di Paolo Maninchedda
In molti mi chiedono se conosco il nuovo Ad della Tirrenia, Massimo Mura.
Ovviamente sì, lo conosco. È mio vicino di casa a Macomer, figlio del mio indementicato, intelligente, buono, maestro della scuola elementare. Lo conosco sin dall’infanzia e sono sinceramente affezionato a lui e a tutta la sua famiglia. Qualcuno dirà: «Un altro macomerese!». In realtà siamo tutti macomeresi di nascita e di ‘giovinezza’, poi, da buoni macomeresi educati a lavorare, siamo finiti dove il lavoro ci ha portati.
Ma le strategie del suo azionista sono altra cosa. Io sto dall’altra parte. Mi piacciono molto i rimorchiatori, ma non sopporto gli anelli e i cappi.
Sto studiando una sentenza dell’Antitrust sulle rotte dell’Elba. Sto studiando i bilanci Tirrenia, della Tirrenia di Morace, per capire l’alta redditività del contributo statale. Scriverò nei prossimi giorni. Tuttavia già fin d’ora posso dire che il problema non è se Onorato voglia o non voglia alzare le tariffe, ma semmai perché non le abbassa, dati i venti milioni di utili dell’ultimo bilancio.
Ma ne parleremo nel dettaglio nei prossimi giorni.
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Partiamo da un dato incontrovertibile: la Sardegna è un’isola e, per raggiungerla dalla terraferma, o viceversa, bisogna varcare il mare.
Ebbene, a meno che qualcuno non sia talmente abile da farlo a nuoto, ciò che servono sono collegamenti, aerei o navali. Collegamenti, seri ed a tariffe accessibili, a tutti. Ciò deve essere, non solo per i residenti ma, anche per coloro che in Sardegna vengono per soggiornare e lasciare una parte della loro ricchezza.
Cosi dovrebbe essere!
Invece, continuiamo ad assistere, proni, ai soprusi che, nel nome di una falsa concorrenza, ci vengono inflitti ogni giorno rapinandoci dei nostri averi per usufruire di un servizio che dovrebbe essere sacrosantamente pubblico ma che mi astengo dal definirlo nella sua meschina oscenità.
Non solo, al pari del danno perpetrato nei nostri confronti, bisogna considerare quello consumato a carico dei turisti che, inevitabilmente si riverbera sulla nostra economia. A questo proposito, vi invito, qualora non lo abbiate ancora fatto, ad entrare nel sito delle maggiori compagnie di navigazione ed effettuare una semplice simulazione di prenotazione di un biglietto per la Sardegna. Vi accorgerete che la tratta (andata e ritorno) Olbia Civitavecchia, ad una comunissima famiglia di 4 persone (due adulti e due bambini), con auto al seguito, costa la bellezza di 805,24 euro. Si tratta di famiglie, non di polli disposti a farsi spennare impunemente.
È poco dignitoso, per un Popolo che vuole l’indipendenza, sottostare a singoli personaggi che decidono le tariffe giorno per giorno (facendo le simulazioni nei siti citati potete verificare che i prezzi variano a seconda del periodo) e che decidono di far partire le navi un giorno si e l’altro no a seconda della convenienza, dimenticandosi che si tratta, appunto, di un pubblico servizio. Penso che chicchessia, solo perché si è aggiudicato una gara, non possa arrogarsi il potere di sequestrare un Popolo intero limitandone i movimenti.
Pensate a quante grasse risate costoro si faranno, ogni giorno, delirando di onnipotenza e ringraziando il cielo di quanto mite sia il Popolo sardo, che con fare masochistico continua a non ribellarsi.
Quanto si sentiranno invincibili, costoro, quando accondiscendenti mass media li invitano a rilasciare interviste a senso unico, senza alcun contraddittorio, liberi di lanciare messaggi, a volte, oltre il limite della decenza.
Trasparente sarebbe, da parte di costoro, rendere nota la quantità di danari che sono transitati e transitano ancor oggi nelle casse di tali media sotto forma di compensi per la realizzazione di spot pubblicitari. Utilissimo, per il cittadino comune, sarebbe venire a conoscenza di quali contratti siano stati firmati in concomitanza con le prese di posizione contro la flotta sarda, fino alla sua capitolazione. Un ininterrotto bombardamento mediatico che aveva il preciso obiettivo di orientare l’opinione pubblica in senso contrario all’iniziativa regionale. Una pressione mediatica incessante che basava le ragioni dell’azione sulla scarsa redditività della flotta sarda e sull’impatto negativo che questa aveva sul bilancio regionale. Una distorsione della realtà che volontariamente ometteva di precisare che il danaro speso dalla Regione non era sprecato, ma contribuiva ad abbattere tariffe insostenibili, le stesse alle quali, il Popolo sardo ed il settore turistico isolano sono oggi obbligati a sottostare.
A Innantis!
Il Comandante
Se fa utili vuol dire che non ha bisogno di sovvenzioni o contributi statali. Deve invece essere lo Stato/Regione a garantire la continuità territoriale attraverso apposite clausole inserite nel contratto di fornitura di servizi legato ai contributi statali. Devono essere ben definite le rotte per poter raggiungere tutta la penisola dalla Sardegna e viceversa a prezzi accessibili per noi Sardi così come tutti gli altri cittadini Italiani riescono a raggiungere, senza salassi economici un qualsiasi posto nella penisola in auto o con le ferrovie. Se questo invece come lo stato attuale delle cose non succede, lo stato o la regione devono intervenire perché questo individuo ci guadagna sopra non una, neanche due ma più volte dando un servizio scadente da terzo mondo (Tirrenia).
Onorato non avendo dei veri concorrenti a farle concorrenza
Fa e disfa come le pare perché nessuno si oppone alla sua arroganza da imprenditore,lui se lo può permettere avendo le spalle coperte dal governo dello stato italiano perché se così non fosse non avrebbe tutti quei poteri.Fino a quando imprenditori sardi non investiranno in una vera flotta sarda non riusciremo mai a contrastare imprenditori della stazza di Onorato.E per poter fare qualcosa bisogna che i politici sardi e gli imprenditori siano uniti e consapevoli delle loro forze