di Paolo Maninchedda
Sarà perché sono un insegnante di vocazione oltre che di mestiere, ma di natura presto molta attenzione ai fatti educativi, per cui bado alle proposte che vengono dalla scuola, soprattutto a quelle che riguardano la storia (Gramsci mi ha lasciato un segno indelebile).
Sto registrando tre fatti: 1) sul tema dei migranti la Destra italiana sta facendo riemergere dalle cantine emozionali dell’ignoranza italica, tutto il razzismo che la paura del diverso, alimentata dall’ignoranza dei fatti, è capace di generare; 2) nonostante venga denunciato apertamente dall’Onu, il fatto che i cristiani siano la componente religiosa più perseguitata al mondo, dall’Oriente all’Africa, viene ostentatamente negato o nascosto; 3) il revisionismo sul fascismo e sul nazismo ha fatto breccia nelle scuole.
Tra i tanti, racconto solo un episodio ormai molto noto, ma a mio avviso non sufficientemente commentato: le conferenze sul Natale di Roma che si sono svolte a Cagliari e a Carbonia nei giorni scorsi.
Il Natale di Roma veniva celebrato in età imperiale romana il 21 aprile. Ovviamente cadde in disuso con la fine dell’Impero. Venne recuperato in chiave anticlericale durante e dopo le rivoluzioni del 1848, ma fu soprattutto il fascismo a farne una sua festa, sostitutiva di quella del 1 maggio, a tal punto che venne abolita dopo la Liberazione con il ripristino della festa del 1 maggio.
Di mestiere, come pochi sanno, faccio il filologo, per cui sto molto attento non solo al testo ma anche al contesto, che di fatto guida l’interpretazione del testo.
Dedicare un seminario di studi (?) al Natale di Roma e svolgerlo a dicembre, per esempio, può essere un atto meramente guidato da curiosità culturale. Farlo in prossimità della data del 21 aprile e vicino al 1 maggio è già una scelta culturale, specie se lo si fa in una scuola. Perché, infatti, non lavorare bene, a scuola, sulle origini, gli sviluppi e i contenuti della festa del 1 maggio? Si potrebbe obiettare che in una scuola libera non si ha alcun obbligo reverenziale rispetto ai simboli civili attuali rispetto a quelli caduti in disuso; ma qui il tasto diventa dolente: il fascismo è solo uno dei tanti periodi storici o è una frontiera morale e culturale a cui opporsi? Io odio le censure, ma anche gli equivoci e per me il fascismo è più di un periodo storico, è una malattia dell’ignoranza populista italica che è latente e minaccia costantemente la libertà altrui, quella dei sardi in testa.
Non so come gli insegnanti abbiano affrontato il tema e spero lo abbiano fatto con profondo spirito critico, ma il fatto di contesto che noto è un altro: almeno in un caso, quello del Liceo Alberti di Cagliari, veniva data per certa la presenza del dott. Luca Cancelliere, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Cagliari. Cancelliere è stato un dirigente del Progetto Nazionale Fiamma Futura, una formazione della Destra italiana. I suoi scritti vengono puntualmente ripresi dai siti della Destra, alcuni esplicitamente revisionisti. E dunque se si celebra la ricorrenza del Natale di Roma in prossimità della data storica, divenuta una data fascista, e lo si fa alla presenza di un dirigente ministeriale esplicitamente schierato a Destra, i fatti contestuali testimoniano a favore non di una fortuita coincidenza, ma di un calcolo politico sotto il segno del recupero dell’etica, dei simboli e della storia del fascismo.
È su questa storia, su questi simboli e su questa etica che bisogna discutere e alle quali occorre contrapporsi.
Cosa è stata realmente Roma? E che cosa sono stati realmente i grandi imperi dell’età antica (ma anche quelli dell’epoca moderna e i contemporanei)? Sono stati e sono grandi architetture del potere fondati sulla violenza, sulla sopraffazione, sul sangue. Roma in Sardegna ha ucciso, deportato e ridotto in schiavitù. Dov’è la sua grandezza? Di quale etica si parla, di quella degli eroi che sterminano i barbari per portare la civiltà? Si è ancora a queste primitive semplificazioni?
Si vuole insegnare l’amor di patria? Bene, perché allora non si insegna chi sono stati Gandhi e Mandela? Non lo si fa perché si pensa che la storia sia storia di masse, di forze, di scontri, di razze e religioni contrapposte. Capite che cosa c’è dietro la sopravvivenza romano-fascista? C’è il culto della forza, il disprezzo per la compassione, per la fratellanza, per l’umanità, cioè per tutto ciò che ha costruito, giorno per giorno, una civiltà della prossimità e dell’aiuto che ha fatto grande il mondo.
Bisogna contrapporsi pacificamente ma fermamente al recupero fascista dell’etica della forza. Meglio essere quotidianamente eroici nel compiere la propria umanità che eroicamente fascisti nel negarla con la sopraffazione e la violenza.