di Paolo Maninchedda
Una politica che accetti la realtà come destino, rinuncerebbe al suo dovere principale che è preservare il patrimonio indisponibile e trasformare lo storico.
La realtà della Sardegna di oggi non è tollerabile. Il presente così com’è non è tollerabile.
A chi piace il tempo in cui stiamo vivendo? La Sardegna di oggi ha lo stesso impianto istituzionale, economico, fiscale, culturale ed educativo che aveva quando io frequentavo il liceo, fatte salve alcune marginali innovazioni. La calma piatta, l’estetica della Sardegna da conservare immobile sottovuoto è insopportabile.
La risposta a questa calma piatta che non ci piace è l’azione nei tempi e nei modi giusti.
Faccio qualche esempio. A fine anno c’è stato un confronto duro tra la Giunta e il Governo sul tema dell’energia. Se anziché concludersi in questi giorni o in queste settimane dovesse continuare per i prossimi mesi, ci troveremmo di nuovo di fronte all’ennesima agonia di cui parlare senza poter fare nulla. Non ce lo possiamo permettere. Bisogna ragionare diversamente e coniugare sapere tecnico e determinazione politica. Bisogna inventare un nuovo sistema energetico, emanciparci da Terna e Enel e nel frattempo difendere il difendibile, tenere aperte le zone industriali, respingere le tecniche dilatorie, le logiche burocratiche della “domanda fatta male”, dell’ “addizione che non torna”, della “procedura sospettabile”: tutto già visto, tutto sospettabile di una strategia dell’abbandono e della subordinazione.
Si è vociferato di un’ipotesi G7 alla Maddalena. Bene, è chiaro però che se si deve fare qui da noi, la decisione deve essere presa ora, non fra uno o due mesi. Anzi, dire che si va a due o tre mesi vuol dire che non si vuole mettere a posto lo scempio fatto col G8.
Non ci vuole molto a capire che il lungo periodo storico dell’Autonomia, celebrato dai suoi protagonisti in modo osannante, forse perché preoccupati di ciò che le crepe del presente svelano rispetto a un passato celebrato come glorioso e in via di svelamento come miserabile, ci ha regalato acquedotti e reti fatiscenti, fogne colabrodo e depuratori da rifare. Io incalzo molto Abbanoa sul miglioramneto della sua efficienza tecnica, ma il dato dell’invecchiamento precoce delle infrastrutture fatte anche vent’anni fa è sotto gli occhi di tutti. È chiaro che dobbiamo rifare quasi tutto. Per rifarlo non bastano i soldi pubblici. Come è stato detto a più riprese, in giro per il mondo queste cose si fanno attingendo dai fondi di investimento. Come? I fondi entrano nel capitale in misura largamente minoritaria, finanziano il Piano degli investimenti e si remunerano con le entrate, a tariffa invariata per i cittadini. L’ho detto in più sedi: noi possiamo cedere il 5 o il 6% del capitale di Abbanoa mettendolo a bando, mantenere oltre il 70% del capitale e finanziare un piano straordinario degli investimenti. Perché non lo facciamo? Per l’immobilismo dell’estetica di Su Connottu, della logica del lasciare le cose come stanno. Sono decisioni che io non posso prendere da solo e che neanche la Giunta può assumere. Serve il Consiglio regionale, serve il popolo.
I rifiuti. È un tema da affrontare subito e bisogna prendere decisioni importanti, a costo di appellarci al popolo, di interpellare le singole comunità, ma così non si può andare avanti.
La sanità continua a mangiarci ogni giorno che passa risorse destinabili allo sviluppo. Si tratta di controllare i conti, di diffondere le buone pratiche, di riorganizzare i reparti. Nel frattempo, siccome i servizi sanitari non sono dei migliori, chi può, va fuori. Bisogna prendere il toro per le corna; bisogna non confermare i primari incapaci o poco efficienti; bisogna accorpare le strutture ridondanti; bisogna finirla con lo scaricabarile e bisogna fare in fretta. Ogni giorno passato in sanità a chiacchierare del miglior sistema possibile, si trasforma in un millimetro in più nella falla sanitaria.
Abbiamo bisogno di capire che cosa vogliamo fare con chi ha perso il lavoro ed è a reddito zero. Il Welfare è cambiato, d’accordo; abbiamo più strumenti di politca attiva e meno di politica passiva, d’accordo; poi però c’è un fatto: c’è troppa gente che non rientrando nel sistema produttivo è a reddito zero. Che si fa? Qual è la ricetta per dare loro una speranza e non solo un’analisi? Come orientare ogni euro di finanza pubblica, come orientare l’utilizzo di ogni bene pubblico, a produrre ricchezza e lavoro? Certo, fino a quando la Sanità mangia ogni incremento di gettito fiscale ci sarà poco da fare, ma anche per il consenso neccessario alle riforme, bisogna almeno dire che cosa si sarebbe potuto fare con un po’ di risorse in più.
Insomma, io non mi rassegno. Se non c’è vento, remo, se non ho remi nuoto, ma non sto fermo. Preferisco morire perché mi scoppia il cuore piuttosto che morire di idropisia per essere rimasto troppo tempo immobile e in ammollo.
Comments on “Insostenibile calma piatta”
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Alla politica servono dei metodi di sistema che permettano di controllare ed estendere i risultati raggiunti. Non si può fare nessuna ricetta, se non esiste una terapia. Vale per la Sanità come vale per l’industria energetica e per il lavoro in generale. Se la strada è questa ok, altrimenti, davanti a quest’involucro di estetica apparenza, dov’è evidente che ci sono assessori e consiglieri che macinano ed altri no, tanto scrupolo a sostituirli… nessuno ad impedire l’emorragia a fiotti dei posti di lavoro, allora è doveroso fare un bilancio di mezzo mandato, stringersi la mano, stabilire una data di morte per questa politica… e tornare ad elezioni. Esiste tanto coraggio? Le persone che meritano si stringeranno attorno a un nuovo progetto di Sardegna e vinceranno di nuovo, i fannulloni a casa. E’ indubitabile che servono mandati politici contrassegnati dalla forza del popolo. Ti voto, se una volta eletto mi garantisci di portare avanti esattamente determinati progetti. La terapia è questa e deriva dal popolo. Finora la politica ha intelligentemente mutuato dai medici una prerogativa di gran comodo: non garantire, oltre a quello di mandato, l’obbligo di risultato. E l’impressione è che noi sardi siamo intossicati da un mix di farmaci inefficaci, da uso improprio-abortivo-sovrapposto di strumenti e risorse. L’accanimento terapeutico, la disinformazione, una farmacovigilanza all’acqua di rose, hanno spesso depresso le difese naturali dei cittadini. E’ colpa grave e malcostume se e quando la politica ha diffuso, perché tanto è successo, le terapie convenzionali e non curative ai molti, e certe terapie ‘non convenzionali’ a pochi privilegiati. E quando la politica locale fa semplicemente il karaoke di quella nazionale, motivando il tutto come leale collaborazione entro il contesto nazionale, prona alle decisioni di primo piano del governo per conto delle multinazionali o chi per loro, ha già dato una pessima prova di sé. Previsioni di crescita su una base di perdita sono tutte da spiegare. Allora più che ippocrati abbiamo mediocrati che distribuiscono medicine senza ricetta. E la Sanità è emblematica di quello che esattamente succede ovunque negli altri settori, né più né meno. Giunta e Consiglio sanno benissimo dove si annidano gli sprechi e quale sia la ridondanza dei centri di costo della Sanità, che già è una macchina mangiasoldi nelle sue maglie (e piaghe infette) burocratiche e amministrative; ma in aggiunta forse ci dimentichiamo che la sanità costa tanto perché il terreno produttivo in Sardegna è sempre a maggese, e sono le attività produttive ad aver sempre sostenuto Salute pubblica e Previdenza. E’ il ‘sistema’ a sbroccare, inficiato da cattive prassi, non tanto i servizi sanitari. Che la Sanità pubblica non possa andare oltre il pareggio di bilancio può essere anche un’opinione personale, ma che la Facoltà di Medicina sarda sia eccellente, baroni a parte, e la docenza sia di altissima qualità, è indubitabile. Ci sono servizi, vd il polo cagliaritano della chirurgia, della cardiologia, della neonatologia, dell’oncologia, dei trapianti… in grado di ottemperare agli standard e trials terapeutici più avanzati, che la Lombardia si sogna, con tanto scrupolo umano nel personale medico e paramedico; e la favola di andare a curarsi fuori dall’Isola molti pensano sia qualcosa, anch’essa pilotata. Il limite come al solito è l’arrondissement burocratico, che osta alle buone pratiche aggiuntive, che censura o dissocia la teoria dalla pratica medica, che non consente la sperimentazione e la ricerca, poi l’incubo paranoideo del Sisar, il ritardo allucinante di Medir, la giusta insofferenza dei medici di famiglia. Mancano politiche eugenetiche di cambiamento, regole di condotta valide per tutti, abbiamo sovraccaricato il sistema pubblico d’incombenze che andrebbero ricondotte alla responsabilità privata, liberalizzando e privatizzando certi settori di pubblica utilità. Se la summa potestas del pubblico non se la sente più o francamente non è più in grado di reggere la prova sociale del progresso e del cambiamento, faccia un passo indietro. La gente è stanca di fare sempre le stesse domande senza risposta, è esausta di una politica che non riesce più a reggere e mediare il confronto tra progresso scientifico e problema morale. In Sardegna abbiamo bisogno sia salti qualitativi che di morbidi cambiamenti evolutivi, sinistra e destra sono diventate uguali, non si capisce più chi voglia ripescare il passato e chi protendere da progressista. La comunicazione dei buoni intenti è quanto meno carente. Forse è vero che una volta giunti al potere i politici non possono più dire la verità. Maninchedda escluso.
Condivido il tuo pensiero, “la calma piatta, l’estetica della Sardegna da conservare immobile sottovuoto è insopportabile.La risposta a questa calma piatta che non ci piace è l’azione nei tempi e nei modi giusti.”
Hai citato diverse importanti situazioni, te ne ricordo un’altra a cui tieni e noi teniamo tanto, la rete ciclabile della Sardegna, a distanza di mesi l’Arst, incaricata dall’assessorato non ha ancora mosso un dito, noi e l’università stiamo ricevendo tante richieste a cui non possiamo dare risposte, dicendo loro che stiamo attendendo sviluppi “tempi e modi giusti”. Confido in un tuo intervento
…. Sarebbe Utile smettere di dividersi tra i due Canoni Politici itaGlianisti di CDX e CSX ? … E mettersi attorno ad un Tavolo Veloce che produca soluzioni sensate in Virtù del Sacrosanto diritto dei Sardi di NON DOVER subire negatività dalle Soluzioni ItaGliane ? … Chiedo Troppo ? …
Sono sempre troppi gli studi e le analisi e pochi gli interventi….