di Paolo Maninchedda
Mi ha molto colpito l’omicidio di Giulio Regeni, il giovane studioso ucciso in Egitto. Ho avuto la sensazione di un martirio, di un’intelligenza pacifica colpita e uccisa da un mostro. Ho immaginato il suo volto straziato come se fosse quello di mia figlia. Ho avuto una sensazione terrificante e dolorosa.
È chiaramente un omicidio di Stato, non foss’altro perché si è ripetuto il macabro rituale della scomparsa e poi del ritrovamento casuale. Succede sempre così.
Faccio l’insegnante da sempre, prima nelle scuole superiori poi all’Università. È il più bel mestiere del mondo: si formano persone. Ci si trova davanti il campionario di varietà che la natura è in grado di generare. Si ama moltissimo, si soffre altrettanto: si dà gratuitamente, si inevste emotivamente sulla crescita delle persone e poi si vede svanire tutto, giustamente, nell’avventura solitaria dei ragazzi nel mondo. Li si saluta e si viene salutati e dimenticati. Accade un po’ ciò che accade con i figli.
La morte di Regeni mette tutti noi insegnanti di fronte a una grande responsabilità. Educhiamo tanto al senso del dovere; educhiamo ad avere un senso autonomo e personale della verità e della giustizia; educhiamo a impegnarsi sul bene del mondo, ma quanto educhiamo i ragazzi e i giovani a difendersi dal male? E quanto li educhiamo a sapere che una delle forme più sofisticate di male è il potere autoritario, il potere con la pretesa onnicomprensiva della realtà? Li educhiamo poco.
Noi piangiamo le anime pulite colpite dal male, ma non esplicitiamo a sufficienza a scuola la conoscenza e la diffidenza verso il male. Il male, come la morte, è dato per scontato e rimosso, per cui quando lo si incontra nella vita adulta- se non lo si è incontrato prima – ci si trova sguarniti, indifesi.
Rugeri raccontava il male e il bene del grande mondo che sta oltre l’Europa. Aveva paura e lo diceva. Il male che aveva incontrato aveva il volto e l’organizzazione dello Stato. Terribile. Quanto dobbiamo vedere allungarsi la lista dei martiri civili della storia? Dobbiamo portare nelle scuole e nelle aule universitarie la conoscenza dettagliata di queste vicende, dobbiamo insegnare non solo l’impegno, ma anche l’astuzia e la velocità nel difendersi, nel nascondersi, nel fuggire per poi ritornare, nel combattere sapendo combattere. Mai più giovani al Minotauro, mai più.