di Paolo Maninchedda
Pochi lo sanno, ma io ho scritto due saggi sull’origine di alcune forme metriche della poesia popolare sarda. Quei due lavori mi costrinsero, tempo fa, a leggere molti testi e soprattutto le trascrizioni e/o le edizioni dei poeti estemporanei. Un campo semantico è quello dell’accoppiamento, con due sub-ambiti legati agli organi sessuali maschile e femminile: minka e cunnu. Fatto è che la cultura popolare, in Sardegna come altrove, ha usato l’accoppiamento come metafora di tante cose: felicità (in primo luogo), abbondanza (chi più ne ha, più ne metta), bramosia (non ce la faccio più), desiderio ecc. ecc., ma anche scaltrezza, inganno, furbizia ecc. Per cui, il sesso, come è giusto che sia, è divenuto spesso un simbolo, un immagine del mondo, un’ideologia e lentamente e suo malgrado è scivolato a occuparsi anche di politica, fino a poterla rappresentare.
Ieri, mentre mi preparavo mentalmente ad intervenire nel convegno promosso dall’Inu a Nuoro, mi martellava la mente un versetto che avevo letto in un lavoro di Lucio Pisano su Austis: kie mori coddande, mori santu. (Si noti per inciso che tutte le immagini sessuali della cultura popolare sarda rifuggono dalla tradizione europea che distingue i fottuti dai fottenti. I sardi hanno un sesso equilibrato e paritetico, dove ognuno fa la sua parte senza subordinarsi o sovraordinarsi all’altro. Ne consegue che non si applica alla Sardegna quella deformazione di Freud che Sartre operò, parlando dei rapporti tra uomo e donna come dell’incontro tra la radice sadica e quella masochista del misterioso intreccio che è ancora la nostra psiche. Noi sardi ci amiamo per piacere paritetico, senza complicazioni). Morire mentre si ama, beatifica. Ma il testo ha anche un altro significato, quello di rappresentare l’occupazione prediletta di chi si disinteressa di tutto per il proprio piacere e quindi eterna, qualora morisse in questo stato, la propria temporanea beatitudine.
La lettura dei giornali di ieri e di oggi ha confermato la mia convinzione che la Sardegna si sta dividendo in due: da una parte chi è consapevole che dobbiamo produrre lavoro e reddito in una fase recessiva, cioè in una fase in cui non produciamo ricchezza e consumiamo risparmio, e l’altra che evita accuratamente questa questione centrale ed enfatizza altri argomenti (oggi la Conservatoria delle Coste, domani qualche altra cosa).
È sempre più chiaro ai primi che si debbono ridurre i costi di gestione della Regione, per liberare risorse per lo sviluppo. È sempre più chiaro ai primi che la burocrazia regionale deve essere semplificata e deve costare di meno, è sempre più chiaro ai primi che il demanio regionale deve trovare forme di efficienza e di politica di tutela e di reddito senza dover necessariamente disporre di una Direzione generale per ogni settore di cui si occupa; è sempre più chiaro ai primi che ai secondi non importa nulla di numeri, di lavoro, di sindacati e disoccupati. Ai secondi importa anzi impedire che la crisi intacchi i ruoli che nel tempo sono stati costruiti intorno a determinati temi.
Da una parte dunque il problema del lavoro, dall’altra il problema del ruolo.
La Giunta è, rispetto alla tutela delle coste, molto intransigente e lo è più di quanto non lo si sia stata nel passato; sui ruoli della burocrazia regionale deve semplificare, perché deve liberare risose per lo sviluppo e per il welfare. Ma, e qui sbagliamo noi in Giunta, non si può interrompere con un ragionamento alla Quintino Sella una beatitudine temporanea, perché altrimenti si inibisce la beatitudine eterna. Ma si può ancora pretendere di morire beati in tempo di crisi?
Comments on “Morire mentre si ama, beatifica”
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Concordo con Paolo che in Sardegna non si fa differenza
tra fottuti e fottenti siamo tutti coddaos. Anche quelli che si illudono di cavarsela gestendosi le loro minuscole roccaforti
a Cagliari o Macomer o Porto Torres. Sappiamo che non basta
proporre bisogna anche gestire. Quando manca il coraggio
di difendere le proprie proposte sfidando burocrazia e altro
non si va avanti. Il problema si risolverà quando non ci
saranno più soldi per nessuno.
Bel parallelo .
Mi hai ricordato , in maniera nitida , il mio insegnate di filosofia al liceo .
Il Professor FERONE entrava in classe con DER SPIEGEL , LIFE , LE FIGARO e PANORAMA sotto il braccio , e ci parlava di un avvenimento , di un problema , riportandoci le considerazioni e le valutazioni dei Tedeschi , dei Francesi , degli Inglesi e di noi Italiani .
Più l’argomento era inusuale per le aule scolastiche , ti parlo degli anni dal 1966 al 1970 , e maggiore era il nostro coinvolgimento .
Ultimata questa carrellata che catturava l’attenzione di noi ragazzi , aiutandoci a maturare ognuno i propri convincimenti , introduceva , in parallelo , la spiegazione dell’argomento del giorno .
Complimenti .
E per ritornare in argomento : IN TEMPI DI CRISI NON SI PUÒ PRETENDERE DI MORIRE BEATI , SI DEVE !
Sempre più spesso ho conferme che , forse anche inconsciamente ed in alcuni casi in buona fede , la macchina della burocrazia impedisce e/o ostacola qualsiasi cambiamento che intacchi i ruoli che sono stati costruiti ; ho vissuto conferme che , in tanti casi , stanno a significare che parliamo di due mondi che si ignorano .
Ti racconto un episodio in tal senso .
Qualche tempo fa , quando la Regione vendette una sua partecipata del settore minerario , ogni mattina il nuovo l’Amministratore riuniva i quadri dell’azienda per una piccola riunione operativa che doveva servire ad introdurre tutti i lavoratori nella nuova operatività del PRIVATO ; la direzione aziendale procedeva alla elencazione degli obbiettivi ed insieme si decideva il come raggiungerli .
Dopo alcuni mesi di questo procedere , il nuovo Amministratore decise che fosse arrivato il momento di lasciare procedere da sole le persone , oramai istruite sulle nuove metodologie , e quindi la frequenza delle riunioni cambiò da quotidiana a settimanale .
Alla prima riunione settimanale , alla domanda dell’Amministratore circa i problemi incontrati , si sentì rispondere :<>
Alla richiesta del perché di tanto scoraggiamento l’Amministratore si sentì proporre un lungo elenco di problemi , più o meno ordinari e prevedibili , e quindi , in maniera laconica , rispose :<>
Cosa ti voglio dire : sono convinto che in certi posti abbiano perso il contatto con la realtà .
Buon lavoro !
Seguo da diverso tempo il suo blog perchè lei è una persona preparata e concreta che ha delle idee per far uscire la Sardegna dalla crisi economica in cui si trova.
nel mio piccolo anche io con un gruppetto di altri sfigati tutti sardi delle zone interne, abbiamo pensato (male) di investire i nostri pochi risparmi in un progetto di minieolico (Villanovatulo) due pale da 200 kw (che sono l’unica cosa esteticamente piacevole in un contesto di pali enel di bassa, media e alta tensione ricoveri per bestiame che sono un trionfo di non finito in eternit e blocchetti e altre oscenità che riempiono le nostre campagne) ora siamo additati come speculatori senza scrupoli mentre in realtà siamo dei poveri illusi che hanno tentato di fare un investimento che fosse davvero a favore dell’ambiente e che non lo nego ci avesse dato anche qualche soddisfazione economica (c’è qualcuno che investe i propri risparmi senza pensare di avere un vantaggio economico?) ora è chiaro che certe cose le possono fare solo Endesa, i Moratti e quella gente, noi a pasciri brebese.
cordiali saluti. Francesco
Avanti contro burocrazia, rendite di posizine. Avanti con norme che consentano a chi a capacita di andare avanti