Oggi il ministro italiano Calenda viene intervistato dalla Nuova Sardegna e fa l’elogio dell’industria 4.0, cioè dell’industria pulita, ecosostenibile, con rilevante e stabile impatto occupazionale, alta produttività e buoni margini. Ovviamente dice anche che tutto questo non solo è possibile in Sardegna ma che è anche già in corso, giacché sarebbe in funzione a Porto Torres e a Portovesme.
Chi ha verificato che la ripresa della produzione dell’alluminio nel Sulcis è ecosostenibile? Ancora nessuno.
La chimica verde è realmente e integralmente partita? È realmente sostenibile?
Sono domande semplici che facilmente attestano che ancora c’è chi, come noi, non accetta che la realtà politica sia fatta dalle parole e non dalla realtà trasformata.
I presupposti per l’industria 4.0 sono l’istruzione e la formazione, cioè le due più grandi emergenze della Sardegna.
Per essere liberi e indipendenti bisogna essere istruiti e abili, bisogna sapere e saper fare.
C’è un problema molto serio di informazione in Sardegna e lo sappiamo. Gli organi di informazione raccontano più i comunicati stampa che i fatti. Anzi, per meglio dire, non cercano più i fatti. L’informazione più inutile è quella della Rai. Altro che servizio pubblico: potremmo definirla “servizio di ripetizione pubblico”!
Ma al di là di questo, il vero problema è che sta riemergendo il vecchio, fallimentare e già sperimentato modello di sviluppo; miniere, fabbriche inquinanti, caserme (come non ricordare la lunare intervista del ministro Pinotti che indicava come misura di concorso allo sviluppo dell’Isola il popolamento della Caserma di Pratosardo), assistenza. Noi siamo da un’altra parte.