di Paolo Maninchedda
Ieri è stata pubblicata sui più importanti media europei e americani una notizia terribile per la democrazia e la libertà.
Una società utilizzata dai Repubblicani americani per le campagne elettorali, la Deep Root Analyitcs, per errore ha pubblicato i dati di 200 milioni di americani.
Ma quali dati aveva raccolto?
Dai più banali ai più riservati: nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono, appartenenza religiosa, pregiudizi etnici e politici, prese di posizione su argomenti controversi ecc.
In Italia, tutti i media hanno avuto come fonte un lancio di agenzia Ansa, minimamente rielaborato dalle diverse testate. Per dare un’idea più compiuta dell’accaduto, traduco da un sito di informazione americano:
«Le informazioni sono state utilizzate dal Comitato Nazionale Repubblicano per aiutare a vincere la gara presidenziale del 2016. Il database conteneva “nomi, date di nascita, indirizzi di casa, numeri di telefono e dettagli relativi alla registrazione degli elettori”, nonché i dati descritti come dati previsti sul comportamento degli elettori sulle preferenze politiche e la probabilità di scegliere un determinato candidato. (…) Il database “non ha alcuna protezione contro l’accesso” ed è disponibile per chiunque abbia una connessione a Internet. Si tratta di “un tesoro di dati politici e preferenze modellate usate dalla campagna Trump”. Le informazioni sono state utilizzate per contribuire a influenzare i potenziali elettori e prevedere con precisione il loro comportamento».
Pochi sanno che esistono statistiche, e dunque modelli fondati su queste statistiche, che consentono, per esempio alla proprietà di grandi catene di supermercati, di prevedere il comportamento elettorale di un determinato quartiere in base alla natura dei consumi che si registrano nel supermercato di quell’area.
Pochi sanno che mettere un ‘like’ concorre a definire il proprio profilo, comunica al mondo le proprie preferenze, i propri orientamenti e anche le proprie debolezze.
Pochi sanno che navigare in rete senza proteggere la propria identità svela al mondo passioni, interessi, virtù e vizi.
Oggi chi è in grado di acquistare e gestire big data ha oggettivamente un vantaggio competitivo rispetto a chi non può farlo, ma soprattutto adegua camaleonticamente la sua offerta politica alle abitudini degli elettori. Le elezioni non sono più competizioni sul modello di governo, ma gare a chi meglio sa soddisfare inclinazioni, pregiudizi, paure, fobie, consumi e ambizioni della gente.
L’elettore non è più una persona con cui discutere; è un target che viene prima studiato-spiato e poi manipolato, gli si dà, apperentemente, quello che vuole.
Chi ha il potere in questa evoluzione perversa del mondo delle reti?
La risposta è semplice: il gestore dei dati. Non tanto chi ha le risorse per comprare i dati, ma soprattutti chi è in grado di carpire l’identità più profonda delel persone.
Non a caso i militari hanno cambiato le loro armi.
Ieri, un giornale della destra italiana ha dato conto dell’intervento ad un seminario di Marco Carrai che la piccola stampa italiana ha dipinto come un praticone vicino a Renzi, e che invece la stampa internazionale descrive come uno degli imprenditori più capaci e innovativi che la Repubblica italiana possa annoverare. Carrai è un esperto di cyber security. Ieri ha usato queste parole rispetto al nuovo aereo dell’aeronautica italiana, il famigerato F 35: «L’F-35 è per l’aviazione militare ciò che l’iPhone è stato per i cellulari. È la prima straordinaria macchina volante di raccolta ed elaborazione dati».
Ecco, pensiamoci, un caccia militare sorvola un’area e non fa più solo fotografie, fa pesca a strascico delle nostre identità. Pensate che cosa fanno ogni giorno in rete i tanti cacciatori di dati.
Noi dobbiamo pensare a come tutelare la nostra privacy, perché è un pezzo della nostra libertà, è un pezzo rilevante della possibilità di fare politica liberamente. Intanto cominciamo a capire che c’è anche chi vince le elezioni senza ‘tecnologia’. Ha colpito tutti il risultato di Leoluca Orlando, che non va mai in televisione e usa poco o miente la rete, a Palermo. Rimettere in piedi forme di connessione sociale ‘arcaiche’ può essere un modo per reagire. Intanto cominciamo a pensare che dietro ogni tessera del supermercato c’è chi studia ciò che compriamo. Intanto cominciamo a pensare che ogni like svela un po’ di noi. Intanto cominciamo a ripensare che alla fine le vecchie poste sono più sicure delle mail. Pensiamoci.