Giovedì, alle 18, alla Corte del Sole, nel primo dibattito politico tenuto apertamente in un centro commerciale, spiegheremo le Primarias, ma anche come è possibile far partire la rivolta fiscale della Sardegna senza commettere reati. Quando si iniziano processi rivoluzionari come questo, bisogna liberare la politica dal sospetto che sia una cosa sporca. Bisogna fare molta pulizia, privata e pubblica. Una Nazione nasce da una rivoluzione legale, non da un condono strisciante e trionfante. Ricordiamoci sempre come si vota.
Come è noto, non sono un giustizialista, anzi, sono l’unico uomo politico sardo che ha sostenuto a viso aperto una durissima polemica con alcuni metodi della magistratura, tra i quali quello di ipotizzare costantemente il reato di associazione a delinquere per indagare per sei mesi in segreto ai danni di qualunque cittadino. Recentemente una giornalista, durante una festa popolare al mio paese, mi ha detto, tra il serio e il faceto, che io sarei stato oggetto di più indagini, delle quali, ovviamente, io non so nulla. Credo di essere stato inutilmente, per le ambizioni carcerarie dello Stato italiano, l’uomo politico più controllato della Sardegna senza mai aver potuto controllare le carte di chi mi accusava, la fondatezza delle accuse e aver potuto portare in un’aula di giustizia accusatori semplici, accusatori togati e accusatori in divisa.
Come è noto, sono stato l’unico ad andare a dire nel processo, e non fuori dal processo, che molti ex consiglieri regionali a giudizio per i fondi dei gruppi hanno agito in buona fede, non si sono arricchiti personalmente, e sono nei guai in ragione di una norma assolutamente equivoca e di costumi amministrativi ai limiti della follia che non prevedevano la conservazione della rendicontazione. A differenza di altri, io non ho affermato che la magistratura non doveva occuparsi dell’argomento, anzi, ho contestato che se ne sia occupata con tempistiche diverse, per cui alcuni si trovano già condannati in secondo grado, altri si avvicinano ogni giorno alla prescrizione, altri ancora, innocenti per davvero e in buona fede, si trovano dentro un tritacarne che consuma la loro vita per colpa di una grande ipocrisia politica.
Questo piccolo curriculum da uomo onesto, schierato per la giustizia-giusta, ma eternamente sospettato dalla Giustizia e non amato dagli ex colleghi per l’estraneità ai processi e per la libertà politica verso la magistratura che non ho mai fatto valere moralmente, mi consente di dire al sistema politico sardo che si sta superando la misura.
Non è possibile che in questo prologo di campagna elettorale si vedano rinviati a giudizio e condannati per reati gravi e gravissimi, non in uno ma in più processi, maneggioni del denaro e del potere, ispiratori rei confessi dell’evasione fiscale, condannati in primo grado per reati importanti, tutti impancati a dare giudizi sugli altri come se l’autorevolezza di chi parla non dipenda anche dalla sua posizione nel casellario giudiziale.
Io sono pronto a fare lo stesso gesto che Pannella fece con Tortora, cioè a candidatre un perseguitato dalla giustizia per porre la questione della giustizia; sono pronto a difendere la buona fede di chi si trova a giudizio più per un sistema che per una responsabilità, ma ci vuole senso del pudore: bisogna pulire le liste e il dibattito politico da un eccesso di presenza di plurindagati e pluricondannati. Questo inizio di campagna elettorale sembra l’inizio di un colpo di spugna che non è tollerabile.
È questa assenza di pudore a seminare l’odio sociale verso la politica, a determinare l’astensionismo diffuso, a rendere meno credibili le battaglie. Per combattere un sistema ingiusto, gli unici reati ammissibili per un uomo politico sono quelli legati alla sua disobbedienza civile rispetto all’ingiustizia del sistema.