di Paolo Maninchedda
Quando a lezione spiegavo la ‘regola’ delle aree marginali, visibilissima negli atlanti linguistici, dovevo commentare fatti evidenti, se rappresentati su una carta geografica: tutte le innovazioni lasciano le tracce del loro percorso. A distanza di secoli è possibile capire da quale centro sono state generate e in quali territori sono arrivate. Stesso discorso è possibile fare in politica.
Ora a me fa molto adirare notare che l’evidenza delle cose sia capita prima a Roma che qui da noi.
Ieri è stato pubblicato sul sito della funzione pubblica l’ennesimo Decreto Madia questa volta sui servizi pubblici locali di interesse generale. Copio da “Quindici” la descrizione del contenuto del decreto e poi faccio un breve commento:
«Il testo conferma l’attribuzione delle funzioni di regolazione e controllo in materia di gestione dei rifiuti all’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi), d’ora in poi denominata Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (Arera). Scompare, invece, l’incentivo previsto per la dismissione totale o parziale – anche a seguito di quotazione – di partecipazioni in società, i cui proventi si potevano utilizzare per spese in conto capitale escluse dal Patto di stabilità interno.
Lo schema di decreto si applica a tutti i servizi pubblici locali di interesse economico generale, ma cede il passo alle normative speciali di settore (servizio idrico integrato, servizio di gestione integrata dei rifiuti, trasporto pubblico locale, distribuzione elettrica, distribuzione gas, gestione del servizio farmaceutico). Le sole disposizioni in materia di affidamento dei servizi invece integrano e prevalgono anche sulle normative di settore (con la deroga per i settori elettrico e gas).
La nuova formulazione del decreto stabilisce i criteri per il calcolo delle tariffe dei servizi pubblici locali, fatte salve le competenze delle Autorità di regolazione e le disposizioni contenute nelle norme di settore: si fa riferimento alla “correlazione tra costi standard (gli oneri del servizio pubblico opportunamente definiti e quantificati, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario) e ricavi, finalizzata al raggiungimento dell’equilibrio economico e finanziario della gestione”; scompare il riferimento, al comma 3, al “prezzo massimo inferiore a quello praticato in monopolio non regolato” come modalità di aggiornamento delle tariffe alternativa al metodo “price-cap”; tra i parametri di cui tenere conto per l’aggiornamento delle tariffe la voce “obiettivo prefissato di variazione del tasso annuale di produttività” è sostituita da “incremento per i nuovi investimenti effettuati”, “recupero di qualità del servizio rispetto a parametri prefissati” da “recupero di efficienza prefissato” e “variazione dei costi derivanti da eventi imprevedibili ed eccezionali, da mutamenti del quadro normativo o da obblighi relativi al servizio universale” da “obiettivi di qualità del servizio definiti da parametri prefissati e misurabili».
Che cosa significa tutto ciò? Significa che è finito il tempo delle tariffe nel settore dei rifiuti stabilite dalla Regione o da enti intermedi ed è finito il tempo delle mille tariffe stabilite a membro di segugio. Significa che per occuparsi di servizi pubblici occorrono manager di alto livello, esperti di settori regolati e non solo di diritto amministrativo. Significa che il Governo italiano sta anticipando un’innovazione importante e che noi siamo un po’ immobili, bloccati da mille interdizioni, da gelosie, da sospetti, insomma dal peggio della peggiore tradizione localistica. Significa che a breve il governo ci imporrà la multiutility e che ci dirà pure come farla e quando farla. E a me si girano le eliche, perché noi abbiamo la cultura, le competenze, le risorse e la determinazione per produrre l’innovazione necessaria e non per subirla.
Argomento di grande sensibilizzazione pubblica e pertinenza politica – emergerà la figura del Regolatore sardo – in cui molto dipenderà dalla competenza normativa sarda, dalla ristrutturazione del tessuto produttivo sardo e dalla maturità del dialogo istituzionale con chi detiene i monopoli maggiori di telecomunicazioni, energia elettrica, acqua e gas. In capo a tutto le infrastrutture. Speriamo che l’epicentro del cambiamento sia tutto sardo, perché se non riusciremo ad integrare verticalmente le ‘circostanze’ isolane con quelle nazionali e sovranazionali, patiremo ancora una volta lo svantaggio di essere isola. Nulla di scontato su vantaggi e svantaggi delle Multi-utilities, da noi è un argomento tutto nuovo e niente da stupirci se verremo utilizzati come terra sperimentale, noi che non abbiamo grandi aziende, a parte Abbanoa (pubblica) e la Saras (privata), da posizionare come competitive sul mercato. Ci aspettiamo molto dallo sviluppo della banda ultra larga nel SPC. La trasparenza della struttura dei prezzi e dei costi è una cosa giusta. La stretta interazione tra i sindaci, l’individuazione di economie di scala e di scopo, la triangolazione industriale dove possibile, sono indicate come indispensabili nell’approccio per la deregolamentazione dei servizi energetici. Non male sarebbe la nascita di un Politecnico sardo per il dialogo con le Authority. Diversamente la Sardegna patirà gli effetti di una sperequazione diffusa; le zone meno popolose resteranno sguarnite di servizi in tutto o in parte insufficienti, altre zone resteranno isolate e le aree più popolose, senza ripresa dei redditi, patiranno prezzi alle stelle. Naturalmente servono competenze manageriali specifiche, merce rara ma ben presente in Sardegna, salvo voler ancora accreditare perfetti estranei alla mala gestione di interessi locali di certa rilevanza, vere e proprie fette di economia, senza mai nulla sottoporre a verifica. Con grande difficoltà della politica, tutt’oggi, ad ammetterlo.