di Paolo Maninchedda
La materia non si trasforma a chiacchiere. Non è una legge fisica, ma è una considerazione realistica: le narrazioni possono cambiare il modo di percepire la realtà e anche il modo di intendere il presente, il passato e il futuro; ma una strada non si fa a parole, come pure un ospedale.
Iniziamo dalle strade.
L’Anas ieri ha annunciato la fase 2 dell’operazione rebranding della ex Salerno-Reggio Calabria attraverso una campagna di comunicazione che punta a far diventare la strada un polo di promozione turistica. A parte le chiacchiere della segnaletica stradale (che però è strategica per il turismo, se fatta bene), il dato più interessante è fornito dagli investimenti tecnologici per fare dell’autostrada la smart road italiana: sarà interamente cablata, dotata di hot spot wi-fi ogni 300 metri per dare e ricevere informazioni e creare una connessione unica.
In Sardegna, invece, si combatte per cose meno tecnologiche: asfalti, buche, crolli e ritardi.
Cosa serve? Servono poteri prima che risorse; poteri per poter fare noi e non dover chiedere ad altri, per di più spesso distratti quando non imbroglioni.
Se sembra troppo ardita la parola ‘imbroglione’, rivelo una piccola anticipazione di un dossier che sto raccogliendo sulle imprese non sarde che vincono gli appalti in Sardegna. Lo sto raccogliendo per poi pubblicarlo (per cui chiedo a chi fosse in possesso di informazioni verificabili, di mandarle alla mail del sito), visto che in teoria dovrebbero essere le migliori, in pratica sono nella maggior parte dei casi imprese specializzate nel far tornare apparentemente i conti per le carte della gara, per poi trascinare opere e istituzioni in contenziosi senza fine.
Io resto dell’idea che il Codice degli appalti avrebbe dovuto prevedere delle clausole ‘verdi’ per le imprese a chilometri zero per i lavori entro i 3 milioni di euro, ma questo in Italia non viene in mente a nessuno perché si è ancora all’età della pietra, laddove si crede che centralizzare significhi rendere più efficiente (e infatti, sulla grande centralizzazione sbagliata della Asl unica sarda, la Giunta si trova davanti al primo sciopero generale del suo mandato, che per di più viene promosso da uno dei settori, la sanità, più incisivi sul piano delle oscillazioni di consenso).
Dicevo di un piccolo dossier: come è noto non si posssono pubblicare i nomi. Comunque, in un appalto svolto in Sardegna ha vinto un signore attualmente alle prese con la giustizia ma con un curriculum straordinario: turbata libertà degli incanti, truffa, abuso d’ufficio e falso ideologico. Se questo cursus honorum lo avesse posseduto un sardo e gli fosse stato assegnato un appalto, come minimo avrebbero dato gli arresti domiciliari anche ai parenti di terzo grado.
In questo quadro si affastellano i disordini. Ieri si è letto delle grandi società italiane interessate a fare la dorsale sarda del gas. Se ne riparla anche oggi sui giornali. Nel frattempo due ministri della Repubblica, Carlo Calenda e il vacanziere Gianluca Galletti, hanno sottoposto al dibattito pubblico il documento sul Sistema Energetico Nazionale (SEN). La Sardegna vi ha un posto di assoluto rilievo, si decide sulle sue centrali elettriche, vi si scrive che si vuol fare un nuovo elottrodotto da 1000 MW, ma soprattuto si capisce (pag. 16) che non si crede nella dorsale e che invece si ritiene più percorribile “la metanizzazione della Sardegna tramite Small Scale GNL potrebbe consentire di avviare la fornitura di gas in modo modulare, utilizzando e completando le reti esistenti, avviando al contempo il primo pilota di Sulphur Emission Controlled Area (SECA)per il traffico marittimo nel Mediterraneo”. Nell’allegato 2, poi, la metanizzazione della Sardegna occupa uno spazio rilevante, da p.224 a p. 231. Leggete queste pagine dove viene delineata chiaramente la strategia dei depositi costieri e anche la loro ubicazione (Cagliari, Oristano e Sassari) e poi fatevi la domanda chiave: giuste o sbagliate che siano queste scelte, quanto e dove hanno coinvolto i Sardi?