È lì che attende una risposta da decenni, ma la Sinistra non la dà.
La domanda è: perché in Scozia, in Catalogna, in Germania, in Belgio, la Sinistra accoglie il tema della nuova sovranità, della nuova Europa, in una parola, dell’emancipazione dalla geopolitica europea dalle rigidità dell’Ottocento, e qui in Sardegna, invece, è tanto ottocentesca da apparire romantica?
Perché si tappa gli occhi di fronte alla slealtà di Stato, fa finta di non vedere la slealtà fiscale, fa finta di non vedere uno Stato che non paga 153 milioni di assegni di mobilità e quando trova una Regione che li anticipa, come la Regione Sardegna, la costringe a contare queste anticipazioni dentro il Patto di Stabilità? Perché la Sinistra fa finta di non vedere che all’alluvione hanno risposto i sardi, non lo Stato?
A queste domande io non so rispondere politicamente, sono tentato di farlo sul piano della dipendenza psicologica e dell’inerzia culturale.
Ma il tema resta lì: o Sel, come noi auspichiamo, o parti rilevanti del Pd, come sembrava che potesse succedere non molto tempo fa, decidono con noi di fare in Sardegna ciò che in Catalogna è stato fatto con Esquerra Republicana, o tutta la politica sarda si infiacchisce. Bisogna produrre un evento politico nuovo e grande, che segni la differenza con l’eredità del dopoguerra. L’attuale sistema politico è debole e stantio, ma non per colpa altrui, per inerzia nostra.
Comments on “La domanda che la Sinistra sarda non vuole”
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Come di seguito, potrete capire, di solito non scrivo in versi, ma provo comunque a dare un contributo, affidandomi ad una leggera ironia, anche perchè il termine sinistra, ha una sua precisa genesi, che non sto quì a spiegare, se non ricordare che è strettamente in correlazione con le parole libertà, uguaglianza, solidarietà, dignità e cittadinanza, che non per questo sono termini di proprietà esclusiva della sinistra, ma certamente perlomeno da un punto di vista squisitamente politico, dalla stessa sempre fortemente sollecitati.
rivoluzionariu sò naschidu
de Berlinguer, Gramsci e Togliatti
Elogios cantau appu in tott’ue
ca cun issos mi sò istruidu
Su destinu mi passa s’opportunidade
de cussos consizos, ponne fruttu
impegnandu forza e intelligenzia mia
po’ ‘na Sardigna, libera e imprena ‘e dignidade
ma itte fazzu?
Sò sempre stadu attentu
a sas indicaziones
de su romanu palazzu
ite cosa anta a penzari
renzi, boschi e giorgio
ki cun sa conca mia
due provo a arrejonari
kali su destinu, kali garanzia
sa liberatadi cun dignidadi
est cosa ‘e allegheteris
sunti contos de fantasia
a me conviene restare fedele al mio partito di roma
che mi dice che la sovranità della sardegna è una barzelletta antistorica
e non importa se la mia terra,
non conta nulla nelle romane stanze
e pazienza se noi sardi non possiamo:
eleggere di nostra volontà i nostri rappresentanti in europa,
ma io sono tifoso della juve-
se lo stato rinnega i patti fiscali
ma io sono tifoso della ferrari-
se siamo la regione con più servitù militari
ma a me piace celentano-
se non vengono rispettati i diritti dei lavoratori sardi
ma io ho un amico in lombardia
se ci viene imposto un patto di stabilità quando vantiamo un credito gigantesco
ma la pizza è italiana
se lasciano nella merda tutti i siti industriali distrutti
e il monte bianco dove lo lasci..
etc.., etc.
no, non ho bevuto e neanche fumo, come detto solo leggera ironia, provocatoria certamente. La cosa comica o per meglio dire drammatica, è che se la legge qualcuno degli amici innamorati della italica sinistra, sono più che certo che vi si riconosce!!!
Tra l’altro e finisco, in questo momento stò sprofondato in poltrona, c’è ballarò, se non avessi un grande rispetto per la settimana in cui ci troviamo, mi verrebbe da dire, … … … … perchè ci hai abbandonato……
buona settimana santa e buona pasqua.
Si, a proposito di questa discussione (o magari a sproposito… no isco) ho notato sul web che è disponibile un sito/documentazione riguardo l’esperienza storica del partito di sinistra nazionalitario sardo: DPS, di impronta marxista, attivo da fine anni 70′ fino a fine anni 80′ del secolo scorso… a me pare di ricordare, andavo alle scuole medie, che avessero formulato una proposta di legge per “confederare” la Sardegna alla Repubblica Italiana… grazie.
Ai Sardi piace, e anche molto, il concetto di sovranismo, (strumentalizzato all’occorrenza da partiti di dx e di sx), ma allo stesso tempo si teme di esercitare la sovranità. Come al solito ogni cambiamento deriva dal risultato di due forze opposte: se la sovranità potrebbe sradicare gli individui dai propri diritti, lasciandoli senza protezione; il disagio di non poter più riscuotere i diritti maturati sta facendo esplodere nella maniera più conflittuale ‘la grande consapevolezza’. La sovranità rappresenta oggi l’unico input di ripresa, giustificato dai tempi moderni, di fronte a modelli di riferimento statali ormai obsoleti o insufficienti, a gestire la crisi, supportando il cambiamento. Perciò bisogna insistere: il Partito dei Sardi sta cercando di ‘storicizzare’ il concetto di sovranità, anche in senso europeista. La sovranità è un po’ il codice sorgente del popolo sardo, in una società oper source, dal quale non si può prescindere per dare efficacia a qualsiasi disposizione di governo. Oggi va concepita come reazione, laddove serve avversa, nei confronti di uno Stato assente o sleale, distratto o disimpegnato; una reazione opposta alla marginalizzazione economica e politica dell’isola. Il sovranismo è scolpito nella pietra del Diritto europeo; oggi possiamo dire che l’argomento Autonomia sia deboluccio e il rilanciato neoautonomismo, quand’anche spinto, sarebbe soltanto un intingolo di sovranità. L’autonomismo per troppo tempo è stato più uno strumento per frenare che uno strumento per promuovere la crescita. Attraverso l’assistenzialismo e la diaspora della conoscenza. E fin dal principio era ben lontano dall’idea di Europa. La sovranità si concilia invece con l’idea di Europa dei popoli: ora la specialità serve a colmare il gap tra noi e chi sta meglio di noi. Se siamo preoccupati per l’insediamento anche nell’isola delle economie a basso salario che creano disoccupazione, disarmonie e disambiguità, per il crescente divario tra vincitori e vinti, ricchi e poveri, per l’idrovora fiscale di Equitalia, allora il sovranismo è il livello decisionale al di là dei partiti, dal quale ripartire per ridiscutere le regole di convivenza in Italia e nel mondo. Questo è il momento giusto in cui il presidente della Regione deve rafforzare i suoi poteri di governance del territorio sardo. Puntando sulla sovranità non come un fatto esteriore, ma come bandiera di cittadinanza, in nome della quale si gioca la tenuta del tessuto sociale e l’aspetto anticrisi delle manovre e degli investimenti. Altrimenti non ci resta che piangere, vedendo prescritto dal tempo ogni sopruso subito. Per dirla tutta: laddove si è competitivi bene, ma se continuiamo a dire di essere speciali e non facciamo nulla, allora vuol dire che abbiamo un problema. E il problema è la resistenza culturale al cambiamento. Noi sardi ci sentiamo spesso dire che “se abbiamo bisogno di un regime speciale, allora vuol dire che le regole non funzionano o non siamo capaci di farle funzionare come dalle altre parti”. Ingoiamo. I nodi da sciogliere da noi sono tre: il problema delle entrate e dei tributi propri, la scarsità di credito e l’incapacità di crescita endogena. Primo: dobbiamo rivendicare parti vitali dello Statuto, specie in materia fiscale. Secondo: la verità è che probabilmente da nessuna parte al mondo vi sono condizioni che ‘garantiscono’ una relazione certa tra investimenti e profitto, in tempi accettabili e prevedibili. Terzo: bisogna legiferare bene e sospingere fiducia; convertire in opportunità, il rischio che gli investitori non vengano. E affinchè si risolvano i problemi di infrastrutture e trasporti, di energia e di ambiente, e quindi si produca crescita, è necessario, quella che i giuristi chiamano, la ‘assolta predictability della legislazione’, produrre cioè leggi stabili con effetti prevedibili, effetto che deriva fondamentalmente dal rinegoziare con lo Stato dei nostri diritti. Tutti i partiti dovrebbero dunque chiedersi: cosa stiamo facendo?
NON VEDONO NON SENTONO NON PARLANO
L’Unione europea, si è organizzata dall’alto (con la Commissione di Bruxelles) verso il basso, ha solo seguito questa inclinazione naturale. Sono gli stessi stati ad aver accettato di essere progressivamente spogliati delle sovranità politiche, finanziarie e di bilancio, in questo enorme contenitore dominato da investitori privati e agenzie di rating lo stivale ci è finito dentro in toto, semplicemente perchè sempre più indebitato di conseguenza la perdita di sovranità è stata ed è inevitabile.
“MA LORO NON SENTONO”
Uno stato che non sa quanto sia il gettito delle piccole imprese della sardegna centrale, la dice lunga sulla sua organizzazione e conoscenza del territorio, però utilizza le stesse metodologie di settore nell’Iglesiente e nel Nuorese così come da altre parti meno in difficoltà .. altro che studi quì trova applicazione la teoria dei polli!!! e cioè che in Italia uno mangia 2 polli ed uno niente…ma per la statistica ogni italiano mangia un pollo. “”MA LORO NON VEDONO”” Nello stato membro Italia, i grandi partiti, hanno la stessa vocazione…sono sostenitori delle concezioni e delle posizioni verticistiche Bruxelliane, quindi non bisogna sorprenderci più di tanto se lo stivale cerca di fare copia incolla..dall’alto verso il basso..il verbo sarà sempre più quello di applicare la sua gestione fino a spogliarci delle nostre specificità o quantomeno..renderci come un farmaco senza controindicazioni. E ci risiamo con la colonizzazione, stavolta omologata. Siamo delle cavie candidati ad essere vittime sacrificali , sopratutto se non riuscissimo a difendere le nostre poche voci di autonomia che ci restano. Ampliare gradatamente la sovranità?.. certo l’ideale sarebbe trovare l’indipendenza economica!!!! e allora come riorganizzare per esempio le nostre politiche? ““MA LORO NON PARLANO””
La nostra risposta il nostro agire deve essere invece: l’organizzazione si piramidale–dal basso verso l’alto–. Non ci resta che sforzarci e organizzarci in questo modo…riuscire a creare un soggetto autoctono sarebbe il vero antidoto all’ingorda italiota. Sempre che i sinistrati Sardi riescano nell’impresa di recidere da gatto silvestro…sempre e solo concentrato a mangiarsi il canarino.
La nostra inerzia scaturisce dalla nostra cultura:
“Che cos’è la cultura di una Nazione?“ – si chiede Pasolini, e risponde: ”Non è la cultura degli scienziati, dei politici, dei professori, dei letterati, dei cineasti”. “Non è neanche la cultura della classe dominante o di quella dominata, quella popolare di operai e contadini. La cultura di una Nazione è l’insieme di tutte queste culture di classe: è la media di esse” (“scritti corsari”1974).
E’ una affermazione eternamente attuale, che definisce le culture: ciò che conta è la cultura globale di un popolo, la volontà che ognuno di noi esercita in base alle proprie possibilità, di studiare, conoscere e comunicare liberamente, senza rappresentanze imposte.
“L’attuale sistema politico è debole e stantio” – afferma l’autore del pezzo –
Perché evidentemente la media delle culture di classe del popolo sardo, esprimono indipendenza psicologica e culturale, con indice di posizione ancora molto basso. Bisogna dunque sollevare l’ordine di grandezza.
Di risposte noi Sardi ne aspettiamo tante da tantissimo tempo. Quello che non si riesce a capire,è il fatto che tutti restino li a guardare la barca che affonda, mentre la Sinistra sarda con i suoi interessi se ne frega di tutto.La cosa che mi chiedo è che molto probabilmente, di sardo in molte persone non c’è niente altrimenti avrebbero reagito diversamente cioè: da Sardi!