di Paolo Maninchedda
Gustavo Zagrebelsky ha scritto un libretto. Si intitola Contro la dittatura del presente. Perché è necessario un discorso sui fini. Chi pensa che si tratti di un libro di fanfaluche umanistiche si sbaglia. Nelle ultime pagine – lo dico per gli specialisti delle sveltine intellettuali, quelli che vogliono andare subito al sodo – ci sono due Appendici molto istruttive. La prima si intitola: I numeri della post-democrazia (vi si trovano tabelle e questionari interessanti. Due, per esempio, sono dedicate a confrontare i compensi dei senior manager e dei Quadri dei governi centrali nei paesi europei. Tra i senior, i più pagati sono gli italiani, tra i Quadri gli olandesi). La seconda è intitolata Cronologia degli ultimatum ed è una rassegna stampa dal 2010 al 2014 dei diktat europei sull’Italia: molto istruttiva.
Dopo il saggio vero e proprio di Zagrebelsky, si va prima a lezione da Platone e Aristotele, poi si possono legegre una serie di interviste: Todorov, Rosanvallon, Canfora, Augé.
Perché suggerisco questa lettura? Perché il dibattito politico sardo si occupa di tutto fuorché dell’essenziale. Il libretto può essere utile a capire meglio gli aspetti strutturali del tempo in cui viviamo.
Faccio degli esempi. Oggi il problema centrale è produrre lavoro e reddito in una fase recessiva, cioè in un momento in cui non produciamo ricchezza e consumiamo risparmio. La Giunta di cui faccio parte ha un problema gigantesco davanti: cambiare la struttura del sistema produttivo sardo, perché così com’è non va da nessuna parte, e al tempo stesso, accompagnare questa profonda riforma con misure keynesiane di sostegno al lavoro e al reddito. Il tutto senza poter far riferimento a grandi spazi di finanza pubblica. Questo è il punto.
Viceversa, si parla di tutto e di più. Ogni briciola che si sposta dal tavolo è un reato di lesa maestà. Troppe rendite di posizione, troppe posizioni protette stanno lì, abbarbicate intorno al bilancio regionale ormai esangue. Mentre noi ci dibattiamo in questa drammatica situazione, accade che il sistema europeo non è più democratico. Dice bene Canfora: «Credo che la caratteristica più visibile sia la crescente autorità di organismi non elettivi e non soggetti a forme di controllo democratico, ma squisitamente tecnici e strettamente legati al grande potere finanziario sovrannazionale, che travalica i confini degli Stati». La Sardegna è una nazione a sovranità limitata in una fase storica in cui il mondo sta producendo soggetti, non Stati, a sovranità concentrata e Stati a sovranità concessa, revocabile e marginale.
Per stare in questa situazione difficile e combattere per la nostra libertà, bisogna sempre avere una grande idea in testa, cioè avere degli scopi e non essere in balia delle bolle comunicative del presente. Bisogna avere idee in proprio, non legegre i giornali per scegliere l’idea del giorno o, peggio, iscriversi a lobbies intellettuali. Il lobbismo è la malattia della recessione italiana. Si reagisce al rischio con la logica del branco. E c’è anche un lobbismo intellettuale un po’ rituale, in cui gli stessi soggetti si fanno le domande e si danno le risposte, anche loro per la competizione su quattro soldi pubblici.
Una parola sulla Conservatoria delle Coste: il problema è la politica del Demanio regionale. Serve una vera direzione generale del Demanio, non un sistema di poteri che si occupino di demanio di dritto o di rovescio (ieri ho fatto di conto: solo sui porti intervengono gli assessorati degli Enti Locali, dei Trasporti, dei Lavori Pubblici e dell’Ambiente. Non parliamo delle spiagge e dei litorali – nel caso interviene anche ‘Agricoltura!-.) Non possiamo avere per ogni specifico scopo una direzione generale regionale. Non è più possibile. Bisogna accorpare e semplificare la macchina regionale, sviluppando nei servizi le politiche di tutela che vogliamo perseguire. È difficile ma è anche inevitabile.
Comments on “Suggerisco una lettura per combattere meglio”
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Chi si ricorda ancora la riforma soriana del 2008?
Lo scrivo da DG, serenamente consapevole delle conseguenze personali, l’ho affermato nelle sedi dovute: sprechiamo l’opportunità del momento se il Consiglio non stravolge la 1 del ’77 e non riduce a meno di un terzo le DG in essere. Pregai in ginocchio diversi Consiglieri ’09-’14, perché – Bassanini docet – in Italia queste sono scelte da fine mandato a futura memoria per il quinquennio successivo. Però … un bel colpo di reni all’avvio ci qualificherebbe e non poco.
Isn’t it?
«Credo che la caratteristica più visibile sia la crescente autorità di organismi non elettivi e non soggetti a forme di controllo democratico, ma squisitamente tecnici e strettamente legati al grande potere finanziario sovrannazionale, che travalica i confini degli Stati»
Al vertice della piramide sociale non c’è più il POLITICO , è stato sostituito dalle persone che detengono il potere finanziario .
A distanza di tanti anni mi viene in mente il mio insegnate di economia politica che ci faceva sorridere , infervorandosi , nel descrivere le multinazionali come il ” CANCRO DEI NOSTRI GIORNI ” ; certamente il POLITICO è stato spodestato anche perché gli esempi che ha dato di rettitudine , di onestà e di capacità sono da SCHIFO .
Non credo che chi è andato in politica sia la rappresentazione della nostra società .