di Paolo Maninchedda
In politica nascono, come in tutte le attività umane, rapporti di amicizia che si evolvono anche in affetti sostanzialmente familiari (io, quando ho iniziato, ho vissuto un affetto filiale che tuttora mi riscalda l’anima). Ovviamente questa vita affettiva riguarda chi ha cuore, chi nutre l’anima vivendo e non temendo i sentimenti.
Tutto ciò premesso, in questi giorni, come nei precedenti di due anni e mezzo, io ero impegnato, nell’ordine:
a) a fare la riforma dell’agenzia regionale per l’edilizia abitativa (AREA), concludendo il processo di riforma e di riorganizzazione degli enti su cui il mio assessorato esercita il controllo (l’altro è ENAS);
b) a cercare soluzioni all’emergenza idrica, posto che c’è sempre qualcuno pronto a dare la colpa all’assessore perché non piove, ma non c’è nessuno che protesti perché l’acqua viene utilizzata per il green degli alberghi o perché si rifiuta il riutilizzo dei reflui depurati;
c) a sostituire i tubi della gloriosa autonomia, (i tubi marci dell’acqua di Sassari e Porto Torres), a fare il nuovo acquedotto di Oristano, a impedire che la cacca si mischi con la pioggia ad Alghero, a pretendere acqua pulita a Siniscola con nuovi interventi per filtrare la fanghiglia ordinariamente fornita dal Consorzio di Bonifica, a chiedere la verifica del progetto di prelievo per Siniscola da fonti carsiche; a prendermi la responsabilità di far verificare se la diga di Maccheronis regge i tempi di ritorno delle piene o se si rompe e si porta via Torpé in poche ore, a fare i lavori a Capoterra e Olbia dove è più forte l’oblio dei guai prodotti costruendo dove non si doveva costruire della responsabilità di fare le opere bene e nei tempi giusti, a pretendere che Abbanoa rispetti i cronoprogrammi e tratti bene i clienti, a resistere a tutte le richieste di accozzi vari su Abbanoa, ecc. ecc.
d) a combattere con il Consorzio Integra perché metta ordine nel Lotto 9 della Sassari-Olbia, con la GLF perché faccia i lavori sulla SS195 e non stia accampata lungo la costa a non fare niente, a combattere i grandi consorzi e le grandi imprese italiane che vengono in Sardegna a fare gli appalti a strascico con ribassi o di denaro o di tempi magari formalmente corretti ma assolutamente incredibili, a combattere con Rup che vivono sulla luna e che se sbagli un solo aggettivo facendo presente che devono lavorare meglio e di più ti denunciano in tre secondi netti;
e) a combattere con ANAS (ma col presidente Armani si può parlare proficuamente perché odia la corruzione a basso e ad alto regime della capitale italiana; l’ho visto con i miei occhi sistemare per benino un paio di panciapienamaisazia che volteggiano da sempre sugli appalti ANAS come gli avvoltoi sulle carogne) per trovare una nuova modalità di rapporto con la Sardegna, posto che ne abbiamo le tasche piene delle progettazioni giurassiche fatte all’interno dell’azienda o con i service accreditati e che preludono agli appalti vinti sempre dalle stesse venti imprese in tutta Italia (in Sardegna è tale il ripetersi delle gloriose vittorie di queste imprese che qualcuno pensa che siano sarde);
f) a cercare soluzioni per La Maddalena, fino ad oggi oggetto di tanti annunci finanziatori e liberatori cui non è seguito un beneamato fico secco perché tutto, anziché essere in mani sarde, è in mani romane (sia detto per inciso, la portaerei Pinotti-Pinocchi-Galletti è solo una bufala per consentire alla Marina di tenersi il tunnel di Santo Stefano);
g) a cercarmi i soldi in Cassa Depositi e Prestiti per un piano straordinario di manutenzione delle case popolari della Sardegna, che sono in condizioni pietose;
h) a predisporere tutto per realizzare nel più breve tempo possibile il Patto per la Sardegna;
i) a studiare il sistema dei trasporti della Sardegna, perché è sempre più una nostra frontiera politica nazionale;
ecc. ecc.
Ecco, mentre una persona si fa un mazzo tanto, nel frattempo accade che arriva Moirano, ma non in colloqui diretti fra assessori, no, così sarebbe troppo democratico e volgare, troppo ordinario, arriva oggi dagli organi di stampa e nei giorni scorsi dal gossip dei corridoi e da qualche gentile confidenza di qualche raffinato collega della Giunta. Lo schema, di una violenza degna delle spade insanguinate del Settecento, sempre accompagnate da cipria e vasellina, è che prima si inchioda per benino il prigioniero, poi gli si chiede di dialogare. E infatti il prigioniero ripercorre a memoria tutto il turpiloquio appreso sui banchi di scuola e non trova la parola giusta da dirsi, ma consuma gli affetti, quelli li consuma fino in fondo.
Prima di tutto la verità. Mesi fa il Presidente ci aveva, come dire, scandagliato sul curriculum di Moirano che è oggettivamente indiscutibile, ma è anche vero che noi avevamo detto e continuiamo a dire che esistono in Sardegna le risorse umane, culturali e professionali per affrontare la sfida audace della Asl unica, ossia di una Asl, voluta contro la nostra posizione, di 24.000 km/quadrati e di un milione e mezzo di abitanti, che agirà in territori con orografia, infrastrutturazione e istruzione assolutamente diseguale. I giornali dicono che Moirano è una scelta del Presidente ed è vero; noi la subiamo per ragion di Stato, come abbiamo subito la Asl unica e vigileremo su come il differenziale curricolare si tradurrà in un differenziale di risultato. Nel frattempo tutto ciò che avevamo detto sulla sanità sarda si sta avverando ed è uno scenario tutt’altro che rassicurante, sia in termini finanziari che di servizi; nel frattempo, ovviamente, la Versailles delle siringhe ha già prenotato contee e marchesati, baronie e viscontati in camice bianco, sempre però ostentando in pubblico il candido volto delle vergini immacolate. A noi piacciono le donne praticanti, quelle che amano la vita e rimangono caste (concetto troppo complesso per la volgarità dei tempi, che mi riservo di spiegare in un sermoncino domenicale su che cosa sia realmente la castità, che è cosa diversa dall’astinenza). Noi siamo convinti che le grandi riforme hanno bisogno di profonde conoscenze, di grandi capacità di dialogo, di impegno di tutta la classe dirigente per raggiungere il risultato. Noi vogliamo trasformare la classe dirigente sarda in classe dirigente di Stato; non la odiamo; non la disprezziamo e vogliamo lavorarci. Su questi temi ci si confronterà, in pubblico però, non in privato.
Leggo poi sul giornale che Nicola Selloni, segretario del CD, lamenta sul piano umano una telefonata mancata. Sull’adesione di Roberto Desini al Partito dei Sardi sono state dette e scritte cose così gravi e volgari che, per abitudine, penso debbano essere fatte decantare, perché alla lunga la verità, che è semplice e banale e legata alla bellezza della libertà umana e alla complessità dei rapporti umani (appunto), verrà fuori e allora è probabile che le persone oneste che in passato ho conosciuto sentiranno lo scrupolo di chiedere scusa. Nel frattempo, una certezza: noi non siamo a caccia di nuovi ruoli e responsabilità, siamo a caccia di un pronunciamento forte del Presidente sui temi della sovranità sarda; noi vogliamo andare alle prossime elezioni sotto la bandiera dell’indipendenza della Sardegna.