di Paolo Maninchedda
Ieri Vasco Errani, commissario governativo italiano per la ricostruzione dopo il terremoto di Amatrice, ha comunicato che tutti i privati saranno risarciti dei danni fino all’ultimo euro, senza regali ma anche senza decurtazioni.
Ho visto all’opera Vasco Errani come presidente della Conferenza delle Regioni: è un uomo che non dice bugie.
Sorge spontanea una domanda: «Perché né le imprese, né i privati sardi che subirono danni durante l’alluvione del 2013 sono stati interamente indennizzati e i terremotati dell’Emilia prima e adesso quelli di Amatrice invece sì? Perché in Sardegna lo Stato ha cofinanziato con la Regione la ricostruzione delle sole opere pubbliche, mentre a imprese e privati hanno dovuto pensare, per indennizzi parziali, Regione, Unione Europea e anche, e solo anche, lo Stato italiano?»
La risposta è semplice: lo Stato sa che non reagiamo, questa è la verità. È un fatto storico, non congiunturale e quindi non riguarda questa o quella Giunta, riguarda il modo di essere popolo dinanzi agli interessi concorrenti e al potere ingiusto non di un’altro popolo, ma di uno Stato, cioè di un’organizzazione di poteri tanto forte quanto elettoralemnte e politicamente anonima. Le compartecipazioni erariali non corrisposte correttamente per decenni, poligoni, la tesoreria unica, portaerei, l’imbroglio delle accise, il putiferio delle tasse aeroportuali, l’assoluta indisponibilità a comunicare all’Europa che la Sardegna è un’isola, la convenzione bislacca con la Tirrenia, ecc. ecc. Ogni tanto noi sardi otteniamo giustizia (si pensi alle norme di attuazione sulle Entrate che attendono ancora un completamento, ma che sono certamente un risultato). Tuttavia il rapporto tra disprezzo istituzionale e collaborazione attiva è di dieci a uno per l’Italia. Non va per niente bene.
Dobbiamo imparare a saper reagire civilmente ma con evidenza.
Dobbiamo imparare a tradurre in forza politica la lamentela costante sussurrata, l’insoddisfazione secolare, la rabbia repressa, stando lontani dall’illegalità, dalle tentazioni ribellistiche, dall’eroismo suicida insurrezionalista, da tutti i miti romantici che hanno rovinato l’esistenza a tanti e non hanno cambiato la storia di un millimetro.
Non ci serve l’orgoglio, ci serve la razionalità, l’organizzazione, la disciplina, la forza della coesione. Ma bisogna reagire.
Comment on “Chi pecora si fa, lupo se lo mangia”
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Dobbiamo imparare a tradurre in forza politica la lamentela costante sussurrata, l’insoddisfazione secolare, la rabbia repressa, stando lontani dall’illegalità, dalle tentazioni ribellistiche, dall’eroismo suicida insurrezionalista, da tutti i miti romantici che hanno rovinato l’esistenza a tanti e non hanno cambiato la storia di un millimetro.
Non ci serve l’orgoglio, ci serve la razionalità, l’organizzazione, la disciplina, la forza della coesione.
E , INVECE, SERVE PRORPIO TUTTO QUESTO ,COMPRESO L’ORGOGLIO. ALTRIMENTI la razionalità, l’organizzazione, la disciplina, la forza della coesione, SERVONO SOLO A BARCAMENARSI NEI MAROSI DEL POLITICISMO E A STARE IN UNA GIUNTA CHE COSTRUISCE OGNI GIORNO UNA NUOVA DIPENDENZA. O NO ?