di Paolo Maninchedda
Un giorno un editore importante mi ha detto:
«Non capisco i giornali che si trasformano in bollettini di disgrazie costanti e perduranti. Perché la gente dovrebbe comprarli?».
La mia risposta fu banale: «Perché nella Repubblica italiana più che altrove si ritiene erroneamente che faccia più rumore un albero che cade che una foresta che cresce!».
Faccio un esempio. In Sardegna qualche settimana fa è caduto un metro e mezzo di neve. Ne sono seguite polemiche accese e, bisogna dirlo, non tutte infondate. Tuttavia bisognerebbe andare a cercare un termine di paragone per verificare se noi sardi abbiamo reagito bene o male a quell’emergenza. Nei giorni scorsi New York si è bloccata per 30 centimetri di neve e ha cancellato 3000 voli di linea. I bilanci dell’efficienza sono, mutatis mutandis, a favore dell’efficienza dei sardi, ma nessuno lo ha detto o notato.
Comunque, a proposito di notizie, venerdì l’assessore dei lavori pubblici di Fonni e il sindaco hanno incontrato l’Anas nell’ambito della collaborazione che sin dai giorni della nevicata la Regione aveva favorito tra i due enti. Risultato positivo? Si stanno accordando su una diversa allocazione dei mezzi Anas, in modo da renderne più vantaggioso e tempestivo per tutti l’intervento, magari lasciandone qualcuno stabilmente a Fonni.
Mentre accadeva questo, Videolina-Disastrina intervistava un allevatore di Lula che lamentava l’intervenuta difficoltà per raggiungere il suo ovile dopo il maltempo delle scorse settimane. Nel servizio si diceva che la Regione non aveva fatto nulla, mentre proprio io ho ricevuto il sindaco di Lula nelle scorse settimane per ragionare e verificare su quali infrastrutture danneggiate intervenire. Ho sbagliato io a non suonare la grancassa per l’incontro col sindaco di Lula? Non credo. Credo invece che si pensi che la strada verso la trasformazione della realtà sia quella della denuncia militante il cui unico effetto non è risolvere il problema, ma aumentare la sensazione sbagliata che tutto sia marcio e che tutto vada male. Poi c’è un altro effetto perverso indotto dalla paura. Giacché la magistratura sta procedendo spedita con i processi sulle responsabilità per i tragici eventi connessi ai nuovi eventi alluvionali, tutti i resposanbili degli uffici tecnici dei comuni e delle province della Sardegna stanno chiudendo strade e edifici sui quali nutrono anche il minimo dubbio di pericolosità. È un modo corretto di ragionare? No. Si è stati vent’anni senza fare manutenzioni in Sardegna (e si vede), adesso non abbiamo tutto il denaro necessario per fare tutte le manutenzioni (come non lo ha mai avuto nessuno Stato). Dobbiamo transennare e chiudere ciò che è pericolante ma non strategico, e invece aggiustare subito ciò che lo è. La valutazione della gerarchia dell’urgenza è in capo ai Comuni e alle province. Viceversa c’è chi si sottrae alla responsabilità di scegliere ciò che è più urgente da ciò che lo è meno, e presenta fabbisogni milionari alla Regione che, nel frattempo, garantisce personale e servizi della Sanità col buco mostruoso dei 350 milioni l’anno. La proposta è il cuore della politica e la proposta è una cosa diversa dalla lista della spesa.
Comunque, negli ultimi 3/4 giorni del pessimismo cieco e militante, accadeva che si riapriva un cantiere sulla Sassari-Olbia (e nessuno ne ha parlato), un ‘impresa sarda – la Putzu Appalti di Pattada – vinceva la gara da circa 4 milioni di euro per l’efficientamento delle reti idriche dei comuni di Ales e la frazione di Sa Zeppara, Baradili, Baressa, Gonnoscodina, Gonnosnò, Mogorella, Morgongiori, Nureci, Ruinas, Samugheo, Villa Sant’Antonio e Curcuris; un’altra impresa sarda la Poing Costruzioni ha vinto l’appalto da 3,3 milioni di euro per l’efficientamento delle reti idriche dei comuni di Dolianova, Mandas, Monastir, Senorbì, Siliqua, Villasor, Mogoro, Isili, Gonnosfanadiga, Guspini, Samassi e Sardara; nel frattempo sono stati pubblicati gli esiti di appalti Anas per 87 milioni e finalmente gli appalti sulla SS 125 saranno accantierati; nel frattempo i proprietari delle case delle cooperative a proprietà indivisa sono finalmente diventati proprietari delle loro case; nel frattempo il Comune di Selargius ha avuto 2,9 milioni per le opere comnnesse alal realizzazione della nuova SS 554, il comune di Monserrato 3,6 milioni, Quartu S.Elena 15,6 milioni e il Policlinico 1 milione (sono soldi che erano stati perduti e che la Regione ha recuperato e riassegnato; i Comuni si sono fidati e nel frattempo hanno mandato comunque avanti le progettazioni); nel frattempo si sta diradando il quadro normativo delle gestioni idriche dei Comuni autonomi da Abbanoa (si fa di più senza gridare che gridando); nel frattempo i geologi della Sardegna hanno incontrato il Distretto idrografico e hanno ripreso a dialogare sul Piano Generale Rischio alluvioni, nel frattempo si sta lavorando col Consorzio di Bonifica della Nurra per dare soluzione alla crisi idrica di quell’area (e intento le piogge di questi giorni hanno fatto salire il livello nei laghi del Cuga e del Biddighinzu); nel frattempo l’Anas ha dato l’ultimatum alla GLF per la conclusione die lavori sulla SS 195 (ormai o riprendono a lavorare di buona lena o perdono l’appalto). La foresta cresce e non fa rumore.
Poi c’è tutto il lavoro politico silenzioso sulla questione lavoro. Noi come Partito dei Sardi e io personalmente in Giunta, sin dal 2014 abbiamo sostenuto la necessità di un intervento pubblico sul mercato del lavoro. Ci scontrammo con la forza di Renzi e con la sua fregola di dimostrare che i suoi strumenti avrebbero rimesso in moto la Repubblica italiana. I fatti hanno dato ragione a noi. Serve un grosso investimento della Regione in un Piano del Lavoro, ben pensato (io sono prontissimo con proposte serie su rischio idrogeologico, acqua e sistemi montani) e che accompagni la Sardegna per almeno un triennio. Ma anche queste cose, per non buttare soldi, vanno ben pensate e condivise: bisogna esserne convinti tutti. Gli strumenti della politica italiana, job’s act e flexsecurity, hanno fallito perché astratte rispetto a un sistema come quello sardo caratterizzato da un basso numero di imprese (o, viceversa, da un numero di imprese non in grado di assorbire la pressione congiunta dei giovani che cercano lavoro e dei cinquantenni che lo hanno perso). Tuttavia, quelle stesse imprese private sarde (continuo ad avere più fiducia in loro che in altri e starò molto attento a ciò che farà in Sardegna la Bonifiche Ferraresi) hanno bisogno di non essere assediate da un bisogno sociale che non possono soddisfare se non al prezzo di saltare per aria. Per esempio, io ero e resto dell’idea che a Ottana serva un piano che emancipi il paese dalla dipendenza esclusiva dall’industria e ne rianimi la vocazione agricola. Ma chi può fare tutto questo se non la Regione? Poi c’è la solita inimicizia di De Vincenti verso la Sardegna. Io non ho mai voluto incontrare questo signore e ho sempre detto al Presidente della Giunta che è un avversario certificato della Sardegna, perché escludere Ottana dalle bonifiche è solo uno sfregio, un insulto gratuito. Un importante e stimato senatore della Repubblica italiana mi ha fatto una fotografia assolutamente realistica della situazione della Sardegna al Mise e a Palazzo Chigi: l’apparato amministrativo ci odia, ci considera spreconi e lamentosi e appena può ci bastona. Odiano la nostra specialità e compromettono l’azione degli organi politici con mille trappole amministrative. Noi dobbiamo combattere duramente questa resistenza anonima e passiva ma anche fare la nostra parte, soprattutto sul lavoro. Oggi che molti esponenti Pd condividono questa impostazione è necessario attuarla: dai grand commis governativi e dai loro trappolosi schematismi burocratici non verrà mai nulla di buono.
Tutto questo è faticosissimo ma è la nostra strada: dobbiamo alimentarci della fiducia nelle nostre capacità, non scontrarci tra di noi e metterci a testuggine contro chi contrasta i nostri interessi legittimi. Gli organi di informazione sono precipitati nel pozzo nero del lamentismo militante pessimistico e possibilmente iperlocalistico. Bisogna andare oltre. Bisogna costruire un’etica della comunicazione che non urla, non prevarica, che fa parlare, respirare, creare. Oggi è anche impossibile fare un’intervista, perché ciò che costantemente emerge non è il punto di vista dell’intervistato ma del giornalista. Un’intervista vecchio stampo è invece questa, dedicata a Gigi Riva, grande compagno dei miei sogni di bambino. L’ultima risposta è un vademecum per le persone normali, per tutti quelli che non sono eroi ma che cercano faticosamente di comportarsi ‘benino’.
Comment on “Il lavoro e la fatica creano futuro senza fare rumore. Con un grazie a Gigi Riva”
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grazie per la copertina, paolo.
siamo anche noi (anche grazie a te) fra che quelli che cercano di far crescere la foresta in silenzio e nell’ ombra, senza la pretesa o l’ illusione di vedere risultati immediati ed espliciti.
dici una cosa giustissima, 1000 cose belle fanno meno notizia di 1 orrendo misfatto, e i giornali stanno dalla parte dei misfatti.
vedere che con l’ immagine ci hai accostati al mito della nostra infanzia, Giggirriva, ci riempie di emozione ed orgoglio.
lui è stato ed è sempre un grande, nel perseguire i valori dello sport ma soprattutto nell’ attaccamento a questa terra: esempio per tutti gli sportivi e per tutti i sardi