di Paolo Maninchedda
È stata una settimana molto impegnativa, ma forse utile.
Non c’è stata solo la visita di Gilles Simeoni, c’è stato un di più non raccontato e c’è stata l’ordinaria vita amministrativa di un governo regionale che si rianima quando fa respirare il nostro spirito, serenamente indipendentista, e che invece si incarta quando si fida delle liturgie che vengono dalla cultura politica italiana.
Provo a dire quel che è accaduto.
In primo luogo c’è stata l’assemblea di Badesi con i 17 sindaci delle due Unioni dei Comuni.
La novità è stato il clima. Non sono mancate le solite lamentele, ma in generale si è registrato uno stupore. La gente comincia a ragionare di indipendenza come si ragiona di felicità. Se questo sentimento si radicasse in profondità, diventasse diffuso e naturale, io avrei assolto il mio compito e potrei ritirarmi in un orto con capanno a scrivere e a ricevere i miei amici. Molti sindaci mi hanno avvicinato per dirmi che cominciano a sentire l’appartenenza di partito come un vincolo inferiore rispetto all’appartenenza allo Stato Sardo. Noi siamo pronti, non abbiamo paura delle crescite, non abbiamo paura di sacrificarci per qualcosa di più grande, purché si faccia.
Poi c’è stata l’inaugurazione a Monastir della sede dell’Associazione Sardegna-Corsica, presieduta da Modesto Fenu. Lì abbiamo avuto una conferma: il vero inno dei sardi è Non potho reposare. L’hanno cantata tutti e tutti non pensavano alla donna (o alle donne) amata/e ma alla Sardegna, che è una sola e impone un severo regime di fedeltà monogama. Abbiamo trovato l’inno per la nostra patria di oggi, adesso costruiamo la bandiera: ho qualche idea. I simboli sono importanti, non dobbiamo trascurarli. Servono simboli moderni e antichi, simboli che ci facciano emozionare ma anche che non siano un banale retoricume patriottico.
Noi siamo i sardi del Terzo Millennio che hanno una missione più forte di qualsiasi nostalgia. Non lacrime ci devono accompagnare per ciò che abbiamo perso, ma sorrisi, intelligenza e cultura per ciò che dobbiamo e vogliamo fare.
Terzo passo: l’incontro tra le due Giunte. Ho avuto la sensazione che inizialmente non ci fosse la convinzione giusta, che ci credessimo veramente in pochi in un percorso comune in Europa e nel Mediterraneo. Poi, man mano che ci si è scambiati informazioni, sensazioni, visioni, ho visto nascere un entusiasmo autentico. Alla fine della giornata la percezione generale era quella di essere stati protagonisti di un grande evento politico.
Mi sembra che siamo alle porte di un grande evento e che non ne abbiamo adeguata coscienza. Forse dobbiamo incontrarci con tutti quelli che la pensano come noi e produrre un evento politico e istituzionale eccezionale. Sarebbe veramente grave che dinanzi a una bella brezza noi tenessimo le vele abbassate per un errore dell’anemometro. Sono certo che stiamo scrivendo un pezzo di una storia difficile, ma guai a pensare di dover scrivere solo un paragrafo quando le circostanze ci dicono che dobbiamo scrivere un nuovo libro, il nostro.
Comments on “Mi sa che è ora”
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Il sentimento dell’ indipendenza sarà sempre più radicato e consapevole quanto più andrà a svanire quel retaggio culturale patriottico-italiota instillatoci a scuola, dove ci insegnavano la storia dei romani, le guerre d’ indipendenza e il risorgimento come riferimenti e valori irrinunciabili: il moloch della “unità d’Italia”.
Il tutto sorvolando a piè pari la storia dei Sardi e della Sardegna, e costringendoci ad essere ignoranti delle nostre radici, ad abortire la lingua delle nostre case a favore di quella dei colonizzatori, con la quale invece siamo ora costretti a pensare e scrivere.
Eia, l’ indipendenza comincia nella scuola: est in cue chi naschet s’idea de su chi semus bistados, su chi semus e su chi podiaìmis essere. No b’at libertade chen’ e connoschentzia. A pustis benit su dinare, sa banca, s’economia. Ma innantis b’est s’iscola.
Per capire che indipendenza non è una parolaccia né utopia ci vorrà tempo, ma tanti, anche molto giovani, chiedono già di esserne informati, in barba ai dogmi massmediatici e ministeristruzionistici.
Quanto all’ orto e al capanno, non scarterei a priori l’ opzione vigna, la quale dà soddisfazioni almeno pari all’ orto (alle imperizie tecniche e colturali potresti sopperire con esperienze altrui. Si nono, sos amigos a bite bi sun?)
Vado volontariamente fuori tema ( non del tutto fuori tema) per segnalare sommessamente la necessità di una adeguata azione politica riguardo al disastro sociale cui sta portando questo governo. Mi spiego: la notizia che il governo vuole modificare le pensioni di reversibilità rappresenta un campanello di allarme sulla tenuta sociale di molte famiglie che,a seguito di una disgrazia, si troverebbero private di un tenore di vita normale al quale erano abituate.Una disgrazia su una disgrazia. Questo governo ha già provveduto a ritoccare già le pensioni bloccando l’adeguamento al costo della vita.Vengo al tema che riguarda la nostra sete di indipendenza e dei valori morali che essa si prefigge. Nella nostra isola si vuole recuperare risorse a seguito di una seria lotta agli sprechi e all’evasione fiscale. Non recuperando risorse dal taglio delle pensioni: molto comodo e facile con la distruzione del tessuto sociale e togliendo certezze alle famiglie dopo anni di duro lavoro.
Ritengo che una azione politica del nostro partito sia importante in questo momento. La gente é stanca di essere presa in giro da questo governo parolaio ed inconcludente. Le persone oneste e serie che pagano le imposte vorrebbero queste certezze e questo slancio morale. Oggi se un soggetto non versa imposte (iva) per 250 Mila euro non ha nemmeno il fastidio di un processo penale.É una cifra enorme e basta,come tanti stanno facendo, non avere beni immobili a lui intestati, potrà continuare a non versare alcunché. Gli esempi anche eclettanti sono molti.
Spero che i vertici del nostro partito rimarchino ancora di più questi aspetti.La gente é stanca di vedere che i furbi sono liberi di distruggere questa nostra democrazia, e la nostra isola. .
Ghjé ora avá, tutti inseme, per noi di costruí l’avvene……… ..pá a Corsica é pá a Sardegna.
Grazie Gilles e grazie Jan Guy per averci in considerazione.
A videcci sani
Vorrei ricordare al Sig.Gianluca Frau che oggi in Sardegna, attraversiamo una crisi economica drammatica che peggiorerà di molto nei prossimi mesi ed anni. Assistiamo impotenti al fatto che mediamente chiudono 27 aziende ogni giorno, la disoccupazione giovanile nella nostra isola supera il 40% e le famiglie stentano ad arrivare al 20 di ogni mese.
Queste non sono favole ma la cruda realtà di una Sardegna sfruttata, depredata, colonizzata e devastata da speculatori finanziari senza scrupoli nonchè dall’occupazione militare invasiva in termini di “servitù” da parte di eserciti stranieri e italiani che ormai occupano impunemente un terzo del nostro territorio per scopi bellici o sperimentali a dir poco discutibili e comunque in contrasto con la volontà delle popolazioni civili della nostra Isola. Il tutto avallato e consentito dal servilismo di una classe politica sarda incapace e corrotta ai limiti della decenza.
Forse una Sardegna povera, disperata e indebitata fa comodo a qualcuno e forse l’Indipendenza politica e monetaria sarebbe la soluzione ai nostri mali endemici.
Ma torniamo alla nostra moneta.
Un’economia sana non dovrebbe essere basata su una Moneta/Debito ma su una Moneta a Credito.
Attualmente il valore di scambio della moneta si basa esclusivamente su una convenzione legale dello Stato, tale convenzione viene peraltro “imposta” dallo stesso in maniera forzosa ai cittadini, inoltre l’emissione di moneta risulta ormai completamente svincolata dal possesso o esistenza a garanzia di riserve d’oro o di altre valute di qualsiasi tipo.
Benché siano solamente i cittadini a dare valore alla moneta corrente, accettandola come mezzo generalizzato di pagamento, sono però le banche, solitamente private, a trarre vantaggio dalla differenza tra il valore di stampa delle banconote (pochi centesimi di euro) e il loro valore facciale (cosiddetto reddito da “signoraggio”).
Da molto tempo infatti lo Stato ha rinunciato misteriosamente alla possibilità di battere e creare nuova moneta, “delegando” questo compito alle banche centrali per quanto riguarda le banconote e alle banche commerciali per quanto riguarda la moneta creditizia o “virtuale” (aperture di credito, fidi, assegni, carte di credito etc.).
Il denaro, quindi, viene creato dal nulla dal sistema bancario privato, a fronte di costi di produzione irrisori e nasce come proprietà privata delle banche e come corrispondente “debito” per l’intera collettività, in quanto viene “prestato al valore facciale” allo Stato e ai singoli cittadini al tasso d’interesse stabilito dalle banche medesime.
L’introduzione di una moneta Complementare all’Euro punta a correggere almeno in parte questa incredibile stortura, causa di impoverimento collettivo e di enorme indebitamento pubblico e, di conseguenza, stagnazione economica e rarefazione monetaria.
In conclusione, o troviamo il modo di ridare “liquidità” al nostro sistema economico e produttivo oppure il destino delle nostre imprese è segnato in direzione di un grande e generale disfacimento. Ecco perché ritengo sia necessario per la Sardegna l’introduzione di una moneta complementare a carattere regionale.
Ma vediamo subito quali sarebbero i vantaggi derivanti dall’introduzione di una moneta locale:
-Parziale restituzione ai cittadini del potere d’acquisto agli stessi sottratto dal “signoraggio” bancario al momento dell’emissione del denaro, attraverso l’istituzione del “reddito di cittadinanza”;
-Sostegno a favore dello sviluppo del commercio, dell’artigianato e delle altre attività produttive locali, con positive ricadute sull’occupazione;
-Aumento della liquidità e della generale ricchezza a livello locale;
-Rafforzamento dell’identità locale;
-Possibilità di attenuazione degli effetti delle fasi di recessione economica a livello nazionale e internazionale;
-Possibilità di concedere prestiti e finanziamenti a tasso d’interesse zero con il coinvolgimento di una banca o di una società finanziaria locale, eventualmente controllata o partecipata dal Comune o dalla Regione.
Quindi è per questi motivi che ritengo opportuno indicare quale dovrebbe essere uno dei punti qualificanti di una azione politica che si rispetti del Consiglio regionale della Sardegna:
“Proposta di un provvedimento normativo per consentire alla Sardegna di stampare una propria moneta complementare all’Euro, che circolerà all’ interno del proprio territorio, al fine di riattivare gli scambi interni e, conseguentemente, il ciclo economico locale, sofferente di una grave contrazione dovuta alla carenza del servizio del credito. La circolazione della moneta sarda sarà congeniale anche al superamento degli svantaggi competitivi che le piccole attività economiche della Sardegna hanno nei confronti delle grandi aziende provenienti da altri territori, che hanno un servizio del credito dimensionato in termini di qualità e quantità al loro business.”
Quindi, partendo dall’introduzione del “Reale” come moneta complementare all’euro, questa precisa proposta politica dovrebbe diventare patrimonio comune della nuova classe politica sarda, al di là dei vari schieramenti, se davvero si vorrà impegnare concretamente per ridare alla Nazione Sarda una prospettiva di Sovranità politica e soprattutto “monetaria”.
Mi preme ancora ricordare anche che la Moneta complementare, diversamente dall’euro, non crea alcun tipo di debito pubblico, quindi non indebita i cittadini e non è gravata da interessi, inoltre con l’utilizzo della valuta regionale si potranno finanziare e realizzare opere di pubblica utilità con la partecipazione attiva della popolazione e delle imprese locali.
Si porrà finalmente un freno al dilagare dei grossi centri commerciali che drenando euro verso i mercati esteri, impoveriscono inesorabilmente l’economia locale mettendo in difficoltà i piccoli esercizi commerciali creando ulteriore disoccupazione nel settore. Infine, per dissipare ogni dubbio o preoccupazione sul piano giuridico possiamo affermare che la Moneta Complementare Regionale risulta essere perfettamente legale sia sul piano giuridico che costituzionale.
europezziA questo punto non rimane che una cosa da fare: lavorare tutti insieme per dare alla Sardegna la nuova Moneta complementare all’euro, che rimane pur sempre una “moneta imposta” dallo Stato Coloniale italiano e creata per servire solamente gli interessi della grande Finanza internazionale a danno dei popoli europei.
La nostra sarà invece una moneta solida, affidabile e “REALE” perché sarà garantita dalla ricchezza prodotta con il lavoro da tutti i Sardi e perché sarà la “Moneta Sovrana del Popolo Sardo”.
Come in ogni percorso di autocoscienza, anche questo, dei Sardi e della loro voglia /volontà di determinarsi si scontra con gli ostacoli tipici delle nascite e delle convenzioni con le quali il percorso si accompagna. non mancano esempi da percorrere ne strumenti da utilizzare. Questi ultimi però sono solo fattori esterni, fattori che risentono del tempo e delle condizioni. Parlare di moneta sovrana, stendardi,e di ammenniccoli vari mi ricorda tanto una barzelletta nella quale si racconta che : un padre, di ritorno a casa dal lavor , comunica in famiglia l’intenzione di acquistare un’auto nuova. la felicità che subito si crea per la bella e furura notizia induce subitamente i componenti della famiglia e in special modo i piccoli a litigare tra loro su chi si sarebbe dovuto sedere davanti insieme al babbo. da questa infantile diatriba scaturisce l’immancabile fanciullesco parapiglia con spinte, urla e strepiti. il padre per riportare la calma esclama: be! po commo tuttus a terra!
Ecco, similmente, l’autodeterminazione della propria sorte impone che l’autodeterminante sia un adulto. i fatti e le condizioni della nostra esistenza odierna dicono che adulti non lo siamo affatto, altrimenti non vivremmo nella condizione attuale. ergo prima si faccia l’uomo, poi gli strumenti ed infine l’obbiettivo. Buona Domenica.
Sono d’accordo con il commento di Lucio Sanna, prima dobbiamo sentirci parte della nazione Sardegna, l’altro passo fondamentale e la sovranità monetaria, questa e la base assoluta per far si che esista uno stato Sardo
Alla Sardegna serve innanzitutto una moneta di proprietà della Natzione Sarda che affranchi il Popolo dalla schiavitù della moneta-debito imposta con la forza dal potere colonialista italiano. Diceva un altro Sardo che la vera libertà si ottiene solo con “l’emancipazione dal bisogno” er Antonio Gramsci. Io aggiungo che la vera libertà si ottiene solo con la conquista della Sovranità Monetaria, senza la quale non ci può essere nessuna emancipazione dal bisogno.
Noi Sardi abbiamo la possibilità di introdurre in Sardegna una moneta complementare regionale “Il Reale” (S’Arrialli)l’unica cosa che manca è, come al solito, la volontà politica per farlo.
È bello alzarsi la mattina e leggere un articolo come questo… Bisogna riconoscere che il sacrificio giornaliero di pochi sta finalmente producendo i frutti di un lungo e paziente lavoro…respiriamo tutti quest’area e cerchiamo di andare avanti e raggiungere insieme l orizzonte che pare assai vicino…grazie per le belle parole di speranza che aiutano ad andare avanti e a stringere i denti ogni giorno di fronte a mille difficoltà..