seconda della posizione dei concorrenti stessi».
Questo genere di concorsi è disciplinato dal DPR 220/2001 che sullo specifico recita: «Nei casi in cui l’ammissione a determinati profili avvenga mediante concorso per titoli ed esami, la determinazione dei criteri, per la valutazione dei titoli deve essere effettuata prima delle prove di
esame. La valutazione dei titoli, da limitarsi ai soli candidati presenti alla prova scritta, va effettuata prima della correzione della prova stessa. Il risultato della valutazione dei titoli deve essere reso noto agli interessati prima dell’effettuazione della prova orale».
Quindi, la Commissione, presieduta da Antonio Succu ha applicato la legge, mentre nell’ordinanza ciò che era un obbligo viene rappresentato come un’astuzia. Non servono altri commenti. Tutto è chiaro: si chiama furore colpevolista. I giornalisti lo vogliono ignorare? Facciano come vogliono, il DPR 220/2001 è a disposizione di tutti. La verità, spesso, non ha bisogno di mediatori.
Mi chiedevo quando sarebbe comparsa La Gang del bosco! Eccola qui. La (vi) invito ad essere più esplicito/i: sarei stato io a essere nemico della meritocrazia? Ditelo apertamente e con fatti, non con accuse generiche. Dite dove, quando, come, ditelo con esattezza e non con livore. Firmatevi, fatevi vedere in faccia. Dopo avrete la mia replica, ma mai finché avrete il volto coperto dalla vigliaccheria e dalla maldicenza. Coraggio, potete farcela, siete anni che calunniate la gente nell’ombra, venite fuori. È Natale, magari riuscite ad essere autentici.
La legge si presta svariate interpretazioni, scegliere quale sia la migliore spetta ai giuristi, non ai filologi. Pertanto mi preme farle notare Professore che nel decreto da lei citato si parla di predeterminazione dei CRITERI che serviranno per valutare i titoli. Invece, la valutazione degli stessi dovrà avvenire PRIMA DELLA CORREZIONE della prova scritta e non prima dell’inizio delle prove d’esame e per tutti i candidati.
Inoltre, è bene ricordare che l’ordinanza (p.28 e 29 ) rileva un dato fattuale che, di contro, non si presta ad interpretazioni: <> , <>, <>.
In breve, la commissione in discorso a suo dire ha agito nella piena legalità, ha solamente applicato la tanto amata legge, contrariamente ad una Procura che sembra seguire le statuizioni fatte da Prizia a Delfi: commette errori interpretativi e non conosce le leggi. Una tragedia… medici e filologi hanno più contezza del diritto rispetto ai magistrati inquirenti e rispetto al gip.
I voli pindarici non saranno mica quelli del cattedratico filologo assessore agli appalti pubblici?
Lei, nel nome di una verità tutta di parte, si diletta nel tentare di svilire il nome della magistratura, di chi si adopera nel suo mestiere senza aver paura di pestare i piedi a qualche ‘intoccabile’ cattedratico che decide di intraprendere il tentativo di un’irridente arrampicata…
Ma non solo, vorrebbe relegare al ruolo di stolti i tanti che hanno deposto?
Quantunque alcuni argomenti che lei propone possano essere relativamente condivisibili, mi preme chiarire che non è messo in dubbio il fondamentale principio di innocenza fino a prova contraria, ma non è neppure in dubbio che per l’applicazione delle misure cautelati siano necessari dei <> altrimenti non si potrebbe giustificare il sacrificio dell’altro fondamentale principio costituzionale: la libertà personale.
Ma ancora, mi stupisco nel leggere solamente assimilazioni errate. Lei paragona questo procedimento ad altri procedimenti tanto eclatanti che poi, arrivati al processo si risolsero in un’assoluzione. Prescindendo dalle peculiarità che caratterizzano ogni singolo procedimento, per esempio, non è raro che l’assoluzione in giudizio scaturisca non dalla reale innocenza del indagato ma dagli errori commessi nella raccolta delle prove durante le indagini preliminari, che rendono le stesse inutilizzabili, e implichino la successiva assoluzione. Questo semplice esempio serve per citare un importante corollario di grande importanza: la verità processuale non sempre coincide con la verità fattuale. Ed è soprattutto questa, vissuta e testimoniata da chi ha subito le ingiustizie e l’arroganza di chi è (ah no era) al ‘comando’, che fa scaturire il vero sentimento di risentimento nei confronti di una parte politica che ha dimostrato di essere la nemica della democrazia e la nemica della meritocrazia.
Ad ogni modo, non se la prenda con la Procura, non era necessaria un’ordinanza cautelare o una conferenza stampa per far nascere ‘la gogna mediatica’ e conseguentemente la disistima, questa già c’era… è stato sufficiente osservare e ascoltare per capire. Potrebbe prendersela con qualche componente della cricca sicuramente più ingenuo di altri.
Nell’augurarle buona fortuna, la informo che le conferenze stampa sono più che legittime e socialmente corrette, l’art.101 Cost. stabilisce che la giustizia è amministrata nel nome del popolo, ciò implica ed esige che la magistratura dia conto e riscontro del suo operato (che comprende anche le indagini svolte), anche con questo mezzo da lei tanto criticato.
Eja, Paulu! Ma come facciamo a far quadrare il cerchio?
E ite cosa est su corollàriu che volevasi dimostrare?
E poi a lèzere… non è sempre che si capisce cosa dice! (e si est sas lezes, mancu male chi sunt iscritas in italianu chi est sempre su non plus ultra, a mie, a nàrrere sa veridade, za mi parent iscritura de majarzos, de bruscius chi faghent bruscerias, de imboligosos, imbodhicheris, trasseris, margianes grodhes matzones e fintzas “compares” totu per scaramanzia).
De ogros za ndhe zughimus duos totugantos, ma: 1. si podent abbèrrere bene ambos duos; 2. si ndhe podet abbèrrere unu ebbia: a) a bortas cussu de destra, b) a bortas cussu de manca, e c) a bortas cussu de vattelappesca, o a lampalughe (cun paga lughe, cun lughe meda chi fintzas daet ifadu/istrobbu própriu a sa vista, o lughe meda ma a moristuda curre curre, de su restu b’at sempre presse); 3. si podent serrare sos ogros ambos duos pro no bídere segundhu ite porcheria b’at; 4. errare humanum est (ma iscrindhe goi, custu dimóniu de “controllu de su programma pro mi azuare a iscríere bene in italianu mi at currézidu a “magnum est” e tio nàrrere chi tocat a zúghere bàtoro ogros e torrare sempre a lèzere sas cosas, mancari a gherra cun su tempus ca tenimus sempre presse, a bortas no s’ischit pro andhare mancu a inue, e a bortas própriu ca s’ischit e lu cherimus puru, fintzas si chie iscriet cosas de sa zustíssia at istudiadu s’italianu menzus de a mie, ma custos dimónios de “correttori” bae e busca ite cumprendhent!…).
A bonos contos, “A contos male fatos si bi torrat” narat sa zente chi no connoschet su latinu, e l’importante è avere la verità in pugno, ca a la chircare pro l’iscobèrrere…