di Paolo Maninchedda
Sono sicuro che non è sfuggita a nessuno la brutta figura fatta dall’Unità, ex giornale della Sinistra italiana, oggi autorevole house organ del governo Renzi.
In buona sostanza (come direbbe Johnny), il sito ha pubblicato un video del 2008, più esattamente uno spot elettorale di Berlusconi costruito sullo slogan «Meno male che Silvio c’è», nel quale l’Unità diceva di vedere come comparsa la candidata pentastellata di Roma avv. Raggi. Questo il video (visibile solo da un pubblico adulto).
Ovviamente la Raggi non era passata nel video manco di striscio, ma tant’è, l’Unità ci ha fatto il pezzo sopra lo stesso.
Fin qui, diciamo (come direbbe Massimo) niente di male, perché può capitare a tutti di prendere un granchio.
Il bello è venuto dopo con un’intervista al Corriere del Direttore dell’Unità Erasmo D’Angelis. Eccola qua (leggibile solo da un pubblico con adeguata pelliccia sulla stomaco). Che cosa dice il direttore? Si scusa? Macché, dice che che si tratta di giornalismo 2.0. Siamo alla vertigine del potere, qui siamo alla logica del poter dire qualsiasi cosa perché si ha dietro l’uomo più potente d’Italia (pro tempore). Ebbene, io ho conosciuto D’Angelis e ci ho anche bisticciato bene (non quanto e nelle forme che avrei preferito, ma ci ho bisticciato).
Correva l’anno 2015, era di marzo e a Roma piovigginava. Io e alti dirigenti regionali eravamo stati invitati, insieme ai rappresentanti delle altre regioni, a discutere del riparto della tranche di 600 milioni che il Governo aveva sottratto con destrezza ai fondi FSC delle Regioni per costruire una base di intervento per l’emergenza idrogeologica nelle aree metropolitane. La battaglia, per noi, era riuscire a far rientrare Olbia nel novero delle aree urbane interessate. Allora l’attuale direttore 2.0 Erasmo D’Angelis era invece Coordinatore della Struttura di Palazzo Chigi #italiasicura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. Di fatto era l’organo politico di Italia Sicura, l’uomo di Palazzo Chigi. Ovviamente, essendo 2.0 anche allora, non partecipò alla nostra riunione (il lavoro è roba 1.0), nella quale ponemmo con forza le nostre ragioni, ascoltati dal dottor Grassi. Fatto è che a fine riunione ovviamente gli venne riferita la nostra posizione e, mentre stavamo andando via, ci venne detto che il Coordinatore ci aspettava al bar. Tornammo indietro e mi trovai di fronte un signore intento a governare un debordante panino al tonno e che solo marginalmente mi rivolgeva la parola per dirmi, con le interferenze del tonno, che avevamo sbagliato tutto ecc. ecc. Ne venne fuori un parapiglia, poi risolto qualche giorno dopo, da una telefonata di D’Angelis a Pigliaru (anche l’Anas romana fa così; per chiedere qualcosa a me, chiama Pigliaru). Se è vero che ci sono anche importanti dirigenti ministeriali di grande competenza, educazione e onestà, è pur vero che di questi autocertificati 2.0 (che ricordano tanto il motto del Marchese del Grillo) se ne incontrano tanti sulle sponde del Tevere. Ed è per questo che Pigliaru, per esempio, non mi ha mai mandato a incontrare il mitico sottosegretario De Vincenti – grande responsabile dei pasticci del governo a Ottana – con il quale attendo da anni di poter avere un educato confronto dialettico. Questo è il mondo con cui abbiamo a che fare.
Perché ho raccontato questa storiella? Perché chi si sta formando in questi anni per rappresentare in futuro la Sardegna deve sapere che c’è una tradizione italiana, e non solo italiana, che confonde la forza con la ragione e che capisce solo ed esclusivamente una ragione che sa contrapporsi alla forza. Allenatevi!