Il sentimento più diffuso tra le persone sotto i trent’anni in Sardegna da molto tempo è andare via.
Il paradosso è che adesso lo stesso sentimento si sta diffondendo tra i pensionati sardi.
Molti si stanno trasferendo in Portogallo per i vantaggi fiscali che quel Paese offre.
L’emorragia si accentuerà dopo la manovra del Governo leghista del cambiamento che ha un duro impatto sui pensionati.
Il paradosso è che proprio i pensionati sardi sono da sempre i più fedeli elettori dei partiti italiani. Erroneamente hanno sempre interpretato la pensione come un regalo di Stato, non come un proprio diritto dopo decenni di lavoro.
Adesso anche i pensionati stanno sperimentando la profonda inaffidabilità dello Stato italiano, cioè la sua natura burocratica e antiumana, fondata sul privilegio dell’apparato rispetto al diritto della persona.
La domanda inevitabile è: perché si va via e non si combatte?
La risposta è l’inconscia memoria della storia. Chi nella storia sarda ha combattuto non per questo o quel problema, ma contro il sistema dei poteri che genera tutti i problemi, è stato arrestato e più di una volta giustiziato.
Sembra che noi ricordiamo ancora, magari senza saperlo, i 50.000 deportati sardi del 174 a.C. che furono venduti come schiavi a Roma.
Sembra che noi ci portiamo addosso le stigmate di un genocidio che ancora ci fa paura. Per cui, scappiamo.
Invece oggi è possibile combattere con intelligenza e con successo. Il problema che abbiamo non è la consapevolezza dell’urgenza della battaglia, ma la fiducia nel suo successo.
Eppure il successo è dietro l’angolo.
Sarà un caso, ma quanto più tanti sardi autorevoli (oggi sulle colonne dell’Unione Sarda Ciriaco Offeddu, sulla Nuova il direttore della Caritas italiana, il sardo don Nieddu) dichiarano che è il momento dell’unità dei sardi (e se anche non dicono dove si dovrebbe spendere questa unità, si capisce bene che dovrebbe essere utilizzata contro il sistema dei poteri di Stato che generano il depauperamento dei Sardi), tanto più aumenta la paura di tanti autorevoli esponenti dei partiti italiani, condannati a stare sotto il 9% e a non raggiungere tutti insieme neanche il 19% dei consensi.
Tanto più noi consolidiamo le nostre posizioni alternative alla suggestione ormai fallimentare del ‘governo amico’, tanto più la bugia del successo italiano alle prossime elezioni si sgonfia.
Io sono certo, perché lo sento intorno a noi, che sta spirando un vento di consapevole e intelligente rivolta dei Sardi; ma questo spirito ha bisogno di determinazione, di fermezza, di dedizione, oltre che di intelligenza, prudenza e fiducia.
Mi fa più male un sardo che va via di un sardo che vota Pd o Lega. Il primo è dolore puro, il secondo è solo lavoro, prima o poi capirà che quel voto è contro i nostri interessi e i nostri diritti.
Ma l’altro, quello che va via, come riprenderlo, come trattenerlo, come convincerlo che la battaglia che lo riguarda è in corso, come dirgli che il futuro è oggi, mentre lui pensa che il futuro non ci sia?
Tratteniamoci, riconosciamoci, aiutiamoci a combattere. Se le cose andranno come io penso, le prossime elezioni saranno uno spartiacque della storia sarda. Non manchiamo questo appuntamento.