La giornata di oggi è scandita dai titoli di apertura di entrambi i quotidiani sardi sui presunti 24 pastori indagati per le violenze subite da alcuni privati durante il mese che potremmo chiamare del ‘latte elettorale’.
Come ampiamente prevedibile e annunciato, si è passati dal “pastore lusingato” al “pastore arrestabile”, forse “prossimo arrestato”, diciamo “arrestando”. Ricordo bene quei giorni in cui anche molti media non raccontavano di assistere a fatti equivoci, dove proteste civili si mischiavano con proteste violente e incivili; la gran parte dei cronisti lisciava il pelo agli esagitati e ho ben presenti le immagini di una cisterna assaltata sotto gli occhi di un’auto, non ricordo se dei Carabinieri o della Polizia. La domanda è: secondo quale regolamento di polizia le forze dell’ordine non debbono intervenire in flagranza di reato? La risposta è: quando è a rischio complessivamente la tenuta dello Stato e dell’Ordine pubblico. Ne consegue che se qualcuno dovesse malauguratamente promuovere una rivolta violenta contro lo Stato, la Polizia e i Carabinieri (cui, sia chiaro, sono eticamente e politicamente contrario), per non mettere in discussione lo Stato, staranno fermi e lo faranno cadere. Ovviamente non è questo il motivo dell’apparente passività pregressa delel forze di sicurezza, ma un approccio di Stato alle azioni dei pastori molto più sottile e volto a incanalare, in periodo elettorale, la protesta verso la scelta di una specifica proposta politica.
Ora mi chiedo: ma la celeberrima promessa di mettere un pastore o comunque un uomo che viene dal mondo delle campagne a guidare l’assessorato all’Agricoltura, che fine ha fatto?
Mi chiedo ancora; ma l’irrinunciabile euro al litro, che fine ha fatto? quello che si doveva decidere in pochi giorni, pancia a terra?
Oggi il Pecorino romano è mediamente venduto a 6,40 euro al chilo, il latte è pagato, dai privati, 0,74 centesimi al litro, Iva inclusa, secondo l’accordo fatto tra sardi, ma firmato da un prefetto italiano perché così ha voluto la diffidenza tra sardi.
La magistratura fa il suo dovere, ma mi chiedo: nessuno procede contro un ministro della Repubblica che è venuto in Sardegna a dire che si faceva il Pecorino romano col latte rumeno, essendo lui, il Ministro, il responsabile della Repressione frodi, cioè dell’organo che dovrebbe vigilare e sanzionare queste frodi? Ma soprattutto: la frode è stata accertata? Se sì, che cosa si è fatto? Se no, che cosa si intende fare con un Ministro della Repubblica che è venuto a denunciare, in campagna elettorale, una frode inesistente e che qualora fosse stata reale, lui stesso avrebbe dovuto reprimere e sanzionare?
Ma che domande faccio? Siamo in Italia, suvvia.
Al mondo delle campagne (a parte una sparuta e resistente minoranza) che ha sempre votato gli italiani dotati di potere e creduto alle loro bugie, vorrei dire con chiarezza che quella del latte elettorale è stata l’ennesima fregatura annunciata, la quale aveva però, come sempre e sin dal principio, i segni e i contrassegni della bufala.
Chi crede ai bugiardi che si dichiarano tali, vuole credere alle bugie. Perché lo fa?
Per ostilità al proprio vicino, per ostilità tra sardi. Un suicidio sociale di proporzioni apocalittiche.
Vorrei dire al mondo libero delle campagne, quello che non mena le mani, sta lontano dalle armi e che vuole capire, che per capire bisogna conoscere gli avversari. Ecco, per capire che cosa è successo in campagna elettorale in Sardegna cito un brano dal Mein Kampf di Hitler, finalmente disponibile in edizione critica:
“La capacità recettiva della massa è assai limitata, la comprensione ridotta, la smemoratezza diffusa. Per questi motivi, una propaganda efficace deve limitarsi a pochi punti da ripetere sotto forma di slogan, finché anche la persona meno dotata riuscirà a metabolizzare i concetti espressi”.
Chi ha adottato queste tecniche? Fatevi la domanda e datevi la risposta. Hitler scriveva che le masse non studiano, non sono laureate e non leggono. Amano la parola detta. Amano chi con un discorso sa conquistare il loro cuore e poi dimenticano tutto, aspettando un nuovo discorso emozionante. Ecco, così è stato fatto. Conquistato il cuore in campagna elettorale, promesso il carcere e l’abbandono subito dopo.
A proposito di laurea.
Sono circa 80 giorni che La Nuova Sardegna tace sull’insondabilità delle procedure di laurea del Presidente della Regione presso l’Università di Sassari. Non c’è da stupirsi. Sassari è una città difficile, dura, avezza alla lotta, alla dialettica, al ‘detto’ e al ‘non detto’ (per esempio, leggete i due ritratti di Cossiga presenti nella carrellata dei maestri del sito del Dipartimento di Giurisprudenza: entrambi non parlano del professor Cossiga impegnato con le leggi speciali antiterrorismo, entrambi tacciono il dramma del sequestro Moro, ma non di meno sono diversamente e sottilmente critici; l’uno restituisce il profilo di Cossiga ‘uomo di mezzo’ – mai sintagma fu più azzeccato – e ‘in mezzo’ alla gente e al potere; l’altro fa intravedere i solidi rapporti massonici familiari e l’inquietudine psicologica che fu un tratto dominante del Presidente scomparso). Il fatto più interessante è che l’Ateneo rinuncia (e fa bene) a un profilo ufficiale e di fatto dica: “Ognuno scelga quello in cui meglio si riconosce”. A Sassari si ‘compongono’ le cose anche così.