Oggi i giornali sardi cercano di vendere con la cronaca nera, cioè raccontando delitti efferati. A ciascuno il suo. I giornali italiani si dedicano ad Allegri.
Data questa scelta di necrofilia in nome del mercato della stampa sarda quotidiana, possiamo dedicarci ad altro e in primo luogo a riprendere un passaggio dell’intervista (si fa per dire) del Direttore della Nuova al Presidente Solinas. Alla domanda sulla peste suina, Solinas avrebbe risposto: “Basta usare le squadre con incappucciati per intervenire in quegli allevamenti“. Ovviamente, secondo la tradizione cossighiana, ciò vien detto elogiando comunque l’opera svolta dalla Giunta Pigliaru, cioè vien detto secondo la peggiore tradizione clericale e democristiana (malamente descritta da Sciascia in Todo Modo) del dire le cose peggiori mascherandole con i fiocchetti dei complimenti.
Parlare di “squadre di incappucciati” per designare le pattuglie del Corpo Forestale che hanno operato per gli abbattimenti è un indicatore lessicale di schieramento. Quando si sono viste in Tv le immagini dei poliziotti e dei Carabinieri che arrestavano importanti mafiosi o camorristi con i passamontagna, nessuno si è sognato di chiamarli incappucciati.
È pur sempre possibile che si tratti di un recupero dell’infanzia letteraria del Presidente della Regione e che dunque gli siano rimasti nell’orecchio i versi del Vespro di Natale di Sebastiano Satta: “Incappucciati, foschi, a passo lento, / tre banditi ascendevano la strada / deserta e grigia, tra la selva rada / dei sughereti, sotto il ciel d’argento”.
E il problema è tutto qui: definire “incappucciati” gli agenti è sintomatico di uno schieramento: dall’altra parte. Tutto questo in nome di un maggiore coinvolgimento delle popolazioni locali? Ma il problema non è mai stato il coinvolgimento delle popolazioni locali, ma dei proprietari delle bestie infette che pascolano liberamente e infettano liberamente in terreni prubblici e che danneggiano liberamente chi vuole produrre salumi e carne di qualità in Sardegna. Sarò attentissimo a verificare quali forme di collaborazione e dialogo si metteranno in atto per dialogare proficuamente con questi soggetti. Attenzione però non solo a non sconfiggere la peste suina ma soprattutto a concorrere a diffondere la peste politica dell’aggiustamento continuo della legalità. Ma questo non lo debbo spiegare a chi è laureato in Giurisprudenza sebbene secondo procedure amministrative inattingibili, inviolabili, metaforicamente incappucciate.
Oggi ricorre il 31esimo anniversario della morte di Enzo Tortora che fece la campagna elettorale delle europee del 1984, per il Partito Radicale, da detenuto agli arresti domiciliari e che, dopo essersi candidato, dovette patire una richiesta di rinvio a giudizio per associazione a delinquere e traffico di stupefacenti. Il camorrista Tortora. Oggi pochissimi avrebbero il coraggio di candidare un detenuto vittima del sistema giudiziario per denunciare il sistema. Eppure il sistema è rimasto all’ingrosso quello di allora: il capo ufficio tecnico del Comune di Sassari viene assolto dopo sei anni dall’accusa di abuso di ufficio sulla base di carte che erano ampiamente disponibili anche in istruttoria.
Continuano gli effetti imperiali di Moirano. A Sassari per farsi una Pet bisogna aspettare un mese. Per chi ha una malattia oncologica un mese è un’eternità. A Lanusei, e non solo (si pensi a Ghilarza) mancano i medici. Ogni tanto, però, si fa un peana al Mater Olbia. Almeno, dico, almeno, si chieda scusa.
Oggi è l’88esimo giorno di silenzio della Nuova Sardegna sulle legittime domande sulle procedure di laurea del Presidente della Sardegna. Tuttavia, giungono vocine che direbbero che le strade in discesa della amministrazione universitaria palatina, seppure discretamente e con le opportune riservatezze, si stiano tramutando in strade in salita in altre sedi e in altre amministrazioni dello Stato (italiano).