di Paolo Maninchedda
Prima di tutto i fatti.
L’Imperatore Moirano ha assunto questo atto.
Si tratta della proroga delle nomine a suo tempo fatte dei Coordinatori delle cosiddette Aree tematiche.
Cosa sono questi coordinatori?
Diciamo che in questo caso l’Imperatore ha cercato di fare il piemontese: le norme vigenti non gli permettevano di nominare queste figure ibride, ma lui ne aveva bisogno e applicando il pragmatismo piemontese le ha create e retribuite.
Infatti, l’atto che disciplina l’organizzazione dell’azienda è l’atto aziendale.
In assenza dell’atto aziendale che, come tutti sappiamo, è in itinere, solo il direttore di dipartimento può coordinare i Direttori di struttura complessa. I coordinatori di Area tematica non esistono negli atti aziendali attualmente esistenti.
Moirano, consapevole della solennissima fesseria fatta con la costituzione dell’Ats che ha comportato un eccesso di accentramento, ha creato delle strutture che in qualche modo sono sovradipartimentali, pur non potendolo fare e le ha anche pagate, nonostante la legge preveda che per poter attribuire una funzione, prima si deve procedere a graduarla (incontri con i sindacati ecc. ecc.).
In sintesi: una nuova articolazione organizzativa ( coordinamento di Area tematica) può essere creata solo con l’Atto aziendale che ancora non è vigente; nelle more dell’adozione dell’atto aziendale, l’unica posizione sovraordinata alle strutture complesse è il dipartimento; la nomina del direttore di dipartimento discende da una specifica procedura selettiva, che invece non è stata applicata per i coordinatori di area tematica; la retribuzione del direttore di dipartimento è stabilita nella parte fissa dal contratto nazionale e nella parte variabile dalla pesatura delle funzioni, rispetto alla quale occorre coinvolgere i sindacati; nel caso dei Coordinatori di Area Tematica, invece, Moirano ha previsto di dare loro 6000 euro lordi per 4 mesi.
Il contratto del direttore di dipartimento è rinnovabile, quello di coordinatore di area tematica no, lo dichiara solennemente Moirano. E qui, però, i Savoia se la prendono in saccoccia e dall’armadio esce uno spiritello borbonico che fa dire e fare all’imperatore il contrario di quanto affermato prima.
Infatti, sebbene in premessa egli dica che gli incarichi, che non erano conferibili, comunque non erano rinnovabili, con l’atto di cui stiamo parlando si dice che, siccome sono necessari, vengono rinnovati ma questa volta gratuitamente (a parte quelli che devono percorrere per andare a lavorare più di 50 km ).
Ora, non è la presenza o l’assenza dei coordinatori di area tematica che qualifica la nostra sanità (che sta cadendo a pezzi con un impoverimento drammatico dei servizi), però conta moltissimo se nella gestione si è chiari o bizantinissimi.
Se una cosa non si può fare, non si fa.
Se si è costretti dalle circostanze a farla, non la si proroga.
Se si assume un atto illegittimo e per di più lo si proroga, si dà un segnale esterno di furbizia burocratica che non è veramente ciò di cui ha bisogno la Sardegna, con buona pace di Sua Maestà.
Comments on “La sanità sarda dai Savoia ai Borbone”
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è inutile lamentarsi….staccate la spina a pigliaru e i suoi e forse il Savoia tornera a casa
insomma un disastro ” burocratico” (sic!). qualcosa bisogna pur fare: togliete la respirazione artificiale a questa giunta. subito!
vorrei dire una cosa sul G7 trasporti. hanno spiegato a Delrio che tutte le nostre strade finiscono in mare? che abbiamo bisogno di fare NOI le scelte infrastrutturali con più priorità. che i soldi che il CIPE destina alla Sardegna sono soldi Europei e non dello Stato.
ma per farci sentire bisogna fare come Michela Murgia: unu orroku mannu??
Erg. Commentatore della situazione della Sanità Sarda, ha concentrato la sua attenzione su uno degli aspetti più deteriori della Sanità sarda e mi complimento con Lei. È un aspetto definibile a mio avviso come marginale nel panorama sanitario isolano, ma patognomonico del metodo utilizzato non solo oggi, ma anche in passato, per gestirlo. Negli anni gli errori sono andati ad accumularsi fondamentalmente perché la Sanità è stata utilizzata più di frequente per consenso elettorale, favorire qualche amico, ammortizzatore sociale, sostegno di aree depresse, spese inutili ma con ritorni rilevanti, etc.; solo casualmente sembra che abbia prevalso l’interesse pubblico. Indizio, invece, della incapacità gestionale della classe dirigente espressa dalla politica sarda è proprio la “necessità” dell’arrivo di persona non precedentemente impegnata in Sardegna e verosimilmente imposta ai fini di “tagli” asettici. Purtroppo sappiamo bene che persona che accetta una “nomina” è predisposta a ricorrere a sistema analogo per conseguire i suoi obiettivi. E l’obiettivo assegnatogli è solo quello di tagliare il bilancio annuale di 100 milioni di euro, non quello di efficientare la Sanità sarda. Ecco quindi concentrare l’attenzione sulla chiusura di strutture funzionanti, ma politicamente deboli e padrino-prive, per salvarne altre totalmente inutili ma politicamente intoccabili, aggravando quel circolo vizioso tra l’inutile ed il dispendioso, purché non venga danneggiato il “consenso”. Bisognerebbe rendersi conto che spendere di meno attraverso una significativa riduzione dei servizi, significa solo aver ulteriormente peggiorato la situazione precedente.