di Paolo Maninchedda
Ho letto sulla Nuova Sardegna una lettura ottimistica dell’ultima sentenza della Corte Costituzionale che ha rigettato i ricorsi delle regioni a statuto speciale sugli accantonamenti.
Intanto è opportuno leggersela per intero: la trovate qui.
La sentenza è durissima, altro che chiacchiere, e peserà enormemente sugli equilibri finanziari della Sardegna.
Ciò che è più rilevante è la parte in cui viene dimostrato che l’accordo tra la Regione e il Governo Renzi stipulato il 21 luglio 2014 non era stato adeguatamente protetto dalla possibilità per il Governo di prevedere ulteriori oneri per la Sardegna, mentre era stato espressamente previsto che la Sardegna realizzasse il pareggio di bilancio. L’unico accordo stipulato da una Regione a Statuto Speciale che abbia previsto clausole severe anche per lo Stato è stato quello del Trentino Alto Adige, nel quale si esclude testualmente la possibilità di apportare modifiche peggiorative, con la sola salvezza della ricorrenza di esigenze eccezionali di finanza pubblica, ma, in tal caso, per importi già predeterminati nelle clausole del patto.
La Sardegna, invece, fidandosi del Governo, ha stipulato un patto per il quale lei si vincolava all’equilibrio di bilancio e il Governo non aveva alcun vincolo, secondo la Corte Costituzionale, di non imporre ulteriori accantonamenti.
In sostanza, la Corte Costituzionale della Repubblica Italiana ha sancito che è colpa degli ingenui se lo Stato è sleale, perché è dimostrato che chi non è stato ingenuo e ha presupposto la slealtà di Stato, alla fine si è rivelato prudente e ha difeso adeguatamente gli interessi della sua gente (vedi Trentino).
Dinanzi a una slealtà di Stato che si impanca anche a ideologia giuridica della slealtà di Stato, occorrerebbe reagire come popolo e come istituzioni, ma per farlo bisogna credere nella possibilità e nell’opportunità di mobilitare il popolo.
A me rimane una magra soddisfazione: sia quando Soru nel 2008, sia quando Pigliaru nel 2014 firmarono i due accordi col governo italiano, ebbi modo di dire loro che quegli accordi non mi convincevano. Il primo per l’azzardo sulla copertura totale della sanità non bilanciato da poteri di reale autonomia programmatoria e finanziaria (al punto che ancora oggi il Ministero della sanità mette il becco in Sardegna con benchmark ridicoli per la realtà sarda); il secondo per l’eccesso di buona fede verso l’affidabilità del Governo, oggi puntualmente smentita e addirittura sanzionata dalla Corte.
Ho sempre sostenuto che le classi dirigenti sarde debbono aver chiaro che i nostri interessi sono competitivi con quelli italiani. Fino a quando questo presupposto non è acquisito ma anzi, viene messo in discussione (in entrambi i casi, sia nel 2008, sia nel 2014 io sono passato per un nevrotico provinciale che non capiva le magnifiche sorti e progressive delle politiche dei governi italiani) la Sardegna sarà esposta al rischio dell’ormai incomprensibile sua ingenuità.
Perché ognuno la possa leggere, pubblico il passo significativo della sentenza della Corte:
«L’accordo concluso tra lo Stato e la Regione autonoma Sardegna, infatti, va ascritto al cosiddetto coordinamento dinamico della finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate per il governo di quest’ultima, come tali soggette a periodico adeguamento.
Ciò esclude la possibilità di riconoscere, in generale, un affidamento tutelabile in ordine all’immutabilità delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni. Non è, infatti, coerente con il carattere dinamico del coordinamento finanziario impedire alla legislazione statale di introdurre – fermo il metodo pattizio per le autonomie speciali – nuovi contributi alla finanza pubblica, ove non espressamente esclusi dagli accordi stipulati. La volontà manifestata in sede negoziale non comporta una rinuncia, da parte dello Stato, al successivo esercizio della propria potestà di coordinamento finanziario.
Si tratta, piuttosto, di verificare se l’accordo concluso tra Stato e Regione autonoma Sardegna escludesse espressamente, o meno, la possibilità di imporre ulteriori contributi al risanamento dei conti pubblici.
A tale proposito, come già evidenziato in sede di scrutinio del ricorso proposto dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, tra gli accordi conclusi dallo Stato con le autonomie speciali nel corso del 2014, soltanto quello stipulato con le autonomie della Regione Trentino-Alto Adige, non solo esibisce un orizzonte temporale esteso fino al 2022, ma, soprattutto, esclude testualmente la possibilità di apportare modifiche peggiorative, con la sola salvezza della ricorrenza di esigenze eccezionali di finanza pubblica, ma, in tal caso, per importi già predeterminati nelle clausole del patto.
Il comma 9 dell’art. 42 del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, nel recepire, invece, l’accordo concluso dalla Regione autonoma Sardegna con lo Stato, ha fissato l’obiettivo di finanza pubblica cui avrebbe dovuto concorrere la Regione solo per il 2014, limitandosi ad imporre, per gli anni dal 2015 in poi, l’obbligo di conseguire “il pareggio di bilancio come definito dall’articolo 9 della legge n. 243 del 2012”, dunque inteso come saldo non negativo, in termini di competenza e di cassa, tra le entrate finali e le spese finali. E ciò non esclude, di per sé, l’imposizione di ulteriori contributi al risanamento della finanza pubblica».
Comments on “La Corte Costituzionale: peggio per voi che vi fate fregare. Le nuove frontiere della slealtà di Stato”
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Lenin avrebbe detto: CHE FARE?
1- PRENDERE ATTO CHE L’ASSESSORE PACI E’ STATO INCOMPETENTE.
CHE PIGLIARU SI ” FIDA ” TROPPO……
2- FARE UNA MANIFESTAZIONE D’INTERESSE PER CAMBIARE L’ASSESSORE PACI CON QUELLO DEL TRENTINO.
IL POPOLO SARDO IN QUESTO MOMENTO E’ NARCOTIZZATO, ALTRO CHE MOBILITAZIONE. LO STOMACO NON VUOLE CHIACCHIERE, MA “CIBO” ….
NON SI ARRIVA AL 2019…….
Il nemico dei Sardi non è lo stato ma i Sardi stessi che si alleano con i potenti del momento